Nonostante le proteste delle associazioni ambientaliste e dei rappresentanti del comparto agricolo, il Jefta, il trattato di libero commercio tra Unione europea e Giappone, è stato firmato. L’accordo non è da sottovalutare, visto che il paese del Sol levante è la terza economia del mondo al di fuori dell’Ue in termini di PIL e il presidente della Commissione Europea Juncker sostiene che l’accordo “determinerà la creazione di un’enorme zona economica con una popolazione di 600 milioni di persone e un PIL pari al 30 per
cento circa del PIL mondiale”.
Ogm e Made in Italy, in arrivo problemi
Eppure, sono molti i punti contestati, a causa di un impianto che ricorda molto il Ttip (il trattato Ue-Usa, arenatosi) e il Ceta (il trattato con il Canada firmato da Bruxelles). Secondo Monica Di Sisto, portavoce della campagna Stop Ttip Italia, “Le Parti contraenti ottengono gran parte dei benefici economici proprio grazie alla selezione al ribasso di modi di produzione, distribuzione e consumo più compatibili con gli scambi e più economici per i produttori e gli esportatori, costi quel che costi, senza vincoli di qualità e di verifica”. A livello mondiale, per esempio, il Giappone è il paese con la maggior parte delle colture Ogm approvate sia per alimenti che per mangimi animali, e quindi, secondo Di Sisto “il rischio di un aumento delle contaminazioni, in presenza di un trattato che abbatte il numero di controlli alle frontiere d’arrivo, è innegabile”. In effetti, mentre in Europa la soglia per la presenza accidentale di materiale geneticamente modificato negli alimenti i prodotti è fissata allo 0,9 per cento, mentre i regolamenti giapponesi è prevista una soglia prevista del 5%, che rappresenta uno dei limiti più alti del mondo per l’etichettatura Ogm in caso di contaminazione involontaria. Non c’è da stare tranquilli, considerando che l’accordo prevede controlli meno stringenti alle frontiere.
Ok al parmesan giapponese
Stefano Masini, responsabile Ambiente e territorio Coldiretti, durante l’incontro organizzato dall’intergruppo parlamentare No Ceta e dalla Campagna Stop Ttip, ha posto l’accento sui pericoli per il Made in Italy certificato, come i prodotti Dop e Igp: “Negli accordi con il Giappone tra i prodotti tutelati non c’è nessun olio italiano. Del parmigiano reggiano è presente l’indicazione nella lista, ma si riconosce al Giappone di utilizzare il termine “parmesan”. Nessuno dei prodotti d’eccellenza che si riducono a soli 19 proviene dal Meridione, ad eccezione della “mozzarella di bufala campana”, che verrà tutelata solo con questa dicitura completa. Si stabilisce poi di usare con massima moderazione le sovvenzioni in agricoltura, proprio quando al contrario c’è necessità di avere più contributi dalla PAC. Inoltre, in certi casi ad insindacabile giudizio del Giappone possono essere ripristinare le clausole di salvaguardia, regola non bilaterale. E come se non bastasse, – aggiunge Masini — si perde la tracciabilità dei prodotti alimentari che vengono etichettate col luogo di ultima trasformazione”.
Vino a 1 grado alcolico e con nuovi additivi? si potrà
Nel campo del vino, solo 28 dei prodotti d’eccellenza italiani, sui 523 riconosciuti da noi, verranno accettati all’interno del Jefta, e – spiega Masini – “Saranno ammesse addizioni come il glucosio, fruttosio, e zuccheri, oltre a poter chiamare vino anche un prodotto con una gradazione alcoolica di 1 grado. In sostanza si produrrà vino anche con pratiche non ammesse oggi”. E in caso di contenzioni sull’applicazione del trattato, la palla non passerà ai normali tribunali, ma toccherà a comitati bilaterali districare le questioni, con buona pace della Costituzione italiana.
Il fronte si sposta sul Ceta
Andato in porto lo Jefta, adesso gli sforzi si concentrano sul Ceta, che è entrato in vigore, ma per cui i singoli parlamenti nazionali hanno la facoltà di esprimere un voto per ratificare o rigettare l’accordo (cosa non prevista col trattato euro-giapponese). Elena Fattori, senatrice M5s, si è detta “Soddisfatta della posizione durissima del ministro Di Maio contro il Ceta”, e ha giustificato il via libera al Jefta così: “I nostri in Europa hanno ritenuto che i pro fossero più dei contro. Per il futuro, però, chiedo che si interpellino i rappresentanti di categoria” e si è impegnata a fare la sua parte in modo che “Il Ceta non rimanga dentro un cassetto ma venga cancellato del tutto. Mentre Stefano Fassina, deputato di Leu ha parlato di una “Controffensiva della liberalizzazione dei mercati” e di una “sfida difficilissima”, Federica Ferrario, responsabile Campagna Ogm di Greenpeace, ha posto l’allarme sul rischi di un “Abbassamento degli standard di sicurezza ambientale, dei lavoratori e della produzione” per il profitto di “un numero ristretto di soggetti”, citando come possibile ricaduta la presenza di residui più alti di pesticidi nel cibo, come il glifosato, molto utilizzato in Canada per il grano.
“I parlamentari siano coerenti con le promesse elettorali”
“Se la cooperazione regolatoria – aggiunge Ferrario – invece di puntare sugli standard migliori va al ribasso allora abbiamo un problema. In questi accordi, al contrario il principio di precauzione viene seppellito completamente”. Per questo, i promotori della Campagna – tra cui Flai Cgil, Terra!, Movimento Consumatori, Slow Food – chiedono coerenza ai parlamentari (due terzi a detta degli stessi) che in campagna elettorale si erano impegnati a contrastare il Ceta, aprendo la discussione in Aula e votando no alla ratifica del trattato.