Olio, il nostro nuovo test: in 11 bottiglie su 20 non c’è extravergine

OLIO TEST EXTRAVERGINE

Abbiamo analizzato 20 campioni di olio extravergine: alla prova del panel test – obbligatoria per legge – più della metà sono risultati “vergini”, di qualità inferiore a quella promessa. Tutti i risultati nel nuovo numero in edicola

Quanto olio extravergine c’è sugli scaffali dei supermercati e discount italiani? A giudicare dai risultati del nostro test davvero poco. Su 20 campioni analizzati in ben 11 bottiglie abbiamo trovato del semplice olio vergine.

Più della metà dei nostri lotti infatti alla prova organolettica del panel testobbligatoria per legge per classificare un olio e da noi commissionata alla struttura accreditata dell’Agenzia delle Dogane e dei monopoli di Roma – è risultata bocciata. Pur non essendo obbligati, abbiamo deciso di sottoporre lo stesso lotto a una seconda prova: in 11 casi su 11 è stata confermata la presenza di difetti e quindi il declassamento del prodotto.
Un problema per la salute del consumatore? Assolutamente no, per il suo portafogli però sì. Convinti di portare in tavola un vero extravergine, si corre il rischio di pagare di più per un olio di caratteristiche e qualità inferiori. L’incognita di acquistare un olio “diverso” da quello promesso per un semplice acquirente è purtroppo ancora oggi più che reale: questo nuovo test conferma i risultati del passato, e cioè che in media in un caso su due chi si rivolge a uno scaffale dei supermercati rischia di acquistare quello che non voleva. Pagandolo però un 20-30% di più.

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Alle analisi chimiche e al panel test abbiamo sottoposto venti lotti dei seguenti marchi: Bertolli Gentile, Carapelli Il Frantolio, Carrefour Extra Cucina delicata, Cirio Cucina delicata, Colavita Mediterraneo, Coop Classico, Conad Classico, Pietro Coricelli Qualità tracciata, Costa d’oro L’extra, Dante Terre antiche, De Cecco Classico, Esselunga Classico, Frantoio La rocca delicato Eurospin, Farchioni, Primadonna Lidl, Fra’ Ulivo MD, Monini Classico, Sagra Grandulivo, San Giorgio, Santa Sabina.

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Tutti e 20 i campioni analizzati (tutte miscele comunitarie, in un solo caso miscela di oli Ue e non Ue) riportavano parametri chimici conformi ai limiti di legge. Ad essere risultati vergine a seguito di due panel test sono stati invece 11 lotti (qui i risultati del test): nello specifico 7 private label (a marchio della Gdo o di discount) e 4 di marca.

Le aziende coinvolte, come leggerete nelle pagine del servizio in edicola, che hanno voluto risponderci sulle criticità rilevate, si difendono sostenendo che il lotto risultava extravergine una volta imbottigliato, anche dal punto di vista organolettico, declinando ogni responsabilità su come è stato poi conservato ed esposto sugli scaffali. Non mancano marchi che mettono in dubbio il modo in cui il Salvagente ha condotto il campionamento e il condizionamento dei campioni, procedimento quest’ultimo testimoniato da un’azienda esterna che ha certificato l’anonimizzazione delle bottiglie come richiesto dal laboratorio. Puntuali sono arrivate anche le diffide legali come anche le richieste – declinate – di escludere singoli marchi dal test.

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L’uscita di questo test è stata preceduta anche dalla richiesta bizzarra del Codacons all’Antitrust di “inibire la pubblicazione” del nuovo numero perché altererebbe il mercato e la concorrenza. Pretesa contraria alla nostra Costituzione che comunque ci saremmo aspettati più da un’azienda che da chi dovrebbe tutelare i consumatori. Ovviamente abbiamo scelto di continuare a compiere il nostro lavoro non lasciandoci minimamente intimidire consapevoli che, come ha stabilito il Tribunale di Spoleto il 10 gennaio scorso, i test comparativi sono uno “strumento di giornalismo di inchiesta”.
Non possiamo ignorare però – e con noi speriamo anche il mondo della produzione e della distribuzione – che esiste un problema di conformità dell’extravergine venduto nei supermercati che non dipende solo dalla qualità della materia prima. Servono controlli organolettici per verificare durante la “shelf life”, la vita sullo scaffale, che l’olio mantenga ancora le caratteristiche per essere venduto come extravergine. Alcune catene della grande distribuzione europea lo stanno già facendo a tutela dei consumatori.
E in Italia? Ci accontentiamo di rincorrere la censura e di mettere la polvere sotto il tappeto?

Dove scivolano gli 11 campioni

Le venti bottiglie analizzate contenevano tutte miscele di oli di origine Ue e solo in un caso, l’Extra di Costa d’Oro, anche oli non comunitari. Tutte le prove, chimiche e organolettiche, sono state eseguite secondo metodiche accreditate.

Come abbiamo condotto il test

Gli oli sono stati acquistati nei supermercati e discount di Roma il 6 febbraio e prontamente consegnati anonimizzati al laboratorio chimico dell’Agenzia delle Dogane e dei monopoli di Roma. La preparazione dei campioni e la chiave per renderli irriconoscibili ai tester è stata certificata da una società esterna. L’acquisto degli oli nei punti vendita è avvenuta prelevando più bottiglie dello stesso lotto dagli scaffali, facendo attenzione a scegliere quelli con data di scadenza più lontana (per avere prodotti più “freschi” possibile) e che fossero distanti da fonte di calore: in altre parole ci siamo messi nei panni di un consumatore comune che in modo accorto segue i consigli per acquistare il prodotto conservato nel migliore dei modi. Abbiamo inoltre cercato di scegliere date di scadenza più omogenee possibili tra i venti campioni analizzati per evitare di penalizzare alcuni prodotti rispetto ad altri.

Acidità

Un olio extravergine per essere venduto come tale deve rispettare alcuni parametri chimici e risultare privo di difetti organolettici attraverso il panel test. Tra i paramenti chimici obbligatori e che abbiamo verificato in laboratorio c’è l’acidità che deve essere per legge inferiore allo 0,8%. Un’extravergine di qualità eccellente tuttavia avrà un’acidità compresa tra lo 0,1% e lo 0,3%. Tutti i campioni riportano valori al di sotto della soglia di legge: si va da un minimo dello 0,19% (Carapelli) a un massimo di 0,42% (MD).

Perossidi

Il limite di legge prevede una presenza uguale o inferiore a 20 e il valore dei perossidi è espresso in milliequivalenti di ossigeno per chilo di olio (meq 02/kg): tutti i campioni lo rispettano. Questo parametro indica il livello di ossidazione del prodotto ovvero il suo invecchiamento e la tendenza a irrancidire. Minore è la quantità di perossidi, maggiore è la qualità dell’olio. Tutti gli oli analizzati rispettano il limite di legge. Il valore più basso lo abbiamo riscontrato nel Frantolio Carapelli (5,7) mentre la concentrazione più elevata nel Sagra Grandulivo (13,6).

Spettrofotometria Uv

La spettrofotometria nell’ultravioletto consente di stabilire lo stato di invecchiamento dell’olio e fornisce delle tracce di eventuali processi di raffinazione illegali ai quali il prodotto potrebbe essere stato sottoposto. La normativa prevede come obbligatori i valori dell’assorbimento dei raggi Uv in alcune lunghezze d’onda indicati come K232, K270 e Delta K. Tutti i campioni sono risultati conformi ai parametri di legge.

Polifenoli

I polifenoli sono sostanze antiossidanti presenti nell’olio extravergine di oliva. I biofenoli in particolare hanno proprietà antiossidanti, rigenerative e riepitelizzanti, che cioè favoriscono la formazione di nuovi strati di cellule. Dal 2018 gli oli extravergini che mantengono fino al termine minimo di conservazione un contenuto di biofenoli maggiore o uguale a 250 mg/kg (i polifenoli totali devono essere maggiori o uguali a 300 mg/kg) possono vantare in etichetta il claim salutistico: “I polifenoli dell’olio di oliva contribuiscono alla protezione dei lipidi ematici dallo stress ossidativo. 20 grammi di olio (2 cucchiai) al giorno consumati a crudo nell’ambito di una dieta varia ed equilibrata e di uno stile di vita sano consentono di ottenere l’effetto benefico indicato”. Quanti ne abbiamo rilevati nei nostri venti campioni? Il contenuto maggiore di biofenoli è stato riscontrato nel Bertolli Gentile (342 mg/kg) e nel Frantoio La Rocca – Eurospin (336 mg/kg) mentre dall’altro capo della classifica troviamo il Fra’ Ulivo MD (appena 135 mg/kg).

Prova d’assaggio

Oltre a rispettare tutti i limiti di legge previsti per le prove chimiche, un olio per essere etichettato extravergine deve essere privo di difetti organolettici (la mediana dei difetti deve essere pari a zero) e riportare una serie di attribuzioni positive (la mediana del fruttato deve essere superiore a zero). Il panel test, in base al regolamento 2568/1991 e successive modificazioni (fino all’ultimo 2022/2104), è una prova per nulla soggettiva e tutti i difetti possibili (16) sono codificati nel Regolamento stesso che ne ha introdotto – più di 30 anni fa – l’obbligatorietà per attribuire la categoria merceologica agli oli di oliva.
Veniamo ai risultati e ai loro “significati”. Un difetto di riscaldo/morchia (riscontrato in 2 campioni) è caratteristico dell’olio ottenuto da olive ammassate o conservate in condizioni tali da aver sofferto un avanzato grado di fermentazione. Il rancido (rilevato in 5 bottiglie) si avverte quando l’olio ha subito un processo ossidativo intenso. La muffa/umidità (evidenziato in 4 oli) è il difetto caratteristico dell’olio prodotto da frutti nei quali si sono sviluppati abbondanti funghi e lieviti per essere rimasti ammassati per molti giorni e in ambienti umidi.
Qualora il primo panel abbia declassato un olio da extravergine a vergine, abbiamo sottoposto un altro campione dello stesso olio – medesimo lotto del primo – a una seconda prova organolettica svolta da un altro comitato di assaggio sempre dell’Agenzia delle Dogane. Anche in questo caso i risultati hanno sempre confermato delle non conformità. Le aziende coinvolte sono state tutte informate prima della pubblicazione dei risultati.

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