Così la pressione dell’industria ha convinto Bruxelles a una marcia indietro sul divieto ai Pfas

PFAS

Secondo il Guardian che ha potuto visionare i documenti trapelati, solo il 10% dei prodotti contenenti Pfas, riconosciuti come interferenti endocrini e potenziali cancerogeni, potrebbe essere proibito, con una clamorosa marcia indietro di Bruxelles

Si prevedeva che tra 7mila e 12mila sostanze pericolose sarebbe stato vietato l’uso in tutti i prodotti vendibili in un aggiornamento del regolamento Reach dell’Ue, comprese molti Pfas, che, come ha dimostrato la drammatica contaminazione avvenuta in Veneto, sono collegate a interferenza endocrina, e altre patologie riproduttive e cancerogene.

Lo scoop del Guardian

Tatiana Santos, responsabile della politica sulle sostanze chimiche presso l’Ufficio europeo dell’ambiente, ha dichiarato: “L’incapacità dell’UE di controllare le sostanze chimiche dannose è scritta nel sangue contaminato di quasi tutti gli europei. Ogni ritardo porta più sofferenze, malattie e persino morti precoci. Il ritiro normativo dell’Ue potrebbe essere la pietra tombale del Green Deal europeo, alimentando il cinismo nei confronti di élite inaffidabili che fanno accordi con grandi lobby tossiche, a meno che la Commissione non mantenga la sua promessa di disintossicare i prodotti e resistere agli inquinatori”.

Vietando i Pfas si risparmierebbe 10 volte tanto in sanità

Lo studio d’impatto di 77 pagine trapelato fa parte di una revisione degli obiettivi nel regolamento Reach dell’Ue relativo alla legislazione sulle sostanze chimiche, che è datato 13 gennaio 2023 e dovrebbe essere lanciato entro la fine di quest’anno. Il testo potrebbe essere modificato, ma i funzionari affermano al Guardian che le opzioni in esame non sono sostanzialmente cambiate. La bozza di analisi stima che i risparmi sanitari derivanti dai divieti di sostanze chimiche supererebbero di 10 volte i costi per l’industria. I pagamenti ridotti per il trattamento di malattie come il cancro e l’obesità ammonterebbero a 11 miliardi – 31 miliardi di euro l’anno, mentre i costi di adeguamento per le imprese sarebbero compresi tra 0,9 miliardi e 2,7 miliardi di euro all’anno.

La questione vale anche per gli Ftalati

Oltre ai Pfas, le autorità di regolamentazione dell’Ue hanno rilevato che il 17% dei bambini europei è a rischio di esposizione combinata a miscele di ftalati – legate a malattie dello sviluppo e della riproduzione – in un’indagine condotta sul sangue e sulle urine lo scorso anno su 13mila cittadini dell’Ue. Tracce dell’interferente endocrino bisfenolo A sono state trovate nel 92% degli adulti.

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La riforma Reach

L’aggiornamento di Reach è stato ritardato dopo una scissione tra i due dipartimenti della commissione incaricati di redigere la nuova legge: la direzione dell’ambiente, che ha spinto per misure robuste; e la direzione del mercato interno, che ha resistito. La riforma Reach era inizialmente una priorità della Commissione . Il primo vicepresidente della commissione, Frans Timmermans, ha dichiarato nel 2020: “È particolarmente importante smettere di utilizzare le sostanze chimiche più dannose nei prodotti di consumo, dai giocattoli e prodotti per l’infanzia ai tessuti e ai materiali che vengono a contatto con il nostro cibo”.

Il peso della lobby dell’industria

Un funzionario dell’Ue che ha parlato al Guardian in condizione di anonimato ha affermato che gli sforzi per attenuare la revisione legale sono stati aiutati da “un cambiamento completo nella forza del sostegno ai consumatori e all’ambiente” a Bruxelles, soprattutto da parte degli eurodeputati del Partito popolare europeo, lo stesso della presidente dell’Ue Ursula von der Leyen, che avrebbero perso passione per la riforma. Secondo il funzionario, “La sensazione nella commissione è quasi come se fosse un dato di fatto che non possiamo creare troppi problemi all’industria – indipendentemente dai benefici per la salute pubblica – e che le aziende soffrono molto delle nostre normative sui prodotti chimici, quindi dovremmo cercare di rendere le cose più facili per loro”.

Le posizioni pubbliche di Macron e non solo

E del resto, come ricorda il Guardian, diversi capi di stato dell’UE si sono aggiunti alla pressione. Il presidente francese, Emmanuel Macron, ha chiesto una “pausa normativa” nel diritto ambientale per aiutare l’industria, mentre il primo ministro belga, Alexander De Croo, ha dichiarato a maggio : “Se stiamo sovraccaricando le persone con regole e regolamenti, rischiamo di perdere la sostegno pubblico all’agenda verde”. Il Ppe, lo scorso settembre, ha proposto per la prima volta “una moratoria normativa [per] ritardare quegli atti che aumenterebbero inutilmente i costi per le imprese… come il Reach”, proprio mentre Basf annunciava un ridimenzionamento degli stabilimenti in Europa a causa della “eccessiva regolamentazione”.

I milioni investiti per bloccare il ban ai Pfas

Undici operatori del settore Pfas in Germania hanno impiegato 94 lobbisti e hanno speso un totale di 9 milioni di euro nei dati annuali più recenti, secondo l’analisi del Corporate Europe Observatory che uscirà a breve. A Bruxelles, 12 membri dell’industria Pfas hanno 72 singoli lobbisti attivi e una spesa annuale compresa tra 18,6 e 21,1 milioni di euro, afferma il giornale. Una significativa battaglia di lobby si concentra su un nuovo inventario per i polimeri – gli elementi costitutivi della plastica – nella riforma Reach, ha affermato il funzionario dell’Ue.