La Corte di giustizia dell’Unione europea ha deciso di annullare il regolamento del 2019 con cui la Commissione europea ha classificato il biossido di titanio come cancerogeno per inalazione. Secondo i giudici, lo studio che è alla base della classificazione non è affidabile ed accettabile
Secondo la Corte di giustizia dell’Unione europea, il biossido di titanio non è cancerogeno anche quando inalato. Con una decisione emessa da poco, infatti, l’organo giurisdizionale ha annullato la parte del regolamento delegato 2020/217 con cui la Commissione classificava l’E171 cancerogeno per inalazione. La Corte ha messo in dubbio l’attendibilità e l’accettabilità dello studio su cui si basava la classificazione della Commissione. Contro la decisione del Tribunale, entro due mesi e dieci giorni a decorrere dalla data della sua notifica, può essere proposta dinanzi alla Corte un’impugnazione, limitata alle questioni di diritto.
Il parere dell’Echa
Il biossido di titanio è una sostanza chimica inorganica, utilizzata, in particolare, sotto forma di pigmento bianco, per le sue proprietà coloranti e coprenti, in diversi prodotti, che vanno dalle vernici ai medicinali e ai giocattoli. Fino ad agosto dello scorso anno veniva utilizzato anche come additivo alimentare ma questo uso è stato vietato dopo che l’Efsa lo ha dichiarato non sicuro.
Nel 2016, le autorità francesi hanno presentato una proposta all’Agenzia europea per le sostanze chimiche (Echa) per classificare il biossido di titanio come sostanza cancerogena. L’anno successivo, il comitato per la valutazione dei rischi (Rac) dell’Echa ha adottato un parere che classifica il biossido di titanio come sostanza cancerogena di categoria 2, con la menzione di pericolo «H 351 (inalazione)» sotto forma di polvere contenente l’1% o più di particelle con diametro inferiore o pari a 10 μm.
Il ricorso dei produttori
Successivamente produttori, importatori, utilizzatori a valle e fornitori di biossido di titanio hanno adito il giudice per il parziale annullamento del Regolamento 2020/217 della Commissione Europea, che classificava il biossido di titanio come cancerogeno. La Corte, infatti, può essere chiamata in causa nei casi in cui il ricorrente chiede l’annullamento di un atto presumibilmente contrario al diritto dell’Ue (annullamento: articolo 263 TFUE) oppure nei casi di violazione del diritto dell’Ue nei quali un’istituzione, un organo o un organismo si sia astenuto dal pronunciarsi (articolo 265 TFUE). I ricorsi possono essere proposti dagli Stati membri, dalle istituzioni stesse o da qualsiasi persona fisica o giuridica, qualora il ricorso concerna un atto (in particolare un regolamento, una direttiva o una decisione) adottato da un’istituzione, un organo o un organismo dell’UE e che la riguardi.
La decisione della Corte
La Corte ha accolto il ricorso dei ricorrenti nella parte relativa alla affidabilità dello studio posto alla base della decisione del Comitato per la valutazione dei rischi dell’Echa sulla cancerogenicità della sostanza.
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Lo studio scientifico non era affidabile e accettabile: per verificare il livello di sovraccarico polmonare in particelle di biossido di titanio, il Comitato “ non ha tenuto conto di tutti gli elementi pertinenti al fine di calcolare il sovraccarico polmonare nel corso dello studio scientifico in questione, vale a dire le caratteristiche delle particelle testate in tale studio scientifico, il fatto che tali particelle tendevano ad agglomerarsi, nonché il fatto che la densità degli agglomerati di particelle era inferiore alla densità delle particelle e che, per tale ragione, detti agglomerati occupavano un volume maggiore nei polmoni”.
Ciò avrebbe escluso, secondo la Corte la plausibilità delle considerazioni del CVR sulla cancerogenicità della sostanza.
Il Tribunale ha accolto anche il secondo motivo di ricorso contestando la violazione del principio del regolamento n. 1272/2008 in base al quale una sostanza è etichettata come cancerogena se dotata della proprietà intrinseca di provocare il cancro.
Proprietà assente nel parere del Comitato secondo cui il pericolo di cancerogenicità del biossido di titanio è qualificato come «non intrinseco in senso classico» da diversi elementi: in particolare, il pericolo sarebbe stato connesso “unicamente a determinate particelle di biossido di titanio respirabili presenti in un certo stato fisico, una certa forma, grandezza e quantità, si manifesta solo in condizioni di sovraccarico polmonare e corrisponde a una tossicità delle particelle”.
Pertanto, il giudizio sulla tossicità non poteva essere considerato come “tossicità intrinseca in senso classico”, inducendo la Commissione a emanare il Regolamento con tale etichettatura per il biossido di titanio.
Il parere dell’Istituto Ramazzini
“Mi sembra un ingiustificato accanimento di dettaglio da parte della Corte” ha commentato Daniele Mandrioli, direttore del Centro di Ricerca sul Cancro dell’Istituto Ramazzini tra gli enti indipendenti che hanno svolto ricerche sul glifosato e i suoi rischi. “Un dibattito simile interressò negli anni passati l’amianto: c’era chi sosteneva che solo in determinate forme e dimensioni l’amianto fosse cancerogeno onde poi scoprire che la tossicità riguardava tutti i tipi di amianto a prescindere dalle forme e dimensioni”, spiega il direttore aggiungendo che “è raro che la Corte si esprima su questioni che hanno a che fare non con gli aspetti giuridici di un provvedimento, ma piuttosto su aspetti scientifici peraltro in contrasto con le valutazioni Echa”. Mandrioli rigetta le teorie scientifiche avvallate dalla Corte sostenendo, innanzitutto, che gli studi che la Corte non ritiene attendibili sono stati svolti e valutati da “autorevoli istituti indipendenti, primo fra tutti l’Anses” e, in secondo luogo, che la cancerogenicità del biossido di titanio è stata provata anche per altre vie di esposizione, ad esempio quella alimentare che ha convinto l’Efsa a bandire l’E171 quando usato come additivo alimentare.