Il ministero dell’Agricoltura vuole dichiarare irregolare un alimento biologico qualora contenga pesticidi al di sotto di 0,01 mg/kg, ovvero quando la contaminazione è accidentale. La stessa presenza però viene tollerata nei prodotti da agricoltura integrata, finanziati dai fondi europei. Un colpo fatale al bio e un regalo alle produzioni convenzionali
La ghigliottina è contenuta nella bozza di decreto ministeriale che il ministero dell’Agricoltura si appresta a varare nelle prossime settimane: tolleranza zero per i pesticidi nei cibi biologici anche quando la concentrazione è al di sotto della quantificazione analitica (0,01 mg/kg), ovvero sotto lo “zero tecnico”, cioè anche quando è chiara la contaminazione accidentale, ovvero legata ad esempio alla vicinanza di coltivazioni convenzionali trattate con i pesticidi. A queste concentrazioni il prodotto viene posto in “quarantena” e il certificatore deve approfondire le cause – qualora risulti solo una molecola – mentre scatta l’irregolarità in presenza di più di un principio attivo, sempre sotto lo 0,01 mg/kg.
Il paradosso? La stessa concentrazione viene tollerata nei prodotti da agricoltura integrata, finanziata dai fondi europei, e nei prodotti cosiddetti a “residuo zero”, dove sono ammessi i trattamenti basta che al momento della raccolta le tracce siano sotto lo 0,01.
Una vera e propria discriminazione che penalizza un settore, quello del biologico, che, nonostante la crisi economica, è in continua crescita: nel 2023 le vendite alimentari bio nel mercato interno hanno raggiunto quasi i 5,4 miliardi di euro e le vendite rispetto al 2022 sono aumentate del 5% nei supermercati e del 4,5 nei negozi specializzati. Numeri che cominciano a infastidire i coltivatori di cibi convenzionali e le loro organizzazioni di categoria.
Il decreto 148 e il giro di vite
Un primo colpo al settore è contenuto nel decreto legislativo 148 del 2023 i cui effetti li avevamo denunciati nel marzo scorso mentre quello che rischia di essere fatale per il biologico è contenuto nella bozza di decreto ministeriale, noto come “decreto contaminazioni“, “da emanare entro 12 mesi dall’entrata in vigore del 148” che stabilisce “disposizioni per l’adozione di misure opportune per evitare la presenza involontaria di sostanze non ammesse nella produzione biologica “.
Gli effetti li ha ben descritti Fabrizio Piva su Greenplanet: “In pratica per il biologico viene introdotto il concetto di “tolleranza zero” in quanto in presenza di più di un residuo (ciascuno < 0,01 ppm) di sostanze non ammesse l’integrità del prodotto biologico è sempre compromessa; se, invece, la presenza (< 0,01 ppm) si riferisce ad una sola sostanza attiva l’organismo di certificazione attiva un’indagine ufficiale e qualora la fonte e la causa sono state individuate e sono da considerarsi accidentali e tecnicamente inevitabili il prodotto può essere considerato biologico”.
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La manina di Coldiretti & co.
Roberto Pinton, esperto di diritto alimentare e di agricoltura biologica, ha addirittura segnalato l’anticostituzionalità della bozza del decreto alla Presidenza della Repubblica: “Come ci si attendeva, il Quirinale ha inviato per competenza le osservazioni al ministero dell’Agricoltura: anche se i decreti ministeriali non ricadono nelle prerogative del Presidente della Repubblica, ma contavamo sulla sua moral suasion”. Dal ministero per ora nessuna risposta: “Questo decreto è stato scritto con la condivisione delle grandi organizzazioni dell’agricoltura convenzionale, come Coldiretti, che vogliono il biologico come una piccola nicchia destinata alle aree marginali, i cui prodotti si vendano nei mercatini, meglio se quelli di Campagna Amica. Le condizioni dell’ambiente e il livello di contaminazione delle acque pretendono invece un drastico taglio dell’uso di pesticidi. D’altra parte crescono in Italia la superficie a biologico, la domanda dei consumatori, le vendite e lo spazio negli scaffali dei supermercati, il che dà ormai fastidio comincia a dar fastidio a chi sui pesticidi basa il suo business”.
Pinton mette in evidenza le contraddizioni della bozza di decreto e scorge una volontà punitiva del bio: “I regolamenti europei non stabiliscono una soglia numerica: si chiarisce che il coltivatore biologico deve impegnarsi al massimo per evitare le contaminazioni accidentali, come quelle da deriva (il vento trasporta i pesticidi anche a chilometri di distanza, ndr). Nelle volontà del ministero invece bastano tracce nemmeno misurabili, inferiori a 0,01 mg/kg, per bloccare il prodotto. Poco male se si tratta di grano o di ceci, un disastro se si tratta di insalata o di fragole. E se dall’indagine tutto risulta regolare, nessuno indennizza che ha dovuto distruggere quintali di prodotto del tutto conforme “.
La stessa severità però non è contemplata nella produzione integrata dove nelle “Linee guida nazionali di produzione integrata delle colture: sezione difesa fitosanitaria e controllo delle infestanti” dettate dal ministero dell’Agricoltura: “Al capitolo 9 ‘Contaminazioni accidentali’ – prosegue Pinton – si stabilisce: “La presenza di sostanze attive contenute nei prodotti fitosanitari non autorizzati o non ammessi dai disciplinari, si classifica come contaminazione accidentale, qualora riscontrata in quantità uguale o inferiore al limite di 0,01 mg/kg. Se questo vale per il convenzionale e per il cibo da lotta integrata perché non deve valere per il biologico?”.
Scorge una volontà punitiva anche Franco Ferroni responsabile Agricoltura di Wwf: “Nella bozza circolata del decreto c’è una sorta di presunzione di colpevolezza del coltivatore biologico: deve lui dimostrare la sua innocenza quando nessuno si preoccupa di far rispettare le distanze di sicurezza tra un terreno biologico e uno a coltivazione convenzionale”. Una doppia condanna per Ferroni: “Gli agricoltori bio non sono tutelati dalla contaminazione accidentale e però se c’è una presenza sotto lo 0,01 mg/kg è l’agricoltore bio a pagarne le conseguenze, anche con multe salatissime“.
Il nostro giornale più volte nel corso degli anni ha rinvenuto tracce di pesticidi non ammessi nel biologico, in concentrazioni al di sotto della quantificazione analitica e sempre ci siamo confrontati con il produttore convinti che, presenze infinitesimali, non siano il segno di un trattamento voluto ma di un inquinamento “ambientale”. E di sicuro la nostra severità nei giudizi non può essere messa in discussione. C’è chi forse è più severo di noi ma in maniera “stranamente” selettiva: lasciando che le coltivazioni tradizionali possano continuare a contaminare anche quelle biologiche e non rivedendo mai al ribasso i limiti per i pesticidi nel cibo convenzionale.
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