Cosa succede se l’autovelox non è omologato

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Che cosa si intende quando si parla di autovelox omologati e approvati: è possibile contestare la multa di un dispositivo non omologato? Le pronunce della Cassazione 

Gli autovelox controllano che i veicoli non eccedano i limiti di navigazione imposti dalla legge in quel tratto di strada e registrano l’eventuale presenza di irregolarità. L’automobilista che eccede le velocità consentite viene fotografato e, tramite la targa, viene assoggettato ad una multa. E fine a qui, nulla di nuovo. Ma attenzione, perché non tutte le multe sono valide. Affinché tale meccanismo funzioni nel modo corretto è necessario che l’autovelox sia stato approvato ed omologato. A stabilirlo è stata la Corte di Cassazione, rispondendo all’istanza presentata da un automobilista multato per eccesso di velocità dopo la rilevazione da parte di un autovelox non omologato.

Autovelox omologato e approvato

Prima di addentrarci nel caso di specie dell’automobilista multato per rilevazioni effettuate da un autovelox non omologato, è bene comprendere cosa si intenda per approvazione ed omologazione di tali dispositivi. Iniziamo col dire che, secondo quanto più volte sostenuto dal ministero delle Infrastrutture in diversi pareri, le espressioni “omologazione e approvazione” sono da considerarsi equivalenti. Malgrado questa specifica, molte sentenze e ricorsi presentati dagli automobilisti hanno smentito l’interpretazione ministeriale. Ma cosa dice il codice della strada?

Secondo quanto previsto dall’attuale normativa, con omologazione di un autovelox si intende quella procedura che viene eseguita una volta sola prima dell’installazione del dispositivo. Più nello specifico l’omologazione arriva nel momento del rilascio dell’autorizzazione all’utilizzo dell’autovelox. A regolare tale pratica è l’art. 192, secondo comma, del Regolamento di attuazione al codice della strada, secondo il quale l’omologazione viene rilasciata “su richiesta della ditta produttrice dell’autovelox dall’Ispettorato generale per la circolazione e la sicurezza stradale del ministero dei Lavori pubblici e consiste nell’accertamento della corrispondenza ed efficacia dell’autovelox alle prescrizioni stabilite dal regolamento stesso di attuazione al codice della strada”. Una volta ottenuta, l’omologazione dovrà essere depositata presso l’Ispettorato generale per la circolazione e la sicurezza stradale.

A regolare l’approvazione di un autovelox è invece il terzo comma dell’art. 192 del Regolamento di attuazione al codice della strada. Questa viene rilasciata a seguito di un’apposita domanda in carta legale posta in essere dalla ditta produttrice dell’autovelox e presentata all’Ispettorato generale per la circolazione e la sicurezza stradale. Alla richiesta va allegata:

  • una relazione tecnica;
  • le certificazioni rilasciate da enti riconosciuti o laboratori autorizzati che attestano il buon esito di prove messe in atto sul dispositivo,
  • tutti gli elementi di prova idonei a dimostrare l’utilità e l’efficienza del dispositivo.

Viste le due specifiche, è possibile ora definire anche qual è la differenza che intercorre tra omologazione e approvazione di un autovelox. Nel caso della prima pratica esistono delle norme tecniche di riferimento – sia europee che italiane – specifiche per la funzione dell’autovelox, mentre nel caso dell’approvazione non c’è nessun tipo di riferimento normativo.

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Cosa succede se l’autovelox non è omologato

Come si diceva in apertura, la Corte di Cassazione ha dato ragione ad un automobilista che era stato multato per eccesso di velocità da un autovelox non omologato. Entrando più nello specifico tale automobilista era stato ripreso da un autovelox e, subito dopo, fermato e multato per eccesso di velocità da una pattuglia della Polizia locale. Il multato, però, sosteneva che l’apparecchio elettronico utilizzato per la rilevazione fosse stato soltanto approvato e non omologato. Ha per questo deciso di impugnare la multa e rivolgersi al tribunale competente, quello di Alessandria. Secondo i giudici, però, la multa era corretta e il metodo accertamento della velocità era da considerarsi valido. Più nello specifico era stata riconosciuta l’assenza di omologazione dell’autovelox – con la presenza della sola approvazione – ma tale elemento non era stato inteso come sufficiente per considerare invalida la multa. I giudici avevano sostenuto che la liceità della multa derivasse anche dal fatto che la contestazione era stata immediata da parte degli agenti.

L’automobilista multato, però, non si era dato per vinto e aveva fatto ricorso in Cassazione. La Suprema Corte ha ribaltato la decisione del giudice del Tribunale di Alessandria, appellandosi alla sentenza n. 113 del 18 giugno 2015, in cui veniva dichiarata l’illegittimità costituzionale dell’art. 45 comma 6 del codice della strada relativo “all’uniformità della segnaletica, dei mezzi di regolazione e controllo ed omologazioni”. “Nel regolamento – si legge nella sentenza n. 113 del 18 giugno 2015 – sono precisati i segnali, i dispositivi, le apparecchiature e gli altri mezzi tecnici di controllo e regolazione del traffico, nonché quelli atti all’accertamento e al rilevamento automatico delle violazioni alle norme di circolazione, ed i materiali che, per la loro fabbricazione e diffusione, sono soggetti all’approvazione od omologazione da parte del ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti, previo accertamento delle caratteristiche geometriche, fotometriche, funzionali, di idoneità e di quanto altro necessario. Nello stesso regolamento sono precisate altresì le modalità di omologazione e di approvazione”. I due elementi, dunque, devono essere compresenti per la Cassazione e, al venir meno di uno dei due, non è da considerarsi legittima la contestazione mossa nei confronti degli automobilisti. In questa pronuncia, ovvero l’ordinanza n. 8694 del 17 marzo 2022, la Corte di Cassazione ha dunque ribadito quanto già espresso nel 2015 e confermato l’illegittimità costituzionale dell’art. 45, comma 6, del decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285, nella parte in cui si riferisce alle apparecchiature impiegate nell’accertamento delle violazioni dei limiti di velocità. Ne consegue che il giudice di merito ha l’obbligo di accertarsi che la multa per eccesso di velocità sia derivante dalle rilevazioni effettuate da autovelox approvato e omologato, ovvero che sia stato sottoposto alle “verifiche di funzionalità e taratura” prevista dalla sentenza della Cassazione n. 5233 del 2018.

Benché molto specifica, l’ordinanza n. 8694 del 17 marzo 2022 della Suprema Corte rappresenta un elemento di grande rilevanza che impone un intervento da parte del ministero dei Trasporti e delle Infrastrutture sostenibili.

Multe con autovelox, come fare ricorso

Nei casi in cui si sia stati multati per eccesso di velocità a seguito di rilevamenti effettuati da autovelox, e ci siano i presupposti, è possibile presentare ricorso al giudice di pace o al prefetto.

Nel primo caso è necessario rivolgersi al giudice di pace del luogo in cui si è verificata l’infrazione presentando, entro 30 giorni, un ricorso. Quest’ultimo deve essere accompagnato dall’avvenuto pagamento del contributo unificato che è pari:

  • a 43 euro per le sanzioni amministrative fino a 1.100 euro;
  • a 98 euro per le multe con importo compreso tra 1.100 euro e 5.200 euro;
  • a 237 euro per gli importi superiori a 5.200 euro.

Si ricorda che appellarsi al giudice di pace non prevede la necessità di farsi rappresentare da un avvocato, motivo per il quale si potrà agire in maniera autonoma. Il ricorso deve essere presentato tramite raccomandata a/r alla cancelleria del giudice di pace. Qualora la richiesta dovesse essere respinta, la sanzione viene confermata ed è possibile che vengano applicate delle ulteriori somme per il pagamento delle spese processuali.

C’è poi la possibilità di contestare una multa derivante da rilevazioni effettuate da autovelox rivolgendosi al prefetto. Il ricorso andrà in questo caso presentato entro 60 giorni dalla notifica del verbale di contravvenzione tramite raccomandata a/r. Il destinatario può essere il prefetto stesso oppure l’organo accertatore che ha rilasciato il verbale. Nel caso in cui si decida di appellarsi al prefetto è necessario che le motivazioni del ricorso siano evidenti e non interpretabili. Il ricorso si considera accolto se l’automobilista multato non riceve alcuna risposta entro 180 giorni dalla data di invio all’organo accertatore oppure 210 giorni dalla data di invio al prefetto. Qualora, invece, il ricorso dovesse essere respinto, il prefetto stabilisce che la multa venga pagata in maniera piena, con l’automobilista che avrà però la possibilità di rivolgersi al giudice di pace entro 30 giorni dal rigetto. Si ricorda infine che il ricorso al prefetto è gratuito.

Gli interventi del ministero delle Infrastrutture e dei trasporti

Viste le continue contestazioni e le diverse pronunce della Corte di Cassazione, il ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti è chiamato in questa fase storica ad esprimersi in maniera chiara ed univoca per risolvere le diverse controversie. Così come riportato dal Sole24Ore, nella bozza del prossimo decreto Infrastrutture – che è in attesa del varo – è prevista una modifica del codice della strada nelle parti in cui consente la rilevazione da remoto delle infrazioni con apparecchi elettronici. Questi dovranno essere debitamente omologati e non più solo approvati. Servirà, dunque, l’omologazione che, come ampiamente detto, può essere rilasciata solo nel rispetto delle specifiche norme tecniche di riferimento.