Vino senza alcool: cosa c’è dietro?

VINO DEALCOLATO SENZA ALCOOL

Le evidenze sui danni e le normative sempre più severe del codice della strada stanno accendendo l’attenzione di molte aziende verso il vino dealcolato. Ma come si ottiene un rosso o un bianco con gradazione inferiore a 0,5%?

Si dice che il vino faccia buon sangue, ma l’alcol fa male. Sulla prima possibilità si citano ricerche e studi scientifici, la seconda, invece, è una certezza che non ha bisogno di ulteriori prove. Questo è l’eterno dilemma tra chi esalta le proprietà antiossidanti della bevanda ricca del famoso resveratrolo e chi giustamente fa presente che l’alcol presente almeno per il 10%, per quanto possa essere assunto con moderazione, è pur sempre un composto tossico per l’organismo. Addirittura i comitati salutistici più ortodossi come quelli irlandesi sono riusciti a far varare una legge per la quale dal maggio 2026 nell’isola celtica sulle bottiglie di vino e birra ci sarà l’indicazione “Nuoce alla salute” come per le sigarette. Questa discussa linea assieme al recente inasprimento delle sanzioni amministrative e penali per il superamento dei limiti del tasso alcolemico alla guida ha dato forza e stimolo alle aziende che propongono sul mercato varianti analcoliche di vino.

Dealcolato del tutto o parzialmente, che cos’è

Tutta la filiera produttiva sottostà al Regolamento CE 2117 del 2021 che aggiorna e modifica le precedenti normative del settore vino per disciplinare la produzione e la commercializzazione di prodotti totalmente o parzialmente dealcolati. Per definizione un vino totalmente dealcolato ha una gradazione inferiore allo 0,5% vol., mentre uno parzialmente dealcolato tra lo 0,5 e il 9% vol.
Il processo di dealcolazione non prevede l’utilizzo di additivi e coadiuvanti tecnologici, tant’è che spesso in etichetta l’ingrediente unico è il vino, talvolta arricchito di mosto d’uva. Nello specifico si tratta di un impianto in cui vino e acqua scorrono lungo tubature separate da una membrana osmotica che trasferisce l’alcol del vino all’acqua; il passaggio quindi del soluto (l’alcol) dalla soluzione più concentrata (vino) a quella meno concentrata (l’acqua).
Questo processo che non usa alte temperature preserva il repertorio di molecole del vino, tanto preziose quanto termolabili.

Il problema della conservazione

Uno dei principali problemi nella produzione di vino dealcolato è che è proprio l’alcol il componente responsabile della conservazione del prodotto; grazie all’alcol e alla sua azione battericida si può dire che il vino non scade.
Nel caso dei vini dealcolati è importante partire da una materia prima di alta qualità microbiologica ed eventualmente fare operazioni preliminari come la filtrazione tangenziale che rende il prodotto più limpido.
Tutto questo non basta però, perché il “fermentato analcolico” che si mette in bottiglia contiene zuccheri e altre sostanze che fanno da substrato nutritivo per i microrganismi deterioranti. C’è bisogno pertanto, come avviene per i succhi di frutta e altre bevande analcoliche, di una pastorizzazione; ma come abbiamo detto prima, la temperatura è nemica delle sostanze ad alto valore nutrizionale e a quelle responsabili di aromi e profumi.
Viene quindi spesso in aiuto la chimica con un composto, il dimetilcarbonato, altresì identificato con l’acronimo DMDC o con il codice additivo E242. Siamo quindi di fronte a un conservante e se, come abbiamo detto precedentemente, il processo di dealcolazione non richiedere additivi, quello successivo di imbottigliamento sì, in aggiunta agli immancabili solfiti.

Senza alcol ma con metanolo?

Il DMDC sciolto nel vino dealcolato libera metanolo e anidride carbonica. Proprio così, il metanolo, un alcol e anche di quelli pericolosi per la salute umana. Le quantità che si liberano fortunatamente sono minime e sicure, tant’è che l’Efsa autorizza l’E242; in caso di abuso però il problema potrebbe essere serio, specialmente se il consumatore finale è un’adolescente.
La mancanza di alcol non influisce solo sulla conservabilità del vino, ma anche sul profillo organolettico: la morbidezza, il calore, l’aroma e quella che viene definita “la struttura” del vino. Per ovviare a tali perdite ci vengono in aiuto come sempre gli additivi, tra cui spicca la gomma arabica (E414), che addensa il liquido dandogli corpo e stabilizza nel tempo questa “morbidezza”; inoltre ripristina anche l’astringenza tipica dei vini rossi.
Un’altra operazione preliminare che viene eseguita prima del processo di dealcolazione del vino è l’elettrodialisi, una tecnologia che elimina dal vino i sali dell’acido tartarico che dopo l’imbottigliamento sono responsabili della perdita di freschezza della bevanda.
Spesso tale processo non è sufficiente ed è necessario aggiungere sostanze che inibiscono la cristallizzazione dell’acido tartarico. Tra questi additivi il più diffuso è il poliaspartato di potassio (E456).

Gli altri additivi

Oltre a questi additivi si possono usare gomma di xantano, bentonite, gelatina, diammoniofosfato, solfato di rame… tutti autorizzati e sicuri ma non bisogna trascurare il rischio di abuso di una bevanda che, data l’assenza di alcol, può essere consumata in quantità eccessiva, specialmente dalla platea di consumatori più giovani.
C’è poi l’aspetto psicologico e comportamentale che deriva dall’assunzione di queste bevande che potrebbe avvicinare i giovani al consumo precoce di alcolici quando poi raggiungeranno un periodo della loro vita meno controllato e la maggiore età.

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