La brasiliana Jbs (dopo Rigamonti) fa shopping in Italia e compra King’s e Principe

JBS KING'S PRINCIPE

Mentre si chiudono le frontiere europee alla carne brasiliana ottenuta da allevamenti causa di deforestazione dell’Amazzonia, il colosso delle carni brasiliane fa acquisti proprio in Italia.

E non compra piccole aziende del made in Italy, ma nomi storici delle nostre Dop.

A finire nelle tasche della Jbs, leader mondiale delle carni brasiliane, è stato il King’s group con un accordo da 82 milioni di euro.

King’s Group, tramite i marchi King’s e Principe, è presente in più di 20 paesi ed è leader di mercato nella produzione del Prosciutto di San Daniele D.O.P. È anche “un player importante”, ha affermato Jbs nella produzione del Prosciutto di Parma D.O.P. Il gruppo produce anche specialità come GranSpeck e Prosciutto Veneto D.O.P.

L’acquisto sarà effettuato dalla filiale locale di Jbs Rigamonti, uno dei leader nella produzione di bresaole (prodotte, tra l’altro, con la carne di zebù brasiliana) e porterà nella disponibilità del big brasiliano quattro siti produttivi in ​​Italia: due in provincia di Parma, uno a Vicenza e il quarto a Udine.

Non conosci il Salvagente? Scarica GRATIS il numero con l'inchiesta sull'olio extravergine cliccando sul pulsante qui in basso e scopri cosa significa avere accesso a un’informazione davvero libera e indipendente

Sì! Voglio scaricare gratis il numero di giugno 2023

Non solo. Jbs ha acquisito anche l’intera attività di Principe negli Stati Uniti, che comprende uno stabilimento dedicato all’affettatura e al taglio di parti nel New Jersey.

L’acquisizione dei due storici marchi italiani, commentano gli analisti, dà a Jbs una struttura per la produzione e distribuzione di autentiche specialità italiane con certificazione di origine. L’obiettivo è l’espansione di Jbs in Europa e negli Stati Uniti, dove sta costruendo un nuovo stabilimento per la produzione di carni e salumi italiani, la cui apertura è prevista per il 2022.

Se sui due marchi italiani c’è poco da dire – almeno ai consumatori italiani, che li conoscono bene – qualche parola va spesa, invece, sulle recenti traversie della Jbs, finita al centro delle cronache prima con lo scandalo “Carne fraca”, una immensa attività di adulterazione che prevedeva l’uso di prodotti chimici per il “maquillage” della carne scaduta compresi acidi non permessi per l’uso alimentare e un sistema di tangenti che ha fatto tremare il governo Temer in Brasile. Non solo, nei tranci di bovino brasiliano era iniettata acqua per farli aumentare di peso.
In qualche caso a essere adulterata era anche la carne di pollo, alla quale veniva aggiunta della carta e le salsicce nelle quali era aggiunta fraudolentemente la carne della testa di maiale.

Come non bastasse lo scorso anno è arrivata l’ennesima accusa al big della carne carioca di favorire la deforestazione in Amazzonia. Le accuse sono arrivate dal quotidiano inglese The Guardian che ha condotto un’inchiesta insieme a Réporter Brasil, e the Bureau of Investigative Journalism: “Nuove prove sembrano collegare Jbs, la più grande azienda di carne del mondo, al bestiame fornito da una fattoria dell’Amazzonia brasiliana che è sanzionato per deforestazione illegale”.

Il giornale scriveva: “Jbs e le altre principali aziende di carne bovina Minerva e Marfrig affermano che, sebbene seguano da vicino i loro fornitori diretti – le aziende agricole che forniscono direttamente i macelli – non possono essere certi che non vi sia deforestazione nella catena di approvvigionamento perché non possono monitorare i fornitori indiretti”. Ma un’indagine congiunta ha scoperto le fotografie scattate da un camionista Jbs la scorsa estate che sembrano mostrarlo mentre trasportava bestiame da una fattoria con terreno sotto embargo dopo una multa per deforestazione, a una fattoria “pulita” che vendeva poi bestiame a Jbs. La multinazionale, ovviamente, ha contestato le accuse, ma “le prove sollevano seri interrogativi sul controllo da parte di Jbs della propria complessa catena di approvvigionamento, in un momento in cui il governo brasiliano è stato incaricato dagli investitori internazionali di aumentare la deforestazione e gli incendi”.

Insomma, non proprio un’azienda con un’immagine specchiata a cui affidare marchi prestigiosi come quelli del made in Italy.