18 lattine di pelati su 20, tutte quelle in metallo, sono state trovate con bisfenolo A dalle analisi tedesche. Tra queste Cirio, Mutti, Lidl, Aldi. Le aziende giurano di non averlo usato nei contenitori ma il contaminante è in tutte le lattine in metallo
Diciotto lattine su venti. Se non è un preoccupante strike, manca davvero poco. Le analisi appena pubblicate dal mensile dei consumatori tedeschi OekoTest sulle conserve di pomodoro vendute in Germania mostrano chiaramente quale sia l’invadenza del bisfenolo A nei prodotti in scatola che tutti i giorni portiamo in tavola. Anche se farebbe prima a citare le uniche due lattine che dal test emergono senza BpA (i pomodorini pelati La selva e quelli Naturata certificati Demeter), vale la pena scorrere la lista di quelle che hanno mostrato la presenza di bisfenolo, per l’appunto 18 su 20. All’interno di questa lista molte marche che hanno mercato solo in Germania ma anche nomi che in Italia sono assai conosciuti, come Cirio (ad essere analizzati i Pelati bio), i King’s Crown di Aldi, i pelati prodotti da La Doria per Lidl, i Mutti.
Le aziende non sanno spiegare
Molto interessante la reazione delle aziende coinvolte che sono state ovviamente ascoltate da OekoTest. “Tutte assicurano che utilizzano lattine che non prevedono bisfenolo A per lo strato interno. Alcuni ci ha persino fornito dei certificati”, spiegano i colleghi tedeschi. E aggiungono: “Potrebbe essere che la diffusione nell’ambiente di BpA abbia finito per contaminare i pomodori e dunque la fonte non sia la lattina?”. Un dubbio ritenuto improbabile da OekoTest, se non altro perché gli unici due prodotti contenuti in vetro – Naturata e La Selva – non hanno mostrato la presenza di questo contaminante nel prodotto.
Bisfenolo a tavola (ancora)
Resta il fatto, come giustamente scrivono i nostri colleghi tedeschi e come ha dimostrato anche il numero del Salvagente di giugno con la lunga lista di alimenti e di prodotti per la prima infanzia ancora troppo carichi di bisfenolo, che se fosse accolto l’ammonimento dell’Efsa che ha chiesto di abbassare di 20mila volte la dose giornaliera tollerabile, molti prodotti industriali supererebbero il tetto di sicurezza.
Rischi sempre più evidenti
Va detto che alla base delle nuove conclusioni dell’Efsa ci sono decenni di ricerche sul bisfenolo A. È quanto ha spiegato il presidente del gruppo di esperti scientifici dell’Efsa sui materiali a contatto con gli alimenti, gli enzimi e i coadiuvanti tecnologici, il dottor Claude Lambré, che ha dichiarato: “I nostri scienziati hanno esaminato la sicurezza del Bpa in modo molto dettagliato nel corso degli anni dalla nostra prima valutazione completa del rischio della sostanza nel 2006. Per questa rivalutazione, abbiamo esaminato una vasta quantità di pubblicazioni scientifiche, inclusi oltre 800 nuovi studi pubblicati da gennaio 2013. Questo ci ha permesso di affrontare importanti incertezze sulla tossicità del Bpa”.
E i risultati non hanno tranquillizzato per nulla l’Agenzia Ue: “Negli studi, abbiamo osservato un aumento della percentuale di un tipo di globuli bianchi, chiamato T helper, nella milza. Svolgono un ruolo chiave nei nostri meccanismi immunitari cellulari e un aumento di questo tipo potrebbe portare allo sviluppo di infiammazioni polmonari allergiche e malattie autoimmuni”, ha affermato Claude Lambré.
Ancora più chiare le conclusioni del progetto europeo Human Biomonitoring Initiative, all’interno del quale autorità pubbliche e ricercatori collaborano per valutare l’impatto delle sostanze chimiche sulla nostra salute, che ha stilato un elenco impressionante dei comprovati effetti tossici. Può favorire aborti spontanei, si legge, basso peso alla nascita, disfunzioni sessuali e riproduttive, tumori al seno e alla prostata, alterazioni del sistema immunitario, obesità, diabete, malattie cardiovascolari e ritardi cognitivi e problemi comportamentali nei bambini.
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