Merendine contaminate da idrocarburi Mosh, Moah, Posh. E poi burro, olio extravergine, perfino latte per l’infanzia. Un problema troppo a lungo sottovalutato, sul quale l’Europa tarda a prevedere limiti seri, ostaggio del timore di Big Food di non riuscire a rispettarli.
Per Mosh e Moah si intendono due abbreviazioni che indicano due differenti gruppi di composti chimici presenti negli oli minerali. “Mosh” sta per acronimo inglese di Mineral Oil Saturated Hydrocarbons (idrocarburi di olio minerale saturo). Per Moah si intende il corrispettivo inglese Mineral Oil Aromatic Hydrocarbons (idrocarburi di olio minerale aromatico). In comune hanno l’allerta, per di più silenzioso, che hanno sollevato nell’industria alimentare, per di più impreparata ad affrontarne il contenuto e la possibilie pericolosità sulla salute dei consumatori. Il timore è che, come è successo per altri contaminanti si arrivi a una limitazione che potrebbe sconvolgere i mercati.
Vediamo da vicino queste due sostanze.
I componenti appartenenti al gruppo Mosh sono le paraffine (idrocarburi a catena aperta) e i nafteni (idrocarburi ciclici). Questi provengono direttamente dal petrolio o sono formati attraverso l’idrogenazione di aromatici e altre reazioni durante la raffinazione.
Il gruppo Moah contiene composti con anelli mono o poliaromatici, che possono anche essere altamente alchilati, cioè soggetti alla reazione di alchilazione.
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L’Istituto tedesco federale per la valutazione dei rischi (Bfr) non esclude che il gruppo Moah contenga anche composti cancerogeni. Ma anche i Mosh sono un territorio ancora inesplorato e pericoloso.
Dove si trovano i Mosh e Moah
Il dibattito sull’impiego di questi idrocarburi di oli minerali è fervente soprattutto in Germania. E non solo in passato, ma anche di recente. Buon ultimo, un test tedesco del 2022 ha rilevato la presenza di troppi oli minerali nel burro. Il test (qui per saperne di più) ritiene scadenti o insufficienti 17 panetti su 20 di burro analizzati, per la presenza di questi contaminanti. Gran parte del burro era così fortemente inquinato da olio minerale da non risultare neppure sufficiente secondo il giudizio del mensile dei consumatori OkoTest. Il laboratorio ha trovato idrocarburi di olio minerale saturo Mosh addirittura in 19 prodotti su 20. A mostrare una contaminazione “notevole” sono stati, tra gli altri, i prodotti di Aldi, Lidl, Penny e il Meggle.
Oltre al burro, negli anni, era stata segnalata da ricerche indipendenti la presenza in cioccolate spalmabili, olio extravergine, perfino in latte artificiale per la prima infanzia.
Spesso la fonte di contaminazione è nei materiali di imballaggio utilizzati in cartone riciclato o gli inchiostri da stampa a base di olio minerale utilizzati, che dall’imballaggio passano al cibo.
Nel 2020 in un test di laboratorio commissionato da il Salvagente è emersa la presenza di Mosh nella maggior parte degli snack per bambini. Insomma, Mosh e Moah contaminano silenziosamente gli alimenti e gli spuntini industriali che consumano regolarmente i nostri figli.
Un problema sottovalutato
Dai risultati del test di laboratorio diffusi su il Salvagente sulla presenza di questi gruppi di composti chimici si è aperto un dibattito.
Senza contare che questi due idrocarburi degli oli minerali non dovrebbero essere mai presenti negli alimenti destinati ai bambini. Inoltre, se è vero che da un punto di vista strettamente normativo i prodotti analizzati dal test non possono essere definiti “baby food”, ossia cibi destinati alla prima infanzia, è pur vero che i principali consumatori di questi alimenti sono proprio i bambini.
Dopo aver effettuato il test, alla redazione de il Salvagente non restava che incrociare i rilievi del test di laboratorio con le indicazioni fissate dall’Autorità tedesca di controllo alimentare degli Stati federali secondo i quali la quantità di Mosh non deve superare i 9 mg/kg. Il risultato è che in 20 snack su 29 fatti analizzare in laboratorio questi idrocarburi saturi di oli minerali erano presenti in quantità variabili da 0,50 a 129 milligrammi per chilogrammo di prodotto, in diversi casi ben oltre le indicazioni dell’Autorità tedesca. Si tratta di spuntini di largo consumo anche tra i bambini e gli adolescenti molto reclamizzati e popolari nel mondo.
Le aziende hanno così risposto come intendono cercare di limitare la presenza di idrocarburi nelle merendine. Ma il problema è che a oggi non esiste una regolamentazione europea che ne fissi i limiti massimi negli alimenti.
Come arrivano i Mosh negli alimenti
Il test de Il Salvagente ha provato a fare chiarezza anche sul percorso di questi idrocarburi di oli minerali nella catena della produzione industriale alimentare.
Intanto queste sostanze andrebbero distinte. La sigla Mosh indica gli “idrocarburi saturi di oli minerali”. I Posh, invece, sono sostanze contenute nelle plastiche, impiegate per contenitori o film plastici utilizzati come materiali di confezionamento a contatto con i cibi.
Gli studi sulla pericolosità di queste molecole sono ancora in corso, tuttavia si sa con certezza che i Moah (gli idrocarburi aromatici di oli minerali) sono i composti più pericolosi con un potenziale di cancerogenicità riconosciuto.
Nei 29 snack fatti analizzare da il Salvagente per fortuna non sono state rilevate tracce di Moah.
Invece a preoccupare è la somma di Mosh e Posh, con una presenza rilevata in questi snack che va da 0,50 a 129 mg/kg.
Alcuni paesi lavorano da anni su delle linee guida e proposte di legge nazionali. Ad esempio, l’Agenzia belga per la sicurezza alimentare ha pubblicato una raccomandazione per “soglie d’azione” in cui prevede un limite per classi di prodotto tra 15 e 20 mg/kg per gli alimenti analizzati.
Sicuramente, le indicazioni fornite dalla comunità scientifica prevedono che la presenza e la migrazione di queste sostanze dagli imballaggi agli alimenti sia ridotta al minimo. Mentre dovrebbe essere eliminata l’esposizione per via alimentare ai Moah.
Il problema degli imballaggi
Nell’approfondimento sui Mosh e Moah de il Salvagente, il professor Luciano Piergiovanni di Scienze e tecnologie alimentari dell’Università di Milano, ha tracciato una strada che porta gli oli minerali a contaminare gli alimenti.
“I Mosh – ha spiegato il docente – sono contaminanti ubiquitari e la possibilità di incontrarli in tutta la filiera alimentare è estremamente alta”. Alcuni alimenti rendono più semplice la migrazione degli idrocarburi di oli minerali dalla confezione: prodotti come farina, semola, riso, o pane grattugiato, per le loro piccole dimensioni, hanno un’elevata superficie specifica che può assorbire i Mosh; gli alimenti ricchi di grassi, come burro, margarine, cereali per la colazione, cioccolato tendono a sciogliere e a concentrare gli idrocarburi migrati. Ma non bisogna sottovalutare anche il ruolo che i vari passaggi della filiera giocano nella contaminazione.
Il professore ha evidenziato che i Mosh sono presenti anche in natura e come tali vengono assorbiti dalle piante e per questa via possono entrare.
Il pericolo anche da inchiostri e carta riciclata
Altre potenziali fonti di contaminazione degli alimenti sono rappresentate dai lubrificanti e dai gas di scarico delle macchine per la raccolta e la produzione degli alimenti, oppure dagli oli minerali usati come coadiuvanti tecnologici (come ad esempio lubrificanti e agenti di distacco durante i processi di cottura e di confezionamento).
E poi c’è la carta riciclata, in parte utilizzata per la produzione del cartone: questa comprende anche giornali stampati e la maggior parte degli inchiostri per la stampa che contengono oli minerali. Fino ad ora, non è stato possibile rimuovere adeguatamente questi inchiostri durante il processo di riciclaggio, con il risultato che possono restare negli imballaggi alimentari realizzati con materiale riciclato.
Tra l’altro, gli imballaggi contengono diverse altre sostanze nocive.
Cosa accade in Italia
La Commissione europea ha ammesso che ci sono enormi difficoltà nel definire metodiche analitiche sufficientemente standardizzate e in grado di fornire risultati affidabili sulla presenza e la tossicità di queste molecole.
Tuttavia, con una raccomandazione numero 84 del 2017, l’Unione europea ha dato mandato agli Stati membri di svolgere un’attività di monitoraggio su Mosh e Moah a cui ha aderito anche l’Italia. Il nostro paese ha adottato un piano di sorveglianza gestito direttamente dal ministero della Salute con il supporto dell’Istituto superiore di sanità.
Sotto la lente del piano ci sono alimenti contenenti grassi animali, pane e panini, prodotti da forno fini, cereali da colazione, cibi di confetteria (compreso il cioccolato) e cacao, pesce, prodotti a base di pesce (pesce inscatolato), cereali destinati al consumo umano, gelati e dolci, semi oleosi, pasta, prodotti derivati dai cereali, legumi secchi, insaccati, frutta a guscio, oli vegetali, nonché i materiali a contatto con gli alimenti.
A che punto è l’Unione europea
La Francia ha preso molto sul serio l’allarme lanciato da Foodwatch investendo su analisi indipendenti che hanno confermato i dati preoccupanti.
Nell’aprile del 2022 la Direzione Generale Salute della Commissione europea ha approvato un documento sui Mosh e Moah (qui il documento) basato sul report di Foodwatch.
Bruxelles ha reso noti quali potrebbero essere i potenziali limiti di Mosh e Moah negli alimenti, lasciando intendere che si stia lavorando a un prossimo regolamento comunitario, piuttosto atteso, e a questo punto urgente.
Foodwatch ha annunciato una apertura da parte dell’Unione europea che avrebbe accettato così di limitare gli oli minerali in tutti i prodotti alimentari. “Si tratta di un passo cruciale per la sicurezza alimentare, ma non sufficiente” – ha commentato l’organizzazione, che caldeggia per “un regolamento vincolante” affinché garantisca “l’assenza di Moah rilevabile in nessun alimento nell’Unione europea”.
In quella riunione di aprile, Matthias Wolfschmidt, direttore Strategia Internazionale Foodwatch ha ricordato “la diffusa presenza di oli minerali nocivi negli alimenti che è nota da anni. Ancora i colossi alimentari Danone, Nestlé e Unilever hanno minimizzato il tema della contaminazione degli alimenti con oli minerali ai danni della salute pubblica di milioni di cittadini europei. Infine, gli esperti sono convinti che occorrano limiti massimi per tutti i prodotti alimentari”.
I limiti europei
Dunque, per anni, l’Unione europea ha sottovalutato il problema non prevedendo alcun limite per nessuno dei due tipi di oli minerali.
Il documento dell’aprile 2022 ha tracciato comunque un solco. Da martedì 17 maggio 2022 tutti i prodotti alimentari in Europa devono rispettare i nuovi limiti per i Moah, ma non c’è ancora nessun limite per i Mosh, e si attende un regolamento comunitario. Gli alimenti non conformi rischiano di essere ritirati dal mercato, ma rimane un grosso interrogativo sul rigore con cui gli Stati membri applicano la norma della Commissione che non è direttamente vincolante se non per l’onere di garantire il rispetto dei limiti all’interno del loro territorio.
Valori limite Ue:
- per gli alimenti secchi con un basso contenuto di grassi/olio pari o inferiore al 4%, sono consentiti 0,5 mg/kg di Moah;
- per gli alimenti con un contenuto di grassi/olio superiore al 4%, 1 mg/kg di Moah;
- per grassi e oli si sale a 2 mg/kg di Moah .
I livelli di contaminazione non sono ancora sufficienti per proteggere completamente i cittadini europei. La valutazione del rischio dell’Efsa – commentano le associazioni comunitarie di tutela dei consumatori – dovrebbe fare un passo avanti rispetto alla dichiarazione: non ammettere Moah rilevabili in nessun alimento nell’Unione europea. Con contaminanti cancerogeni anche una piccola quantità è eccessiva, motivano la loro intransigenza, spiegando che oggi esiste una tecnologia per rilevare bassi livelli di Moahe deve essere utilizzata per pulire il mercato.