“Il glifosato? Sapevamo tutti dove cercarlo”

“La ricerca del glifosato non può essere delegata alla sola iniziativa di privati; è tempo che a fare queste analisi siano enti terzi, laboratori pubblici, così come è accaduto in Germania quando è stato cercato e trovato glifosato nella birra. La politica deve spingere perché si faccia”.

Francesco Ferrotti, agricoltore siciliano, produttore di grano duro e autore del blog durodisicilia, non ha dubbi: “Abbiamo accolto con entusiasmo la notizia data dal ministro Maurizio Martina a Il Test-Salvagente – a cui ha assicurato che il 2020 sarà ‘glifosato free’ – ma non può bastare: se si decide che in Italia questo erbicida non dovrà essere più utilizzato, bisognerà anche impedire che entri nel nostro paese attraverso il grano che importiamo da Usa e Canada”. Laddove, cioè, si pratica la discutibile tecnica del pre-harvest: si irrora il grano già cresciuto per farlo seccare e trebbiare più velocemente, scongiurando il pericolo che l’inizio della stagione fredda pregiudichi il raccolto. In questo modo, il seme assorbe la sostanza in dose superiore a quanto accade quando il glifosato viene utilizzato come diserbante.

LA RICETTA SEGRETA

Ferrotti, da agronomo e agricoltore, ha iniziato a informarsi e a preoccuparsi di cosa fosse effettivamente il glifosato dopo che un amico, sei anni fa, gli raccontò la sua esperienza di operaio trebbiatore in America. “Mi disse che gli aerei passavano a spruzzare glifosato per poter raccogliere prima il grano; era la tecnica del pre-harvest che da noi non è nota: ‘la ricetta segreta’ (denominazione che è diventata titolo di un post del blog di Ferrotti) degli americani per fare grano ‘di qualità’”. Ferrotti ammette: “Non so se irrorassero davvero con gli aerei (in Argentina si fa di certo) ma comunque la tecnica oggi è nota”.

Nel 2012, poi, – prosegue l’agricoltore siciliano – il ministero della Salute ha autorizzato l’utilizzo in Italia del Roundup, il prodotto commercializzato dalla Monsanto che è quello sul mercato “che contiene la più alta concentrazione di glifosato”.

LA SCINTILLA PUGLIESE

Alcuni mesi fa accade un evento che colpisce i produttori di grano duro, non solo siciliani, che frequentano il blog di Ferrotti: “La Coldiretti Puglia – a sostegno dei produttori italiani di grano – propone che venga analizzato quello che viene abitualmente scaricato dalle navi cargo in arrivo da Stati Uniti e Canada, per controllare la presenza di contaminanti; ma i risultati – stranamente – smentiscono le previsioni e i mugnai cantano vittoria”. Ai produttori italiani qualcosa non torna: “Che ci venisse propinato che la qualità sia elevata può anche andare, ma che addirittura quel grano riusultasse perfetto ci pareva strano…”.

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Il punto è presto spiegato: le analisi cosiddette “multiresiduali” escludono dalla ricerca il glifosato. Appurato questo parte un crowdfunding sul blog di Ferrotti e i produttori decidono di raccogliere fondi per finanziare una ricerca ad hoc. “Siamo entrati in contatto così con Il Test-Salvagente che già aveva trattato, prima dell’ultima inchiesta, il tema spinoso del glifosato”, riferisce il produttore.

E le analisi hanno mostrato i risultati che i produttori si aspettavano: “Le farine Manitoba in arrivo da Usa e Canada presentano tracce di glifosato, ad esempio, così come alcuni marchi di pasta che utilizzano grano straniero. La cosa certa è che la pasta fatta con solo materie prime italiane non presenta invece alcuna traccia”, scandisce Ferrotti.

TUTELARE CONSUMATORI E PRODUTTORI ITALIANI

Questo è il dato importante ed è questo il reale made in Italy a cui ci si dovrebbe riferire quando si parla della pasta italiana, secondo Ferrotti che non vorrebbe fosse confusa con quella che utilizza grano in arrivo da oltre oceano. “Questo riconoscimento va fatto perché, nel momento in cui l’Italia dovesse vietare davvero da qui al 2020 l’uso del glifosato in agricoltura, bisognerebbe che vietasse anche la produzione di alimenti le cui materie prima potrebbero averne traccia”, spiega il produttore. Che aggiunge: “Lo si dovrebbe fare per due motivi: il primo quello di tutelare la salute dei cittadini, il secondo quello di ‘proteggere’ i produttori nazionali che risentirebbero troppo della concorrenza di materie prime meno care come quelle in arrivo da dove il glifosato continuerebbe ad essere utilizzato”.

Ferrotti esprime anche soddisfazione per l’ammissione di Aidepi (Associazione delle industrie del dolce e della pasta italiane): “Quando riconosce l’importanza di basarsi sul principio di precauzione per tutelare la salute dei cittadini e mettere in campo strategie che pian piano escludano materie prime che presentano glifosato, attua una scelta che deve essere ribadita e valorizzata”.