Saremo anche in quarantena ma alla colomba non rinunceremmo per nulla al mondo. E dunque chi si avventura in questi giorni ai supermercati non può non notare ed essere tentato dall’acquisto del classico dolce pasquale. Un prodotto da ricorrenza che, nonostante le tante variazioni sul tema (cioccolato, mandorle e uvetta, pandorata, al pistacchio di Bronte, all’ananas), rimane ancorato alla tradizionale ricetta base, quella elaborata all’inizio di questo secolo da Angelo Motta, lombardo geniale che modificò la ricetta del pan dolce e, con all’aggiunta di glassa di mandorle e granella zuccherina, diede vita alla Colomba.
NIENTE FRETTA (PER UNA VOLTA)
Il rischio, come molti avranno già sperimentato, è che la fretta nel fare acquisti (dovuta alla giusta esigenza di limitare i tempi della spesa e lasciare il posto agli altri) ci porti a mettere nel carrello la prima colomba che ci capitta a tiro. Pentendosene una volta a casa.
La colomba, al pari di panettone e pandoro, è un prodotto da forno a lievitazione naturale, in pratica un dolce che risente molto più di altri del lungo periodo in cui i lieviti trasformano gli zuccheri disponibili. In parole povere, anche per le grandi multinazionali dotate di complessi laboratori, ottenere delle buone colombe è sempre una scommessa che ogni anno si ripete senza la certezza di conseguire lo stesso risultato dell’anno precedente. Non è un caso, allora, che “Il Salvagente” che per molti anni ha ripetuto ogni Pasqua lo stesso test sulle medesime marche ha molto spesso, ottenuto giudizi differenti.
Ma se volessimo valutare da soli? Qualche strumento c’è. Vediamo quelli che abbiamo raccolto su 7 colombe che abbiamo trovato sugli scaffali dei supermercati in questi giorni. Si tratta di Bauli la Colomba Classica, Paluani Colomba Soffice, Balocco Classica, Tre Marie la Colomba Tradizionale, Motta Originale, Maina la Gran Colomba e Melegatti la Colomba Classica. Per tutte trovate annotate punti di forza e punti deboli e i consigli per chi volesse acquistare allo scaffale il dolce migliore.
SULLO SCAFFALE
Stesso volume, contenuto diverso
Non fatevi ingannare dal packaging. Se a prima vista tutte le colombe sono uguali, non fidatevi e cercate di capire, prima di fare la vostra scelta magari ingolositi da un prezzo in apparenza molto basso, quanto dolce state per mettere nel carello. Potrà capitarvi, infatti, di scoprire che la colomba che sembra più conveniente in realtà pesa solo 750 grammi anche se ne dimostra di più, Dando un’occhiata tra gli scaffali abbiamo costatato che sono diverse le aziende che hanno messo in commercio diversi formati: da chi come Paluani e Balocco prevede tre formati (500, 750 e 1000 g), a chi si limita a due come Maina e Melegatti (750 e 1000 g).
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Lanciate una lunga occhiata al contenuto della scatola, non al suo ingombro e al volume.
Caccia agli ingredienti tipici
Una lettura attenta delle etichette può permettere al consumatore di orientarsi tra pregi e difetti della materia prima utilizzata e, quindi, di avere un’idea di ciò che si troverà di fronte al momento dell’assaggio. Cosa aspettarsi da una colomba “a regola d’arte”? Poche cose, rigorosamente riportate in etichetta: farina, burro, uova e latte (meglio se specificatamente freschi), canditi, mandorle e zucchero.
In tutti i casi troverete i mono e digliceridi degli acidi grassi, emulsionanti di cui nessuno riesce a fare a meno. Purtroppo, verrebbe da dire visto che il loro consumo frequente è stato legato a un ritardo nella crescita.
Pochi ingredienti sono sintomo di una buona ricetta, anche in questo caso.
Aromi e conservanti
In qualche caso, però, oltre alle materie prime essenziali, compaiono elementi estranei alla ricetta tradizionale come l’uva sultanina o oli vegetali, oltre ad aromi e conservanti di cui una buona ricetta potrebbe fare a meno.
Nel nostro giro di supermercati, gli aromi che servono a dare un po’ di sapore in più (quando evidentemente la materia prima non basta) sono ovunque, mentre a ricorrere ai conservanti è solo Paluani che li inserisce nella glassa della sua Colomba Soffice.
Se potete evitate di acquistare colombe che riportino tra gli ingredienti conservanti e aromi, è molto probabile che curino di più la materia prima.
Polveri magiche
Un’altra occhiata, andrebbe riservata ad alcuni facili testimoni di ingredienti di non eccelsa qualità (e di scarso sapore): gli ingredienti in polvere. Che si tratti di latte scremato, tuorli o albume d’uovo non manca chi preferisce questi ai molto più adatti ingredienti freschi. Lo fanno Bauli (tanto per il latte che per l’albume), Melegatti e Tre Marie (siero di latte in polvere), Motta (albume e latte scremato in polvere).
Cercate tra gli ingredienti quelli in polvere e guardateli con la certezza che non avranno lo stesso sapore dei freschi.
Canditi
Per gli amanti i canditi sono un valore aggiunto. Nel nostro fgiro tra gli scaffali abbiamo scelto solo le colombre che li prevedono. Tutte usano quelli della tradizione: scorze di arance candite. Ma non tutti sono ugualmente generosi: si va da chi, come Melegatti arriva al 18% a chi, come Motta, ci costringe ad accontentarci di appena l’11%, un po’ poco.
Solo scorze di arancia e in quantità non inferiore al 15% per una buona colomba
Quale lievito
Non fatevi incantare dalle confezioni, tutti usano lievito madre e conta poco che lo definiscano tale o lievito naturale la sostanza è la stessa.
IMPROVVISATEVI ASSAGGIATORI
Poche regole per capire, una volta a casa, se la colomba che avete servito è un buon acquisto o meno.
L’apparenza. Non sempre l’aspetto inganna. Per il test è fondamentale osservare l’aderenza al pirottino (la carta che protegge la base e parte dei fianchi della colomba): a tale scopo si misurano i centimetri di sviluppo del centro della colomba. Una volta tagliato il dolce, si controlla invece che la crosta non appaia slegata dalla pasta. Altra verifica fondamentale è quella dell’alveolatura, ossia dei buchi che si creano nella pasta per l’azione dei gas sviluppati con la lievitazione. Le imperfezioni, in questo caso, sono segnalate dalla presenza di bolle, grumi o buchi troppo grandi.
Un’occhiata finale, prima dell’assaggio, va data alla glassa che ricopre il dolce. Quella perfetta copre bene, è regolare e senza bruciature, appare liscia con mandorle e granella distribuite in modo omogeneo.
Nel cuore del dolce. Una volta aperta la colomba bisogna pazientare ancora prima di concedersi la degustazione. La prima osservazione riguarda l’odore che si percepisce appena tolto l’involucro in cellophane. Il profumo deve mantenersi nel difficile punto di equilibrio tra sentori intensi ma non pungenti.
Finalmente è il momento dell’assaggio. La prima considerazione è sulla consistenza della pasta, che al palato deve presentarsi soffice, non gommosa, e non deve dare sensazioni di difficoltà nella masticazione e nella deglutizione.
È la volta poi della prova-sapore. Anche in questo caso la colomba deve dare segno di equilibrio. L’ideale è la pulizia del gusto, ossia l’assenza di note anomale e l’emergere di un sapore ricco e rotondo.
Per chi li apprezza, prendiamo in considerazione anche i canditi. I migliori risultano morbidi all’assaggio, non ricordano sapori fermentati o salati e lasciano in bocca un retrogusto piacevole e persistente.