L’uso degli erbicidi aumenta dell’85% il rischio melanoma

MELANOMA

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L’uso degli erbicidi è stato trovato associato ad un aumento dell’85% il rischio melanoma, a prescindere dal tipo di esposizione. A lanciare l’allarme è l’Intergruppo Melanoma Italiano (IMI) che ha condotto una meta-analisi su 184.389 persone arruolate in 9 studi indipendenti sul rischio di tumore della pelle. Scopo della ricerca: individuare un possibile collegamento tra il melanoma e l’esposizione ai pesticidi ed indagare l’eventuale classe di pesticidi maggiormente implicati. Visti i preoccupanti dati preliminari emersi, l’Associazione scientifica non-profit lancia un appello al mondo della ricerca sollecitando nuove indagini che valutino in maniera più mirata la correlazione.

I fattori di rischio ambientale

Ad oggi il melanoma ha una incidenza in costante aumento, soprattutto per quanto riguarda quelli sottili, ossia quelli nella prima fase di sviluppo.
“Ma se da un lato le persone si controllano di più, facendo registrare un l’incremento dei casi – spiega il presidente IMI, Ignazio Stanganelli, direttore della Skin Cancer Unit IRCCS IRST Romagna Cancer Institute – i numeri sono comunque troppo elevati per essere spiegati con una maggiore attenzione alla diagnosi precoce e i fattori di rischio ambientale attualmente noti.”

Sostanze cancerogene e melanoma

Lo Iarc (International Agency for Re-search on Cancer) ha stilato una lista di pesticidi che negli anni si sono dimostrati alla base dell’insorgenza di diverse forme di tumori maligni come quelli del sangue, del colon, della prostata. Questo è stato il motivo che ha portato ad analizzare anche il rischio tra tumori della pelle e l’esposizione a pesticidi, insetticidi ed erbicidi. È stata così condotta una revisione delle ricerche scientifiche fino a settembre 2018. Dallo studio, pubblicato su Journal of the European Academy of Dermatology and Venereology (JEADV), è emersa una chiara correlazione tra l’uso di qualsiasi tipo di erbicidi e l’incidenza del melanoma indipendente-mente dal tipo di esposizione.

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“Qualunque uso di erbicidi – sottolinea Sara Gandini, direttrice dell’unità “Molecular and Pharmaco-Epidemiology” dell’Istituto Europeo di Oncologia di Milano – sembra associato ad un aumentato rischio di melanoma cutaneo con un SRR (Summary Relative Risk) di 1.85 indipendentemente dal tipo di esposizione, che corrisponde ad un 85% di rischio in più rispetto a chi non li usa. Questo risulto però andrà confermato da ulteriori studi che tengano presenti di tutte le possibili fonti di distorsione come ad esempio la quantificazione dell’esposizione solare”. Al contrario, non sembra esserci un aumento del rischio di questa forma di tumore della pelle e l’utilizzo di pesticidi o insetticidi. Le categorie più esposte sono agricoltori, vivaisti, appassionati di giardinaggio, tutti coloro che utilizzano questi prodotti per professione o nel tempo libero.

L’interazione con fattori ambientali

“Il meccanismo che conduce a questo tumore maligno altamente aggressivo – continua Stanganelli – non è ancora completamente noto, anche se è molto probabile che l’esposizione ai raggi UV possa associarsi o addirittura potenziare il ruolo di queste sostanze chimiche. Gli agricoltori passano molto tempo all’aperto e l’aumento della temperatura cutanea dovuta alla esposizione al sole potrebbe incrementare ulteriormente l’assorbimento di queste molecole attraverso la pelle. Tra l’altro ancora non è noto come tali sostanze possano venire alterate dall’esposizione ai raggi solari e dalla temperatura e se generano intermedi tossici che inducono il cancro.”

Il ruolo del biossido di titanio

Un altro aspetto da considerare è che alcuni filtri solari, contenenti biossido di titanio o l’ossido di zinco, aumenterebbero l’assorbimento attraverso la pelle del parathion, un insetticida altamente tossico anche per l’uomo. Alla base del meccanismo, ipotizzano gli esperti Imi, potrebbero esserci stress ossidativo, danno del Dna, aberrazione cromosomica e infiammazione cronica, così come avviene per le diverse categorie professionali a contatto con il benzene e suoi derivati, per i lavoratori nelle fabbriche di petrolati, nelle aziende di materiale elettrico o elettronico e i grafici; con la diossina per i lavoratori della carta o con il tricloroetilene per coloro che lavorano nelle industrie di chimica o metalli, personale biomedico. Per queste categorie è già stato riscontrato un aumentato rischio di melanoma cutaneo.

Servono ulteriori studi

Di qui l’auspicio della messa a punto di un sistema di sorveglianza e di prevenzione rivolta ai lavoratori esposti a pesticidi, erbicidi e insetticidi affinché siano posti dei programmi di prevenzione sanitaria, d’informazione professionale e di regolamentazione per l’uso di queste sostanze potenzialmente nocive. “Sono necessari ulteriori studi – conclude Stanganelli – che possano chiarire la correlazione tra fattori ambientali e alcune sostanze chimiche in relazione all’aumento dell’incidenza del melanoma.”