Il gruppo di consumatori americano US Right to Know ha inviato oggi una lettera alla Federal Trade Commission (FTC), chiedendo di indagare se le società che producono o vendono il dolcificante artificiale sucralosio fanno pubblicità e marketing ingannevole, sostenendo che non metabolizza né bioaccumula. Insomma, si ritorna a parlare di sucralosio proprio nel momento in cui anche in Italia si parla dell’introduzione di una sugar tax che, come ha scritto il prof.Ritieni, finirebbe con il premiare i prodotti che contengono dolcificanti artificiali..
Il sucralosio è un dolcificante artificiale contenuto in moltissimi alimenti e bevande come la Coca Cola Stevia.
La sua sicurezza è molto controversa. Nel 2016 uno studio di Morando Sofritti dell’istituto Ramazzini di Bologna, concludeva sostenendo che può provocare il cancro. Diverso il parere dell’Efsa che nel 2017 ha assolto con formula piena il dolcificante seppur tra mille polemiche circa l’indipendenza di quella valutazione. Oggi le nuove accuse da parte dell’associazione americana che per formulare la sua accusa utilizza le prove pubblicate sul Journal of Toxicology and Environmental Health secondo cui “il sucralosio metabolizza e bioaccumula nei ratti”. Queste affermazioni contraddicono i materiali pubblicitari utilizzati per reclamizzare il sucralosio e i prodotti che lo contengono.
“Le aziende alimentari ingannano i consumatori dicendo loro che il sucralosio non metabolizza né bioaccumula?” ha commentato Gary Ruskin, co-direttore del gruppo di consumatori e salute pubblica degli Stati Uniti. “È quello che chiediamo alla Federal Trade Commission di capire.”
Il sito Web di Tate & Lyle sucralose.com afferma che “il sucralosio SPLENDA® non è riconosciuto dal corpo come un carboidrato e non è metabolizzato dall’organismo”. Il sito Web di Coca-Cola afferma che “la piccola quantità di sucralosio assorbito non viene metabolizzata, ma è rapidamente eliminato nelle urine come sucralosio. Il sucralosio non si accumula nel corpo”. Queste affermazioni e altre sembrano essere contraddette dallo studio del Journal of Toxicology and Environmental Health.
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