Da oggi è obbligatorio indicare, sull’etichetta del latte e dei derivati (formaggi e burro in primis), l’origine della materia prima. La novità è contenuta in un provvedimento pubblicato in Gazzetta Ufficiale il 19 gennaio scorso. Per le aziende, invece, l’obbligo scatta a luglio: hanno, infatti, tre mesi in più per smaltire i prodotti che sono stati etichettati in base alla “vecchia” normativa.
Il Regolamento europeo 1169/2011 – che dal 13 dicembre 2014 ha rivoluzionato l’etichettatura alimentare e fornito ai consumatori molte più informazioni per poter “capire” meglio il cibo che portano in tavola – dà la possibilità agli Stati membri di chiedere una “deroga” agli obblighi di etichettatura qualora vi sia un interesse dei consumatori a conoscere l’origine della materia prima che caratterizza un alimento. Nel caso dei prodotti lattiero caseari, i consumatori che hanno partecipato alla consultazione pubblica lanciata dal ministero delle Politiche agricole, alimentari e forestali si sono espressi in maggioranza a favore della trasparenza in etichetta.
Più informazioni, più tutele
La novità di aprile riguarda, in particolare, l’Uht e i formaggi non Dop e Igp visto che per il latte fresco (microfiltrato compreso) e i prodotti a denominazione protetta già da anni è obbligatoria l’indicazione di origine con “il riferimento territoriale” dell’allevamento nel quale il latte è stato munto e lavorato. Tra qualche mese, il paese di mungitura, condizionamento e trasformazione della materia prima completeranno le informazioni presenti sulle confezioni di tutti i tipi di prodotti lattiero-caseari.
Latte, mozzarella e non solo
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Una vera e propria rivoluzione in nome della trasparenza che darà ai consumatori la possibilità di scegliere i prodotti che acquistano con maggiore consapevolezza. Il latte a lunga conservazione, la mozzarella e lo stracchino – per far qualche esempio – si aggiungono, così, alla lista dei cibi per i quali è obbligatorio indicare la provenienza della materia prima. Oltre al latte e ai formaggi Dop e Igp, oggi l’indicazione di origine è obbligatoria per il miele, l’olio extravergine di oliva, i prodotti ittici, le uova, le carni (bovina suina, ovi-caprina e di volatili), la passata di pomodoro e l’ortofrutta.
Presto un’etichetta anche per la pasta e il riso
Un elenco che potrebbe allungarsi con un altro prodotto simbolo del made in Italy, la pasta. Il governo italiano, infatti, il 20 dicembre scorso ha notificato a Bruxelles il decreto interministeriale, firmato congiuntamente dal ministro delle Politiche agricole, alimentari e forestali, Maurizio Martina, e da Carlo Calenda, ministro dello Sviluppo economico, che contiene la richiesta alla Commissione europea di introdurre l’obbligo di indicare l’origine del grano e della semola sui pacchi di pasta.
Qualora, come è avvenuto per il latte, giunga l’ok da Bruxelles, all’atto pratico il consumatore troverebbe scritto sulla confezione sia il paese di origine dell’ingrediente primario della pasta, ossia la semola, se coincide con il paese di ultima trasformazione, sia quello di provenienza dell’ingrediente primario della semola, vale a dire l’origine del grano duro. Se l’origine della semola e la provenienza del grano coincidono, si potrà scrivere sulla confezione “grano duro e semola 100%…” seguito dal nome del paese. Nel caso di miscele di varie origini e provenienze, si potranno completare le informazioni con la scritta riferita a “paesi Ue” e “paesi non Ue” come si fa attualmente con altri prodotti. Anche per il riso è in corso un procedimento analogo: la scorsa settimana, infatti, i ministri Martina e Calenda hanno annunciato il decreto per rispondere concretamente alla crisi del settore risicolo.