Fetta dopo fetta l’inconfondibile odore di affumicato rischia di trasformarsi in puzza di bruciato. E oltre alla curiosità di capire quali sostanze finiscano nel salame, cresce anche il sospetto che con gli aromi di affumicatura ci portiamo dietro troppi Ipa, gli Idrocarburi policiclici aromatici alcuni dei quali noti cancerogeni, e tramite l’alimentazione degli animali ne aggiungiamo altri oltre a un livello di diossine non proprio rassicurante.
Per capire come stanno le cose nel nuovo numero in edicola del Salvagente abbiamo portato in laboratorio 8 campioni di salame ungherese (da Coop a Simply, da Negroni a Citterio, fino a Beretta, Lidl e altri) analizzando le concentrazioni di metalli pesanti (cadmio e piombo in primis), nitriti, nitrati, Ipa, diossine e Pcb.
Nessuno fuorilegge ma concentrazioni ai limiti
Chiariamolo subito: nessun prodotto ha superato i limiti di legge, laddove previsti, e quindi tutti i campioni sono conformi alla normativa. Tuttavia l’ampia variabilità dei risultati ottenuti, ci consente di fare un ragionamento sulla qualità del prelibato affettato, senza dimenticare che almeno 3 campion riportano concentrazioni elevate di Ipa e nitrati un quarto campione (tutti i nomi pubblicati nel numero in edicola: acquista qui) li raggiunge per quanto riguarda il livello di diossine e Pcb che, seppur nei limiti, è vicino alla soglia di attenzione prevista dalla normativa europea.
Troppi nitriti e tanti nitrati
Il dottor Vincenzo Cagnazzo è il responsabile del laboratorio Re.Chem.An presso il quale abbiamo analizzato gli 8 campioni di salame ungherese: “I risultati mostrano la conformità ai parametri di legge dei prodotti analizzati anche se al loro interno c’è una grande variabilità che testimonia una differenza qualitativa tra i diversi salami. Un dato su tutti, la concentrazione di nitriti: andiamo da un valore minimo di 11 milligrammi per chilo fino a un massimo di 212”. Nel salame esiste un limite alla dose massima aggiunta in fabbricazione convenzionale pari a 150 mg/kg per i nitrati, 100 mg/kg per il nitrito di sodio e 150 per il nitrito di potassio, mentre nel biologico queste soglie sono più severe: entrambi gli additivi non possono superare i 50 mg/kg. Se dovessimo prenderlo ad esempio solo in due casi, pur non essendo campioni biologici, sarebbero in grado di rispettare la severa soglia del bio.
Ipa, tra affumicatura e mangimi
Per quanto riguarda i metalli pesanti la normativa pone una soglia di legge solo per il cadmio e il piombo nella carne senza specificare tra l’altro la tipologia: “Non abbiamo registrato sforamenti rispetto agli obblighi di legge. Però – aggiunge il chimico – bisognerebbe rafforzare e armonizzare la normativa”.
Capitolo a parte è quello meritano gli Ipa, gli Idrocarburi policiclici aromatici, i Pcb e le diossine, tutte sostanze cancerogene. Cominciamo dai primi la cui fonte primaria è senza dubbio l’affumicatura. “Gli Ipa – precisa il dottor Cagnazzo – si liberano come reazione della combustione” e la loro origine può essere tanto l’alimentazione dell’animale quanto gli aromi di affumicatura. “Non dimentichiamoci – aggiunge Cagnazzo – che gli Ipa sono inquinanti organici persistenti (Pops) che si accumulano negli organismi viventi”. Dunque sarebbe meglio starne alla larga.
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Diossine, si sfiorano le soglie di attenzione
Da tenere sotto controllo anche le diossine e i Pcb la cui origine, invece, è essenzialmente legata all’alimentazione animale come ci spiega nelle pagine del lungo servizio il dottor Stefano Raccanelli, tra i maggiori esperti italiani di queste pericolosissime sostanze. Quando si parla di questi contaminanti non bisogna solo concentrarsi sui limiti di legge (rispettati da tutti i prodotti analizzati) ma anche sui livelli di azione – sfiorati da diversi campioni – quelli che impongono monitoraggi pubblici per capire la causa del problema. Tutti i nomi e i risultati lo trovate nel numero in edicola e sulla nostra edicola digitale.