Solo la metà dei prodotti alimentari venduti nel nostro paese non presenta tracce di pesticidi mentre cresce il numero di frutta e verdura (quasi il 30%) che contengono più di un residuo di fitofarmaci, che espongono il consumatore a un potenziale effetto cocktail – le conseguenze sulla salute umana di dosi basse di più principi attivi presenti nell’alimento – ancora non regolamentato dalla Ue. L’Italia del resto non fa meglio per ridurre la chimica nel piatto: scaduto da più di un anno, il Pan, il Piano d’azione nazionale, che dovrebbe garantire un uso sostenibile dei prodotti fitosanitari in un’ottica di controlli e di progressiva limitazione, non è ancora stato predisposto dal nostro paese.
Pericolo multiresiduo
Numeri e contraddizioni fotografati dal Legambiente nel dossier Stop pesticidi 2020 appena pubblicato. Il rapporto si basa sui dati dei controlli pubblici condotti nel 2019, presso i laboratori pubblici italiani accreditati per il controllo ufficiale dei residui di prodotti fitosanitari negli alimenti che hanno inviato i risultati di 5.835 campioni analizzati di alimenti di origine vegetale, includendo anche i prodotti derivati da apicoltura, anche se non appartenenti propriamente alla categoria, di provenienza italiana ed estera. Numeri alla mano: i campioni irregolari (dove la presenza anche di un solo pesticida supera il limite di legge) sono pari al 1,2% del totale dei campioni, il 52% risultano regolari e senza residuo mentre gli alimenti regolari con uno o più di un residuo sono il 46,8% del totale.
Possiamo rallegrarci che la metà dei campioni analizzati è risultato “pesticide-free”? Angelo Gentili, responsabile Agricoltura dell’associazione, è uno dei curatori del rapporto: “È un fatto sicuramente importante ma è solo una faccia della medaglia: sul 30% dei campioni è stato rilevato una multiresidualità che, insieme ai prodotti con un solo pesticida, sale al 46,8%. Seppure negli ultimi anni si è registrata in Italia una riduzione dell’uso dei pesticidi, siamo ora in una situazione stazionara tendente al peggioramento. Per questo chiediamo che l’Italia, come ha fatto la Germania, si pronunci quanto prima per il no a qualsiasi nuova ri-autorizzazione del glifosato nel 2022″.
“Serve un limite di legge contro l’effetto cocktail”
Il multiresiduo porta con sé il rischio dell’effetto cocktail, la possibilità cioè che più molecole che singolarmente sono al di sotto dei limiti di legge ma che interagendo insieme nell’organismo umano, possano produrre effetti additivi e/o sinergici. Sull’effetto cocktail però, nonostante alcuni studi scientifici provino il “risultato sommatoria” nell’organismo umano, l’Efsa quest’anno ha pubblicato due studi che negano l’azione sinergica della co-presenza di principi attivi. “Non bastano le rassicurazioni dell’Efsa – rilancia al Salvagente Gentili – perché il pericolo per i consumatori e per l’ambiente è concreto. Per questo serve un limite di legge per limitare il multiresiduo: come possiamo considerare sicuri per la salute umana un frutto che ha fino a 10 residui di principi attivi diversi?”.
Da un anno manca il nuovo piano italiano di riduzione dei pesticidi
Leggendo il rapporto di Legambiente diventa ancora più paradossale il ritardo dell’Italia nel dotarsi di un nuovo Pan, il Piano d’azione nazionale, che dovrebbe garantire un uso sostenibile dei prodotti fitosanitari in un’ottica di controlli e di progressiva limitazione, visto che il vecchio è scaduto nel 2019. “Chiediamo al governo – aggiunge Gentili – di intervenire quanto prima e sanare questo ritardo che penalizza l’ambiente e i consumatori”.
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Di cosa stiamo parlando? La direttiva europea 128/20096, spiega il dossier di Legambiente, ha delineato un primo quadro comunitario, richiedendo agli Stati membri l’adozione di Piani di Azione Nazionale per l’uso sostenibile dei prodotti fitosanitari. Il nostro paese ha recepito la prescrizione europea nel 2014, adottando un Piano di azione nazionale (Pan) che dovrebbe mirare ad una sensibile riduzione dell’impiego di presidi fitosanitari in agricoltura e in ambiente urbano, investendo in informazione, sensibilizzazione, tutela dei consumatori, salvaguardia dell’ambiente e della biodiversità.”I risultati del primo Pan – commenta Gentili – sono stati del tutto insufficienti. Per questo ora chiediamo un’intervento più energico”.
“Servono distanze di sicurezza tra un campo bio e uno convenzionale”
“Il nuovo Pan – rilancia Legambiente – in coerenza con la normativa europea, dovrà creare le giuste condizioni affinché sia scoraggiato l’impiego dei pesticidi e siano adoperati solo quando l’attuazione di pratiche agroecologiche alternative non si siano dimostrate sufficienti. La transizione ecologica che ne deriva potrà essere sostenuta dall’individuazione di obiettivi quantitativi più ambiziosi in termini di percentuali di riduzione dei volumi di prodotti fitosanitari impiegati, applicando il principio di precauzione vigente sul suolo europeo. Occorre fissare distanze minime di sicurezza dalle abitazioni, dai centri abitati, dalle aree di aggregazione di persone vulnerabili, come scuole e centri ricreativi, realmente cautelative e non derogabili, che consentano la riduzione dei rischi per i residenti nelle aree rurali. Non solo: la definizione di zone buffer di 15 metri dalle coltivazioni biologiche permetterebbe di evitare una loro contaminazione accidentale, tutelando così anche i produttori che hanno già deciso di abbandonare l’utilizzo di pesticidi. Per salvaguardare la popolazione è necessario, inoltre, rivalutare la gestione di questi prodotti, adottando anche in città tecniche biologiche per la manutenzione delle aree non agricole, della rete viaria e ferroviaria, con particolare attenzione al verde urbano. Un primo passo in questa direzione sarebbe rappresentato dall’abolizione totale del glifosato in Italia, escludendo qualsiasi ipotesi di rinnovo dell’autorizzazione al suo utilizzo, previsto nel 2022, come già hanno fatto Lussemburgo e Germania”.