Più gusto, meno salute: come sono cambiati negli anni i cereali per la prima colazione

CEREALI PRIMA COLAZIONE

I nuovi cereali per bambini sono meno sani: più zuccheri, grassi e additivi. Una ricerca americana denuncia il peggioramento nutrizionale dei prodotti lanciati dal 2010 in poi: “Favorito il gusto a scapito della salute”

Colazione con i cereali? È la scelta più diffusa tra i bambini statunitensi e non solo, ma anche una delle più ingannevoli. A dimostrarlo è un nuovo studio condotto dalle università del Kentucky e della Louisiana e pubblicato sulla rivista JAMA Network Open, che ha passato al setaccio oltre 1.200 cereali per bambini introdotti sul mercato statunitense tra il 2010 e il 2023.

Il verdetto è netto: nei nuovi prodotti sono aumentati sensibilmente zuccheri, grassi e sale, mentre sono calati proteine e fibre. Una deriva che solleva gravi preoccupazioni sanitarie, soprattutto in un paese dove già oggi il 67% della dieta dei minori è costituita da alimenti ultraprocessati (UPF).

Più marketing, meno nutrizione

Secondo i ricercatori, tra il 2010 e il 2023 il contenuto medio di grassi nei cereali per bambini è cresciuto del 34%, quello di sodio del 32% e quello di zuccheri dell’11%. In parallelo, sono diminuiti i valori nutrizionali più importanti: meno fibre e meno proteine.

“Queste tendenze – spiegano gli autori – indicano una priorità data al gusto e all’attrattività commerciale, piuttosto che alla qualità nutrizionale del prodotto”. La strategia è evidente: colori sgargianti e mascotte disegnate sui pacchi per attirare i più piccoli. E il risultato è che, ancora oggi, i cereali rappresentano la colazione più diffusa tra i minori e non solo quelli statunitensi.

Il pericolo degli alimenti ultraprocessati

Molti dei cereali analizzati rientrano nella categoria degli alimenti ultraprocessati, ossia prodotti industriali arricchiti con additivi, dolcificanti, coloranti artificiali ed emulsionanti. Questi alimenti non solo sono poveri di nutrienti, ma spesso sono progettati per stimolare l’eccesso di consumo, “ingannando” il cervello con sapori intensi e texture studiate ad hoc.

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Numerosi studi hanno già collegato gli alimenti ultraprocessati a patologie gravi come obesità, diabete di tipo 2, malattie cardiovascolari e alcuni tipi di cancro. Eppure, negli Stati Uniti rappresentano oggi oltre il 70% dell’offerta alimentare complessiva.

La lentezza della risposta politica

A fronte di questa deriva, il governo federale americano è rimasto inerte. Il 99% delle nuove sostanze chimiche introdotte negli alimenti dal 2000 a oggi è stato approvato da gruppi industriali, senza il vaglio della Food and Drug Administration (FDA).

L’unico tentativo federale recente – la commissione “Make America Healthy Again” voluta dall’amministrazione Trump – si è rivelato un fallimento. Il rapporto conclusivo è stato travolto dalle polemiche per aver citato studi inesistenti e interpretato in modo errato dati reali, mettendo in discussione la serietà scientifica del lavoro.

La California in prima linea

A muoversi sono invece alcuni stati. La California ha approvato due leggi pionieristiche: il California Food Safety Act (2023) e il California School Food Safety Act (2024), per regolamentare l’uso degli additivi negli alimenti destinati ai bambini. È in discussione anche una proposta di legge per definire legalmente gli ultraprocessati e bandirne gradualmente i più pericolosi dalle mense scolastiche.

In tutto il paese, oltre 60 proposte legislative puntano a vietare o limitare determinati additivi – compresi i coloranti artificiali – e 10 sono già diventate legge solo nell’ultimo anno.

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