Riso e arsenico: test su 12 marchi di arborio

RISO ARSENICO TEST

Metalli pesanti e difetti nei chicchi hanno pesato nei giudizi sulle 12 confezioni che abbiamo analizzato in laboratorio. L’arsenico inorganico è il contaminante presente in maggiore concentrazione. Tutti i risultati nel nuovo numero del Salvagente

Risultati, consentiteci il gioco di parole, che rischiano di togliere il sorriso. Sono quelli del nostro test su 12 campioni di riso arborio i cui risultati li trovate nel nuovo numero in edicola e in digitale del Salvagente.

La presenza di metalli pesanti e di difetti dei chicchi gettano più di un’ombra sulla varietà tipica delle risaie italiane. La presenza ricorrente, spesso in concentrazioni che si avvicinano troppo al limite di legge, di arsenico inorganico – un cancerogeno certo per l’uomo come lo classifica la Iarc dell’Oms – è sicuramente la criticità principale che esce dalle nostre analisi: in un caso, il valore medio riscontrato nel riso Carosio Lidl, supera il consentito. L’origine della contaminazione, come ci spiegano gli esperti, è legata alla morfologia dei terreno ma anche all’inquinamento ambientale. Discorso diverso per il cadmio, anch’esso classificato come cancerogeno per l’uomo, e alimentato dai fertilizzanti: molto contenuto nella stragrande maggioranza dei campioni testati, in un caso – Riso Vignola biosupera seppur di poco il limite di legge. Non stiamo parlando, nel caso dei due marchi, di prodotti non conformi perché, nel caso dovessimo sottrarre l’errore analitico, si collocherebbero al di sotto del massimo consentito.

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Tuttavia noi non siamo un organo di controllo dotato di compiti di polizia ma un giornale che attraverso i test fotografa lo stato dei prodotti che un consumatore può acquistare sugli scaffali di un supermercato. Per questo portare in tavola dei risi con un valore di arsenico inorganico o di cadmio tra lo 0,12 e lo 0,14 mg/kg, quando la concentrazione massima ammessa dalla legge per questi due metalli pesanti deve essere inferiore a 0,15 mg/kg, non è certamente rassicurante per la salute del consumatore.

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Sul versante dei pesticidi la contaminazione non è diffusa e, fatta eccezione per il captan, un fungicida rilevato in molti campioni e in alcuni casi con concentrazioni degne di nota, spesso i trattamenti ai quali il riso viene sottoposto lasciano solo qualche traccia.
L’Italia con circa 1,5 milioni di tonnellate è il primo produttore di riso in Europa e la nostra legislazione, basata sulla tradizione alimentare italiana, è orientata ad avere dei chicchi bianchi, integri e di dimensioni ridotte ed omogenee. Per raggiungere questo obiettivo la normativa di riferimento, il decreto legislativo 131 del 2017, fissa delle caratteristiche qualitative che limitano i difetti dei granelli stabilendone dei valori massimi. Ad esempio i grani di altre varietà così come quelli rotti – che rilasciando amido rendono più colloso il risotto – possono finire nelle confezioni a patto che non superino il 5%. Diversi campioni, come mostrano i dati pubblicati nelle schede delle prossime pagine, riportano dei valori che si avvicinano alla tolleranza massima consentita. In un caso, il campione di riso Gallo analizzato, la presenza di grani di altre varietà è stata quantificata nel 6,84%, un valore superiore al tollerato. Discorso diverso per un altro difetto normato sempre dal decreto legislativo 131: i grani danneggiati da calore che potrebbe essere un indicatore di un’alterazione fungina che può favorire lo sviluppo di micotossine. Nel lotto di Curtiriso il nostro laboratorio ha individuato lo 0,05% dei chicchi danneggiati da calore, un numero che corrisponde al valore massimo consentito dalla normativa. Successive analisi hanno escluso la presenza di micotossine.
Se fino a qui abbiamo dato conto delle criticità che possono spegnere l’entusiasmo, dobbiamo anche riportare le note positive: la varietà presente nelle confezioni analizzate corrisponde sempre all’arborio, la migliore per i risotti, e in nessun caso abbiamo riscontrato chicchi parboiled. E infine, scorrendo le nostre schede, diversi sono i marchi che si aggiudicano valutazioni positive.

Come abbiamo dato i giudizi e i limiti considerati

Valori prossimi o superiori ai limiti sono stati penalizzati con giudizi Mediocre o Scarso in relazione al parametro analizzato. Nel giudizio finale ha influito il valore dei pesticidi, arsenico inorganico, cadmio e difetti riscontati in sede di analisi.

Limiti di legge:
Grani di altre varietà: 5%
Grani rotti: 5%;
Grani danneggiati da calore: 0,05%;
Arsenico inorganico: 0,15 mg/kg;
Cadmio: 0,15 mg/kg;
Captan: 0,07 mg/kg.

Cosa registrano i nostri laboratori

I 12 campioni di riso arborio (10 convenzionali e due biologici) sono stati analizzati in due laboratori: in uno per l’analisi dei difetti dei chicchi ai sensi del decreto legislativo 131/2017 e per valutare la presenza di arsenico inorganico e cadmio; in una seconda struttura abbiamo effettuato l’analisi multiresiduale dei pesticidi. Dallo screening visivo non sono stati rilevati grani parboiled nelle confezioni e in una successiva analisi è stato accertato che in tutti e 12 i campioni tipologia di riso confezionata era del “Gruppo Arborio”.

Grani di altre varietà
Nelle confezioni sono tollerati al massimo il 5% di granelli o chicchi di una varietà diversa da quella dichiarata o dell’infestante crodo che è una pianta simile al riso sempre commestibile. Nel nostro panel, solo il campione di riso Gallo ha superato il limite previsto dal d. lgs 131/2017 con 6,84%.

Grani rotti
Il valore massimo delle rotture ovvero di chicchi rotti è pari al 5%. Questo difetto incide sul piano organolettico: i grani rotti rilasciano amido e più ce n’è, maggiore risulterà la collosità del riso. Le rotture sono causate soprattutto da uno shock termico in fase di essiccazione del riso. Più ci sono grani rotti, peggiore risulterà il risotto.

Grani danneggiati dal calore
Parliamo di un difetto più importante dei precedenti perché potrebbe essere un indicatore di un’alterazione fungina che può favorire lo sviluppo di micotossine. Il difetto può essere causato da una non corretta conservazione nei silos: la materia prima infatti deve essere costantemente smossa per prevenire degradazioni. Nelle nostre analisi questo difetto è sempre assente fatta eccezione del campione di Curtiriso dove la presenza di grani danneggiati dal calore si fermano sul limite: 0,05%. Dalle successive analisi tuttavia non sono state rilevate micotossine.

Altri difetti
In questa voce abbiamo compreso il giudizio sui restanti difetti dei granelli normati sempre dal decreto legislativo 131: i campioni analizzati non hanno riportato criticità di rilievo. Quali sono questi difetti? Materie estranee commestibili: si tratta ad esempio della presenza di granelli di soia che, qualora vengano individuati, fanno scattare l’obbligo di comunicare la presenza dell’allergene in etichetta. Materie estranee non commestibili, come ad esempio sassolini o presenza di risone, la materia prima grezza. Entrambi i difetti sono stati esclusi nel nostro test. Grani immaturi e malformati: si determinano in campo quando i chicchi sono cresciuti poco o male. Grani gessati: parliamo di chicchi più piccoli e opachi, un difetto che eventualmente nasce in campo per la cattiva maturazione. Grani danneggiati: da insetti o funghi, presentano piccole macchioline nere. Nemmeno questi ultimi difetti sono apparsi nelle nostre analisi.

Cadmio e arsenico inorganico
Per questi due metalli pesanti esiste un limite di legge alla concentrazione di 0,15 mg/kg. Sono entrambi inseriti nel gruppo 1 dallo Iarc dell’Oms, ovvero cancerogeni certi per l’uomo. La pianta li assorbe attraverso le radici e tendono così a concentrarsi nei chicchi. La contaminazione da arsenico dipende dall’inquinamento o dalla morfologia dei terreni: molti campioni si avvicinano al limite di legge e il campione Lidl lo supera. Il cadmio invece proviene in particolar modo dai fertilizzanti utilizzati. Le concentrazioni rilevate sono sempre molto basse fatta eccezione per quella del campione Riso Vignola bio appena sopra il limite.

Pesticidi
Tutti i residui riscontrati sono ampiamente al di sotto al limite di legge. Quando i principi attivi non hanno superato il Loq, il limite di quantificazione analitica (0,01 mg/kg), abbiamo riportato solo il numero di “tracce”. La sostanza più ricorrente sopra al Loq (ma anche al di sotto) è il captan, un fungicida che secondo l’Epa, l’Agenzia per la sicurezza ambientale statunitense, può essere cancerogeno per gli esseri viventi. Alcune concentrazioni riscontrate sono appena dieci volte inferiori al limite. Altra sostanza registrata nello screening multiresiduale è il piperonil butossido, non un vero e proprio pesticida (per questo non è stato fissato un Lmr) ma un sinergizzante usato per potenziare l’efficacia della sostanza fitosanitaria.

La replica delle aziende: “Prodotti conformi”

Prima di andare in stampa abbiamo condiviso con le aziende i risultati di alcuni parametri che superano i limiti di legge. Non tutte hanno voluto esprimere una posizione.
Nel Riso Vignola bio il cadmio era pari a 0,157 mg/kg (limite: 0,15) con un margine di incertezza, in più o in meno, di 0,034 mg/kg. Contattata, l’azienda replica: “Secondo il Regolamento (CE) n. 33/2007, nell’ambito dei controlli ufficiali, un prodotto è considerato non conforme solo se il risultato analitico supera oltre ogni ragionevole dubbio il limite di legge, tenendo conto dell’incertezza di misura. Nel nostro caso, applicando questo principio il campione risulta conforme al limite normativo. Conclusione: il valore rilevato da test nel prodotto in esame non supera l’Lmr (limite massimo di residuo, ndr) oltre ogni ragionevole dubbio; quindi, il campione può essere considerato conforme secondo il criterio stabilito dalla normativa”. Nessun dubbio sulla conformità del campione, resta evidente però, anche sottraendo l’incertezza analitica, una concentrazione, pur sotto il limite, ma molto pronunciata anche rispetto agli altri valori registrati per gli altri prodotti analizzati.
Nel riso Carosio Lidl il risultato dell’arsenico inorganico è pari a 0,171 mg/kg (limite 0,15) con un margine di incertezza, in più o in meno, di 0,070 mg/kg. Da Lidl tengono a precisare, dopo aver condiviso i risultati con il loro fornitore: “Per il lotto in oggetto, è stata rilevata una piena conformità ai requisiti legislativi relativamente all’arsenico inorganico (limite: 0,15 mg/kg, Regolamento (Ue) 2023/915) in primis nella partita di risone utilizzata (valore rilevato: 0,11 mg/kg); questo rappresenta un prerequisito necessario all’accettazione della stessa per la successiva lavorazione. Allo stesso modo, anche le analisi relative al campione rappresentativo del lotto di riso bianco ottenuto a seguito della lavorazione evidenziano il pieno rispetto dei requisiti legislativi (valore rilevato: 0,14 mg/kg). Relativamente al risultato da voi condiviso, in cui si rileva un contenuto di arsenico inorganico di 0,171 mg/kg, l’applicazione dell’incertezza di misura di 0,070 permette di rientrare pienamente in un criterio di regolarità, dimostrando nuovamente la conformità del prodotto alle normative comunitarie. Per ulteriore verifica, sono state effettuate analisi presso un laboratorio accreditato anche su due controcampioni del lotto da voi analizzato, anch’essi risultati conformi (rispettivamente con contenuto di arsenico inorganico di 0,11 mg/kg e 0,12 mg/kg), di cui vi alleghiamo i rapporti di prova”. Pur essendo conforme, il campione Lidl, riporta, anche considerando i dati dell’arsenico inorganico rilevati dal fornitore e dall’azienda stessa, concentrazioni al di sotto del limite ma piuttosto elevate.
Nel Curtiriso le analisi hanno evidenziato una presenza di grani danneggiati dal calore dello 0,05%: un valore che eguaglia il limite di legge e un possibile indicatore di contaminazione fungina. Successivamente, abbiamo analizzato la presenza di micotossine ma il risultato è stato negativo. Curtiriso ci ha inviato una nota: “In merito al risultato ottenuto dall’analisi dei difetti merceologici per il parametro danneggiati da calore abbiamo verificato immediatamente il controcampione del lotto in oggetto e abbiamo riscontrato la presenza di numero due chicchi danneggiati da calore che corrisponderebbe ad un valore di 0,005%. Durante l’analisi è stata riscontrata anche la presenza di alcuni chicchi di riso parboiled del valore pari 0,017%, presenza è consentita fino al limite di 0,1% (e che possono essere scambiati per grani danneggiati, ndr). Riteniamo quindi che il lotto di riso arborio sia conforme e che ci sia stata un sovrastima dei chicchi danneggiati da calore”.

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