Dal 1° aprile scompare l’indicazione di origine sulla pasta (e non solo)

L’indicazione obbligatoria di origine in etichetta potrebbe avere i giorni contati. Fino al 31 marzo sarà obbligatorio indicare sulle confezioni di “pasta, riso, latte e prodotti derivati dal pomodoro come prodotto e come ingrediente contenuto in altri alimenti” la provenienza della materia prima come previsto dai cosiddetti decreti Origine varati dall’allora ministro delle Politiche agricole duranti i governi Renzi e Gentiloni. Si trattava di misure “sperimentali” previste dal Regolamento 1169 del 2011 che concede agli Stati membri la possibilità, qualora ci sia un interesse espresso dai consumatori, di ampliare le informazioni in etichetta. L’applicazione dei decreti – che in alcuni casi innescarono un braccio di ferro con Bruxelles risoltosi con una forzatura da parte dell’Italia – è però, salvo sorprese, garantita fino a fine marzo.

Il nuovo Regolamento sull’ingrediente primario

Dal 1° aprile si cambia o si dovrebbe, il condizionale è d’obbligo visto che il governo italiano sta cercando di correre ai ripari. In assenza di novità – a quanto risulta al Salvagente le aziende in primis quelle della pasta hanno già pronte nuove confezioni – il 1° aprile entrare in vigore la nuova etichettatura di origine comunitaria che però non si applicherà sempre (come avviene ad esempio oggi su ogni pacco di pasta) ma solo quando la provenienza può trarre in inganno il consumatore.

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Cosa prevede la normativa comunitaria? Il regolamento esecutivo (che richiama l’attuazione dell’articolo 26 del Regolamento 1169/11)  prevede che i produttori saranno obbligati a fornire in etichetta le informazioni sull’origine, solo quando il luogo di provenienza dell’alimento è indicato – o anche semplicemente evocato – in etichetta e non è lo stesso di quello del suo ingrediente primario. Per ingrediente primario, come spiega la normativa europea (consulta qui la guida esplicativa della nuova etichettatura), si intende “l’ingrediente o gli ingredienti di un alimento che rappresentano più del 50% di tale alimento o che sono associati abitualmente alla denominazione di tale alimento dal consumatore e per i quali nella maggior parte dei casi è richiesta un’indicazione quantitativa”.

Quando sarà obbligatorio indicare l’origine del grano?

Ma con le nuove norme quando sarà obbligatorio indicare l’origine del grano della pasta? Facciamo un esempio: se un pacco di pasta lavorata in Italia riporta il tricolore dovrà indicare se l’origine del grano è estera, se cioè “l’ingrediente primario”  proviene da altro paese. Così come un salume dovrà specificare che la carne suina proviene dalla Germania o dalla Polonia qualora sulla confezione faccia riferimento con “segni, simboli” all’italianità del prodotto. Di sicuro un passo indietro per le normative italiane su pasta, riso, latte e prodotti del pomodoro: oggi ad esempio su un pacco di spaghetti è sempre obbligatorio inserire l’indicazione della provenienza del grano, a prescindere se sul campo visuale principale dell’etichetta venga o meno indicato o evocato un paese.

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La Francia chiede una proroga per i suoi decreti Origine

La Francia nel frattempo ha chiesto alla Commissione europea una proroga dei propri decreti sull’indicazione d’origine obbligatoria per il latte, il latte utilizzato nei formaggi e la carne utilizzata come ingrediente in altre preparazioni alimentari, in attesa che la Commissione definisca con maggiore chiarezza il capitolo etichettatura della strategia ‘Farm to Fork‘ (‘dal campo alla tavola’) inserita dentro al Green new deal annunciato dal nuovo “governo” di Bruxelles

L’origine non è qualità ma un’informazione in più

L’indicazione di origine, lo abbiamo sempre sostenuto e ripetuto, non è di per se’ una garanzia di qualità del prodotto: tante volte le analisi di laboratorio del Salvagente sui diversi alimenti hanno segnalato criticità nello stesso – e a volte decantato oltre misura – made in Italy. Tuttavia fornire in etichetta un’informazione aggiuntiva sulla provenienza della materia prima non è solo auspicabile ma, come insegna l’esperienza dell’indicazione dell’origine del grano sui pacchi di pasta, aiuta il mercato a fare pulizia come è successo ai pastai che nel 2018, sulla spinta dei consumatori, hanno smesso di acquistare grano dal Canada dove l’uso del glifosato è autorizzato anche prima del raccolto.
Le nuove norme sull’ingrediente primario non si applicheranno ai prodotti biologici, Dop, Igp e Stg, né a quelli a marchio registrato che, “a parole o con segnali grafici”, indicano di per sé la provenienza del prodotto. In questo modo, però, potrebbero avere mani libere anche le aziende che praticano l’Italian Sounding, chi allude cioè nel marchio in modo ingannevole all’italianità del prodotto.

Un quadro preoccupante. Di certo in futuro potrebbe essere molto più complicato anche per l’Antitrust multare chi, come Lidl, ingannava sull’origine della pasta.