Sucralosio: cos’è e dove si trova

SUCRALOSIO

Il sucralosio è un dolcificante artificiale protagonista di messaggi ingannevoli. Viene spesso mescolato con altre sostanze dai produttori dell’industria alimentare, con conseguenze ancora più gravi per la salute umana. Come dimostra l’ultimo studio sugli effetti genotossici di questo dolcificante

Nella galassia dei dolcificanti artificiali ce n’è uno dagli effetti controversi e da sempre dibattuti, continuamente oggetto di studi e revisioni. Il sucralosio, anni fa commercializzato negli Stati Uniti come “dolcificante senza calorie”, in realtà ne contiene 96 per tazza. Ma la questione, come vedremo, è ben più complessa dei semplici numeri.

Cominciamo innanzitutto a ricordare gli studi sugli effetti di questo dolcificante sulla salute umana. L’ultimo in ordine di tempo, condotto dalla North Carolina State University, che ha messo in evidenza come una sostanza chimica formata quando digeriamo il dolcificante sucralosio, è genotossica, e può danneggiare il Dna. La sostanza chimica si trova anche in tracce nel dolcificante stesso e la scoperta solleva interrogativi su come il dolcificante possa contribuire a problemi di salute.

Oltre agli effetti di questi edulcoranti, l’interrogativo ruota sempre attorno all’utilità e alla necessità di consumare prodotti cosiddetti “zero zuccheri”, “light” o “sugar free”, anche perché l’industria alimentare fa largo impiego di queste sostanze elaborate e mescolate. Il nome in codice E 955 (lo ritroviamo in etichetta sotto questa sigla) come vedremo non fa eccezione.

Cos’è il sucralosio?

Noto come dolcificante artificiale privo di calorie, e derivato dal saccarosio, nei laboratori chimici appare come una molecola 650 volte più dolce rispetto allo zucchero tradizionale.

È stato scoperto nel 1976 da Leslie Hough e da un giovane chimico indiano, Shashikant Phadnis, scienziati del Tate & Lyle, in collaborazione con i ricercatori dall’allora Queen Elizabeth College di Londra.

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Nei decenni è passato sotto la lente di numerosi ricercatori, diventando protagonista anche di pesanti accusi per gli effetti controversi sulla salute umana, ma soprattutto per il largo utilizzo nella produzione di alimenti già di per sé poco sani.

Nel frattempo è stato approvato, prima nel 1991, in Canada, con il nome commerciale Splenda. Successivamente, nel 1993, ha ricevuto il nulla osta anche in Australia, in Nuova Zelanda nel 1996, negli Usa nel 1998, nell’Unione europea nel 2004. Nel 2006 ha superato i confini di più di 60 paesi, incluso Brasile, Cina, India e Giappone.

 

Dove si trova il sucralosio

Il vero successo di questa sostanza è soprattutto nell’industria alimentare: ne vanno ghiotti i produttori di dolciumi, merendine, bevande analcoliche.

Noi consumatori possiamo riconoscerlo in etichetta, sotto la sigla E 955.

I nutrizionisti esperti dell’Irccs Humanitas ricordano che è presente nei sostituti dello zucchero, in alcune bibite gassate, nelle gomme da masticare, nei cereali per la prima colazione e nelle salse da condimento.

Si troverebbe in più di 4mila prodotti alimentari, anche in combinazione con altri dolcificanti artificiali come l’aspartame, l’acesulfame potassico o lo sciroppo di mais ad alto tenore di fruttosio.

All’estero viene mescolato anche con maltodestrine e destrosio come agenti di massa (entrambe prodotte dal grano), e venduto internazionalmente dalla McNeil Nutritionals con il marchio Splenda.

Negli Stati Uniti è facile trovarlo sui tavoli dei ristoranti e sui banconi dei bar, accanto alla saccarina e all’aspartame.

Non manca in molte ricette rivolte a persone diabetiche o che non possono assumere lo zucchero tradizionale.

Il “dolce inganno” di cibi e bevande “light”

Per rispondere ai numerosi interrogativi sui suoi effetti bisognerebbe ripercorrere i tanti studi che ne assolvono alcune funzioni e lo accusano per altri aspetti. Restando nei confini dell’Unione europea, l’Efsa (Autorità europea per la sicurezza alimentare) ha approvato il messaggio pubblicitario per i prodotti secondo cui il consumo di cibi o bevande contenenti sucralosio in sostituzione dello zucchero contribuisce al mantenimento della mineralizzazione dei denti riducendo la loro demineralizzazione. Ma, attenzione: per poter utilizzare questo claim è necessario che le quantità di sostanza aggiunta a cibi e bevande siano tali da non ridurre il pH della placca al di sotto di 5,7, sia durante che nei 30 minuti successivi al loro consumo.

Inoltre, secondo l’Efsa i cibi e le bevande che lo utilizzano come alternativa agli zuccheri, inducono un minore aumento del glucosio nel sangue dopo il loro consumo. Aiuterebbe dunque a ridurre la risposta glicemica post-prandiale. Ma anche in questo caso è necessario che le quantità aggiunte siano limitate.

Le autorità di Bruxelles hanno fissato una dose giornaliera accettabile pari a 15 mg per kg di peso corporeo. Una quantità piccola rispetto al largo utilizzo che ne fa buona parte dell’industria alimentare. Senza contare che viene spesso addizionato con polveri da taglio e altri dolcificanti in modo da ottenere un prodotto che abbia, a parità di potere dolcificante, all’incirca lo stesso volume e la stessa consistenza dello zucchero. Questo perché è almeno 600 volte più dolce dello zucchero da tavola.

Bisogna anche considerare che in forma di prodotto puro e asciutto è meno stabile alle alte temperature di quanto non sia in miscuglio o in soluzione con le maltodestrine. Si tenta così di diluire il suo grande potere dolcificante, con il risultato che il prodotto finale contiene più calorie rispetto ad un prodotto cui è stato aggiunto solo sucralosio.

 

Fa bene o fa male?

In anni recenti è tornato sotto accusa numerose volte, soprattutto per via dei messaggi ingannevoli rivolti ai consumatori. Per esempio, nel 2018 è stato detto erroneamente che non metabolizza e non bioaccumula nel nostro organismo.

In quel periodo in Italia si discuteva dell’introduzione di una sugar tax che, come sosteneva già all’epoca il professor Alberto Ritieni a il Salvagente, finirebbe con il premiare proprio i prodotti che contengono dolcificanti artificiali. Insomma, una pezza peggiore del buco.

Nel 2019 torna di nuovo il sospetto che, se riscaldato a temperature comprese tra 120 e 250 gradi, possa generare alcuni composti organici clorurati potenzialmente pericolosi per la salute dei consumatori. Tali composti comprendono dibenzo-p-diossine policlorurate (Pcdd), dibenzofurani (Pcdf) o cloropropanoli. A sostenerlo all’epoca è l’Istituto federale tedesco per la valutazione del rischio (Bfr).

In realtà, era più di un sospetto già nel 2016, tre anni prima, per il professor Morando Soffritti dell’Istituto Ramazzini, secondo cui più alta è la concentrazione di sucralosio consumato, maggiore è la probabilità di sviluppare la leucemia e tumori maligni.

Soffritti è stato il primo a evidenziarne pericoli per la salute umana, subendo anche un’avversione da parte del mondo regolatorio e dai produttori dei soft drink. Facile intuirne i motivi; lo scienziato, assieme al suo istituto, aveva prodotto gli unici studi indipendenti sugli edulcoranti, mettendo sotto accusa prima l’aspartame, poi il sucralosio. In quel momento gli unici dati sugli effetti a lungo termine degli edulcoranti erano quelli delle industrie produttrici.

 

Cosa fare allora?

Partiamo dalla considerazione che le bevande dietetiche non possono essere considerate un rimedio all’abuso di calorie o di zuccheri. “Al contrario – osservava l’esperto – lasciando masticare ai nostri figli caramelle, chewing gum “senza zuccheri” ma con edulcoranti e mettendo nei loro bicchieri bibite “light”, il primo effetto è proprio quello di favorire l’obesità”.

Le osservazioni di Soffritti però andavano ben oltre il mero consumo. Egli sosteneva che bisognasse “promuovere una campagna educativa sui bambini e sulle famiglie. Soprattutto sugli effetti a lungo termine, legati al cumulo di un rischio che inizia addirittura in età prenatale. E regolamentare bevande, chewing gum e farmaci per bambini che contengono questi additivi”.

Morando Soffritti escludeva già allora che la sugar tax potesse risolvere il problema. “Ci abbiamo provato con alcol e fumo senza successo. E i consumi sono scesi solo quando nei consumatori è penetrata la convinzione che questi prodotti facevano male. Una tassa sugli zuccheri potrebbe incrementare proprio l’uso di edulcoranti (cosa in parte accaduta, ndr), spostando i rischi dall’obesità agli effetti a lungo termine che abbiamo documentato. E non sarebbe una conquista per nessuno. Meglio l’educazione verso le famiglie, unita, ovviamente, all’aggiornamento delle norme. In base alle evidenze”.

 

Cibi e bevande “light” non sono la soluzione. Ecco cosa fare

Il Crea (Consiglio per la ricerca in agricoltura e l’analisi dell’economia agraria) e il ministero della Salute offrono già da tempo alcune linee guida comportamentali per evitare rischi legati al loro consumo. L’assunzione troppo elevata può portare a un regime dietetico squilibrato e/o eccessivo sotto il profilo energetico, tale da facilitare l’eventuale comparsa di alcune patologie. Rischi che si possono evitare con una dieta equilibrata (come la dieta mediterranea) accompagnata a una adeguata attività fisica.

Ecco, in sintesi come bisognerebbe comportarsi:

·        Moderare il consumo di alimenti e bevande dolci nella giornata, per non superare la quantità di zuccheri consentita;

·        Tra i dolci meglio preferire i prodotti da forno della tradizione italiana, che contengono meno grasso e zucchero e più amido, come ad esempio biscotti, torte non farcite, ecc.;

·        Utilizzare in quantità controllata i prodotti dolci da spalmare sul pane o sulle fette biscottate (quali marmellate, confetture di frutta, miele e creme);

·        Limitare il consumo di prodotti che contengono molto saccarosio, e specialmente di quelli che si attaccano ai denti, come caramelle morbide, torroni, ecc.;

·        Lavare sempre denti dopo il loro consumo;

·        Leggere sull’etichetta il tipo di edulcorante usato e le avvertenze da seguire, anche l’etichettatura su alimenti e bevande dolci ipocalorici dolcificati con edulcoranti sostitutivi.