Il 55% dei pesticidi autorizzati dalla Ue è pericoloso per la salute

PESTICIDI SALUTE

Per la prima volta uno studio ha confrontato i profili di rischio di 256 pesticidi impiegati in agricoltura convenzionale e quelli delle 134 sostanze attive consentite nel bio. La chimica di sintesi è nettamente più nociva per l’uomo e l’ambiente

Che la stragrande maggioranza dei pesticidi di sintesi facciano male alla salute umana e all’ambiente è cosa nota e testimoniata da tanti studi (e inchieste giornalistiche tra le quali quelle condotte dal Salvagente sul glifosato e non solo). Tuttavia lo studio pubblicato sulla piattoforma accademico-scientifica MdpiToxicological Comparison of Pesticide Active Substances Approved for Conventional vs. Organic Agriculture in Europe. Letteralmente: Confronto tossicologico delle sostanze attive dei pesticidi approvate per l’agricoltura convenzionale e biologica in Europa – ha il vanto di aver per la prima volta messo a confronto i profili di rischio delle sostanze di sintesi (256 in tutto) e dei trattamenti bio (complessivamente 134) autorizzati in Europa e ci offre la conferma in quale direzione (la stessa tracciata almeno sulla carta dal Farm to Fork della Commissione Ue) deve andare l’agricoltura del futuro.

Pesticidi di sintesi vs trattamenti bio: non c’è partita

Partiamo dai risultati ottenuti dagli autori (due attivisti della Ong Friends of the Earth Austria e il professor Johann G. Zaller dell’Università di Vienna): “La nostra valutazione – scrivono – ha dimostrato che il 55% (140 principi attivi) delle sostanze attive autorizzate per l’agricoltura convenzionale attualmente approvate nell’Ue riporta indicazioni di pericolo per la salute o l’ambiente, mentre solo il 3% (4 sostanze attive) autorizziate nell’agricoltura biologica ha effetti dannosi per uomo e ambiente. Il 16% delle sostanze per il convenzionale riportano in etichetta dichiarazioni di pericolo che avvertivano di danni al nascituro, cancro o effetti letali per inalazione, assunzione orale o cutanea, mentre nessuno trattamento per il bio è associato a queste classi di pericolo. Inoltre, la definizione di valori guida basati sulla salute per l’esposizione alimentare (ADI, ARfD) o l’esposizione professionale (AOEL) è stata considerata rilevante dall’Efsa per il 93% di sostanze attive convenzionali (238), ma solo per il 6,7% (9) di quelle impiegate nell’agricoltura organica“.

Pesticidi più potenti, con meno trattamenti ma effetti prolungati

La domanda a questo punto sorge spontanea:perché le sostanze attive di sintesi sono così tossiche per l’uomo? Nello studio troviamo una risposta articolata: “Una spiegazione di questa significativa differenza di tossicità risiede nella natura e nell’origine degli antiparassitari di sintesi. I pesticidi sintetici sono selezionati nei programmi di screening di laboratorio per identificare le sostanze con una tossicità particolarmente elevata per gli organismi bersaglio. Ad esempio, la tossicità degli insetticidi sintetici approvati negli Stati Uniti è approssimativamente raddoppiata in 10 anni, sebbene i tassi di applicazione siano stati dimezzati. Allo stesso modo, la tossicità degli erbicidi applicati in Austria alle api mellifere, ai lombrichi o agli uccelli è aumentata di oltre il 400%, mentre il loro uso, misurato in kg di sostante attive, è diminuito del 24%”. Insomma pesticidi più potenti in grado di garantire un effetto più prolungato.

Dall’altra parte invece, “la maggior parte delle sostanze attive per il bio presentava un rischio molto più basso, semplicemente perché sono approvati come sostanze attive a basso rischio (ad esempio, fosfato di ferro, lievito in polvere, estratti di lievito o microrganismi), come sostanze di base (ad esempio, olio di cipolla, soda da bucato, aceto o latte) o come microrganismi” che non hanno effetto sulla salute umana e sull’ambiente circostante. Inoltre le sostanze autorizzate dall’Europa per il bio “hanno generalmente una modalità di azione multi-sito o agiscono in altri modi allontanando i parassiti o migliorando le difese della pianta, che è il motivo principale per cui lo sviluppo della resistenza è raramente osservato  al contrario delle sostanze chimiche di sintesi”.

I pesticidi di sintesi mirano al bersaglio, spesso creano resistenza nella pianta e hanno effetti sull’ambiente. Come agiscono invece i trattamenti bio e con quale efficacia? Leggiamo sempre dallo studio: “Il rame o lo zolfo influenzano simultaneamente i processi cellulari nei funghi a diversi livelli. Altri OrgAS, come l’aceto o il sapone, agiscono in modo fisico-chimico danneggiando la membrana cellulare. Il bicarbonato di sodio (carbonato acido di potassio) o la calce spenta (idrossido di calcio) alterano il pH e disidratano l’organismo bersaglio, mentre gli oli vegetali formano una barriera fisica tra la pianta e gli insetti nocivi. Sostanze come l’estratto di aglio o la sabbia di quarzo agiscono come repellenti attraverso l’odore o il gusto”.

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Da notare, come puntualizzano gli autori, che la valutazione delle sostanze attive per il convenzionale si sono basate solo sulla molecola mentre “l’inclusione di coformulanti molto probabilmente comporterebbe un potenziale di pericolo ancora maggiore”.

“Puntuare sull’agricoltura biologica”

Nelle conclusioni gli autori non hanno dubbi sulla direzione che l’agricoltura europea dovrebbe imboccare in modo ancora più netto: “La nostra valutazione mostra che i pesticidi, approvati per l’uso nell’agricoltura convenzionale e integrata, sono chiaramente più pericolosi per l’uomo e l’ambiente rispetto alle sostanze attive presenti in natura approvati nell’agricoltura biologica. Le affermazioni dell’industria dei pesticidi, secondo cui l’espansione dell’agricoltura biologica prevista nella strategia europea Farm to Fork potrebbe portare a compromessi ecologici a causa di un aumento dell’uso di pesticidi naturali, non sono chiaramente supportate dai risultati della nostra analisi. Pertanto, incoraggiamo qualsiasi strategia politica che miri a ridurre l’uso e il rischio dei pesticidi chimici, aumentando al contempo la superficie dell’agricoltura biologica. Ciò contribuirà a ridurre i rischi per la salute umana, l’ambiente e la biodiversità, preservando così i servizi ecosistemici essenziali per mantenere la sicurezza alimentare“.