Il cadmio è un cancerogeno certo per l’uomo ma presente in diversi alimenti. Ecco dove si trova, quali sono le conseguenze di un consumo o di un’esposizione eccessivi e come prevenire i rischi.
Un giorno Cadmo inventò l’alfabeto e lo diffuse fra i greci. In principio era l’alfabeto fenicio, per via delle sue origini. Il fenicio Cadmo si cimentò anche nell’arte dell’intaglio su pietra e scovò una miniera d’oro nelle viscere del monte Pangeo. Da quella ricchezza, nacque l’antica città greca di Tebe. Grazie alle gesta del mito di Cadmo, che sconfisse il Drago, si è scoperto un altro “tesoro”, che giunge ai nostri giorni: il cadmio, metallo bianco argenteo pesante impiegato nella tecnologia contemporanea, componente essenziale, tanto per fare un solo esempio, delle batterie al cadmio. Un metallom però, che è anche un pericolo per la salute umana.
L’Agenzia internazionale per la ricerca sul cancro (Iarc) lo ha classificato nel gruppo 1 come cancerogeno certo per l’uomo. Molte altre ricerche hanno dimostrato una possibile correlazione tra un’esposizione eccessiva e la possibilità di sviluppo di tumori al seno o ad altri organi e tessuti del corpo, come la vescica, il polmone o l’endometrio. Al cadmio inoltre sono associati disturbi cardiovascolari come l’ipertensione, e potrebbe essere una causa scatenante di diabete, impotenza e problemi alla prostata.
Anche la presenza negli alimenti, legata a fertilizzanti o a rifiuti ambientali, è un pericolo, tanto che la dose settimanale ammissibile attraverso la nutrizione non deve superare i 2,5 microgrammi per chilogrammo di peso corporeo. È quanto ha stabilito il gruppo di esperti dell’Autorità europea per la sicurezza alimentare (Efsa) sui contaminanti nella catena alimentare.
Cerchiamo di capire quali sono le conseguenze di un consumo eccessivo di cadmio e come prevenire i rischi.
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Cos’è il cadmio
È un metallo pesante che può essere presente nel cibo, e in piccola parte viene assorbito dall’organismo, dove è efficacemente trattenuto a livello dei reni e del fegato e può restarci per decine di anni.
Come elemento chimico si trova nei minerali assieme allo zinco e trova largo impiego nelle pile ricaricabili, che nell’immediato futuro saranno sostituite sempre più dal litio (soprattutto per le auto elettriche). Viene impiegato anche in ambito industriale per produrre pigmenti, rivestimenti e stabilizzanti per materie plastiche. E in leghe metalliche bassofondenti e per saldatura, ad alta resistenza all’usura, è impiegato nelle cadmiature, ovvero nel rivestimento di materiali con una pellicola metallica tramite elettrodeposizione. È utile anche come barriera per controllare le reazioni di fissione nucleare.
Alcuni composti del cadmio sono degli stabilizzanti per il PVC negli imballaggi. Altri venivano utilizzati in passato per produrre i fosfori dei televisori in bianco e nero, mentre oggi per i fosfori blu e verdi dei tv color.
In quali alimenti è presente?
L’Irccs Humanitas osserva che è considerato un contaminante del cibo, come altri metalli di tipo arsenico e piombo. È presente in diversi tra i quali:
- Fegato;
- Funghi;
- Molluschi;
- Polvere di cacao;
- Alghe essiccate.
Dall’insalata in busta alle patate fino al sushi
Un test pubblicato su il Salvagente nel 2019 (qui per gli approfondimenti) ha rilevato presenza di cadmio nelle insalate in busta. In particolare negli ortaggi a foglie larghe e rappresenta un pericolo serio per la salute umana.
Non sono solo le insalate, però, a essere finite al centro dell’attenzione per un eccessivo contenuto di questa sostanza. Negli anni il cadmio è stato rintracciato in patate, sushi e spezie, tanto per fare solo pochi esempi.
I vegetariani sono più a rischio cadmio
L’Istituto Superiore di Sanità (Iss) invita a una maggiore consapevolezza rispetto alle possibili fonti di cadmio, per limitarne l’esposizione.
La dose ammissibile stabilita dall’Efsa corrisponde, in media, a quella normalmente ingerita dalla popolazione generale, in cui l’esposizione con la dieta rappresenta il 90% di quella totale. Tuttavia, alcune categorie di persone (ad esempio i vegetariani e i forti consumatori di molluschi e crostacei) ne ingeriscono di più a causa della loro dieta più ricca in alimenti che contengono livelli di cadmio più alti.
Il cadmio è cancerogeno?
Il cadmio è stato classificato dall’Iarc come sostanza cancerogena di gruppo 1.
L’esposizione a dosi eccessive di cadmio è stata associata dalla ricerca scientifica a un aumento della possibilità di sviluppare un cancro non solo al seno, ma anche ad altri organi e tessuti, come polmone, vescica ed endometrio.
L’accumulo nell’organismo nel lungo periodo può portare a diversi effetti negativi. A risentirne sono prima di tutto i reni, la cui attività può essere compromessa dalla presenza di questo metallo a tal punto da condurre a insufficienza renale.
Inoltre un eccesso di cadmio può causare:
- Diarrea;
- Mal di stomaco e vomito;
- Demineralizzazione delle ossa che a sua volta può causare fratture;
- Problemi di fertilità;
- Danni al sistema nervoso;
- Conseguenze negative sul sistema di difesa immunitaria;
- Disturbi psicologici.
Gli effetti del cadmio sulla salute umana
Gli effetti sulla salute causati dal cadmio dipendono principalmente dalla quantità del metallo nell’organismo, dalla durata dell’esposizione e dalla via di esposizione.
Per inalazione
Se viene inalato, nei polmoni ne viene assorbito circa il 5–50%, quantità che poi entra nel circolo sanguigno.
Per ingestione e/o contatto
Se viene ingerito la percentuale assorbita è, invece, solo dell’1-10%, mentre se passa attraverso la pelle ne viene assorbito meno dell’1%.
In carenza di ferro
Individui con bassi livelli o carenza di ferro nel sangue ne assorbono più dal tratto gastrointestinale. Quindi sono soggetti a rischio. Una volta entrato in circolo, il cadmio si distribuisce ampiamente in tutti gli organi e le quantità più alte si ritrovano nel fegato, nei reni e nelle ossa, dove si accumula e rimane per tempi molto lunghi.
Per quanto tempo resta nel corpo?
Il tempo necessario per eliminare la metà del contenuto presente nel corpo umano (o semivita) varia tra 10 e 30 anni. Il cadmio assorbito, infatti, viene espulso molto lentamente, e in quantità approssimativamente uguali, attraverso urine e feci.
I sintomi dell’esposizione
L’intossicazione può essere di tipo acuto (dovuta a esposizione singola a dosi elevate) o cronico (dovuta a esposizioni ripetute a basse dosi).
Intossicazione acuta al cadmio
Riguarda principalmente i lavoratori, esposti per breve periodo a inalazione di fumi contenenti alte concentrazioni di cadmio, che sviluppano febbre e una polmonite chimica che si manifesta dopo poche ore dall’esposizione, provoca danni al polmone e nel 20% dei casi, dopo qualche giorno, porta alla morte del soggetto intossicato. Questo tipo di intossicazione, però, è divenuta molto rara in seguito alle leggi per la protezione della salute dei lavoratori e ai controlli più accurati negli ambienti di lavoro.
Cosa succede se ce n’è troppo nel cibo o nell’acqua
Se si ingerisce cibo o acqua contaminati, i sintomi che possono comparire sono costituiti da irritazione dello stomaco, vomito, diarrea.
L’esposizione breve
In caso di esposizione breve e acuta, si può andare incontro a sintomi quali: crampi muscolari, danni al fegato, insufficienza renale.
I sintomi sui fumatori
Respirare bassi livelli di cadmio per molti anni, come nel caso dei fumatori, o consumare cibi e acqua contaminata ai livelli normalmente presenti nell’ambiente (esposizione cronica) può provocare un accumulo nell’organismo e portare a malattie renali (nefrotossicità), pressione arteriosa alta (ipertensione), malattie cardiovascolari, osteoporosi, tumori al polmone.
Esistono evidenze che l’esposizione prolungata per inalazione a dosi relativamente elevate di cadmio, come nel caso della esposizione professionale, possa causare tumori ai polmoni.
Gli effetti sui reni
Nel sangue il cadmio si trova legato ad alcune proteine dette metallotioneine, e in questa forma arriva ai reni per essere eliminato ma, una volta filtrato, viene in parte riassorbito dalle cellule renali che degradano le metallotioneine, rilasciando cadmio libero in attesa che nuove proteine siano formate e lo leghino di nuovo. Quando la quantità di cadmio libero è troppo elevata, le cellule renali vengono danneggiate.
E sulle ossa
La prolungata esposizione può rendere le ossa più fragili con più alti rischi di frattura e incidenza di osteoporosi, sia per una demineralizzazione diretta delle ossa (rilascio di calcio dalle ossa), sia come risultato delle disfunzioni renali (maggiore eliminazione di calcio nelle urine e mancata attivazione della vitamina D).
Gli effetti sulle ossa in una popolazione femminile giapponese in età avanzata (già in menopausa) esposta a livelli molto elevati di cadmio nel riso e nell’acqua sono noti come la malattia di Itai-Itai, caratterizzata da fratture multiple e distorsione delle ossa lunghe dello scheletro.
Il cadmio nel latte materno
Questa sostanza si trova anche nel latte materno e una piccola quantità entra nel corpo del bambino attraverso l’allattamento. Tuttavia, ad oggi non sono disponibili sufficienti evidenze scientifiche su eventuali effetti sulla salute dei bambini alla nascita e sul loro sviluppo o comportamento.
I soggetti più a rischio
I vegetariani
Consumando quantità relativamente alte di alimenti contenenti cadmio, (come i cereali, le noci, i semi oleosi e i legumi) si rischia un’esposizione media settimanale che si aggira intorno ai 5,4 microgrammi per chilogrammo di peso corporeo.
I fumatori
Le sigarette possono contribuire a un’esposizione simile a quella derivante dalla dieta. Anche la polvere domestica può rappresentare un’importante fonte di esposizione generale al cadmio, in particolare per i bambini.
Cosa fare in caso di esposizione
Esistono particolari test prescritti dal medico in grado di misurare la presenza di cadmio nei tessuti (sangue, urine, feci, capelli, fegato e rene) per valutare se, e in quale misura, ci sia stata esposizione al metallo. L’eventuale presenza nell’organismo non significa necessariamente la comparsa di malattie ad esso correlate.
Come prevenire i rischi da cadmio nel piatto
In base al Regolamento CE 488/2014 il cadmio nella lattuga non può superare gli 0,20 milligrammi per chilogrammo. La presenza di cadmio nelle verdure dipende anche dai terreni e dai fertilizzanti impiegati.
Nel 2018 l’Ue ha votato in favore di una stretta sulla presenza di cadmio nei fertilizzanti fosfatici. Con le norme adottate, osteggiate dalle aziende dell’agrochimica e sostenute dalle associazioni ambientaliste e dei consumatori, la legislazione europea è stata la più restrittiva al mondo a tutela della catena alimentare.
Le nuove regole hanno previsto l’uso di un’etichetta volontaria “basso cadmio”, per i prodotti che da subito hanno un contenuto di cadmio inferiore a 20 mg/kg, e favoriscono l’utilizzo di materiali riciclati per la produzione di fertilizzanti.
I prodotti biologici o di agricoltura estensiva, che escludono l’impiego di pesticidi o fertilizzanti nocivi, sono i meno esposti al cadmio.