Cocciniglia: il colorante alimentare naturale che viene dagli insetti

COCCINIGLIA COLORANTE

Dalla cocciniglia si ottiene il colorante naturale rosso. Il problema è che occorrono 100mila insetti per 1 kg di sostanza e i costi di produzione sono elevati. Anche per questo l’industria alimentare preferisce gli additivi sintetici, che possono essere nocivi

A maggio del 2021 la Commissione europea ha dato il nulla osta al primo “Novel Food” a base di insetti commestibili. La prima specie autorizzata dall’Unione europea è stata la tarma della farina, in gergo Tenebrio molitor. Oggi la farina di grillo sta diventando protagonista anche delle nostre tavole.

Gli insetti sono il cibo del futuro, azzardano le previsioni, e potranno contrastare la fame e la siccità nel mondo. Eppure quelli che agli occhi meno scrupolosi appaiono come piccoli parassiti, erano già funzionali da tempo nel campo dell’industria alimentare e anche della tradizione culinaria nel mondo occidentale. Basti pensare alla cocciniglia utilizzata come colorante alimentare. Un additivo ricavato dall’omonimo insetto e appartenente alla famiglia della coccoidea. In questo caso specifico i coloranti sono estratti dalle femmine della specie Dactylopius, Dactylopius coccus e della specie Kermes vermilio. L’acido carminico, che è la molecola colorata, può essere ricavato anche da batteri modificati e utilizzati nei processi produttivi della catena alimentare.

Cos’è la cocciniglia

Esistono ben 7mila specie di questo insetto che secerne un liquido molto denso e intensamente colorato. Il prezioso colorante trae origine naturale dal suo involucro che la cocciniglia utilizza per proteggersi dai predatori.

L’industria alimentare è arrivata dove l’agricoltura non è riuscita, poiché questo parassita rappresenta uno dei raggruppamenti sistematici più dannosi per le colture. Se da un lato decolora (e distrugge) le piante, d’altro canto proprio il suo “colore” è utile nella produzione alimentare come additivo naturale.

Nonostante siano insetti piuttosto piccoli e dotati di un potenziale riproduttivo sostanzialmente inferiore a quello di altri fitofagi come gli afidi, i ditteri tefritidi o gli acari, diverse specie di questi minuscoli animaletti possono facilmente essere responsabili di infestazioni di gravità tale da causare perdite considerevoli di prodotto. I motivi della pericolosità di questi rincoti, similmente a quelli degli afidi, sono diversi. In particolare:

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·        Si diffondono facilmente

Le piccole dimensioni e l’immobilità facilitano la diffusione passiva con il semplice trasporto di piante e di materiale di propagazione. Molte specie, originariamente localizzate in aree circoscritte del pianeta, sono diventate oggi cosmopolite a causa degli scambi commerciali fra le nazioni. Molte cocciniglie, infatti, sfuggono facilmente alle ispezioni a causa del loro aspetto e delle loro dimensioni;

·        Sono polifagi

Gli insetti polifagi attaccano varie parti di pianta (foglie, germogli, rami legnosi, frutti). Hanno pertanto una spiccata capacità di adattarsi a condizioni ambientali differenti;

·        Sono resistenti

A fronte della elevata mortalità giovanile, causata soprattutto da fattori ambientali abiotici, manifestano una spiccata resistenza alle avversità ambientali in virtù delle secrezioni protettive. Questa resistenza si manifesta anche nei confronti di molti insetticidi, in particolare quelli attivi per contatto, che hanno una scarsa efficacia su insetti protetti da follicoli e secrezioni cerose abbondanti. Lo stadio di massima vulnerabilità, rappresentato dalle neanidi mobili, ha una durata troppo breve affinché la mortalità giovanile possa incidere sulla dinamica di popolazione;

·        Progrediscono

Le popolazioni di questi insetti, pur non avendo ritmi di crescita esponenziale paragonabili a quelli di altri pericolosi fitofagi, hanno nel complesso la proprietà di progredire in modo costante fino a raggiungere infestazioni di difficile controllo se non vengono efficacemente contrastate.

I pericoli per l’agricoltura

I danni diretti provocati dalle cocciniglie sono di due tipi e sono correlati al grado d’infestazione:

·        Danno quantitativo

Si manifesta con un deperimento generale che porta alla decurtazione della resa, sono dovuti alla sottrazione della linfa e agli effetti fitotossici della saliva immessa con l’apparato boccale. Raramente si ha trasmissione di virosi come avviene invece per molti altri omotteri;

·        Danno qualitativo (decolora piante e frutti)

Consistono nel deprezzamento commerciale del prodotto (per lo più frutti e piante ornamentali) dovuto alle decolorazioni provocate dalle punture. Ad eccezione dei diaspini, sono responsabili anche dei danni provocati dalla melata: l’imbrattamento dei prodotti con la melata e l’eventuale sviluppo della fumaggine (parliamo qui dei funghi microscopici di colore nero che si sviluppano sulla superficie delle foglie o dei frutti nutrendosi della melata) causa un deprezzamento commerciale, ma soprattutto riduce la capacità fotosintetica della pianta a scapito della sua potenzialità produttiva.

Di cosa è fatto il colorante cocciniglia

Dunque, da decolorare le colture, diventa un ottimo “colorante” come additivo alimentare. Diverse specie, appartenenti soprattutto ai generi Kermes e Dactylopius, erano infatti già sfruttate in passato per l’estrazione di alcuni coloranti, in particolare il rosso carminio e rosso vermiglio, utilizzati fin dall’antichità per tingere stoffe e altri manufatti.

Questi impieghi hanno oggi perso importanza in quanto i coloranti estratti dalle cocciniglie sono stati soppiantati dai pigmenti sintetici.

Le cocciniglie del carminio venivano essiccate per produrre l’alchermes, uno dei liquori comunemente usati in pasticceria, che deve il suo nome proprio all’etimologia araba “al-kirmiz” che significa, appunto, “cocciniglia“, ed è un prodotto tradizionale antico. In passato il liquore era colorato usando il grana di Kermes, un colorante naturale estratto dalla specie Kermes vermilio (Vermiglio della Quercia).

Oggi, invece, la colorazione del liquore può anche essere ottenuta con coloranti di origine sintetica, riconoscibili in etichetta con le sigle E122 – E124 – E132, obbligatoriamente elencati come additivi alimentari con la relativa sigla europea.

Dove si trova la cocciniglia

Ai giorni nostri viene utilizzata per produrre una parte dei coloranti rossi utilizzati nell’industria alimentare, che devono essere ripotati in etichetta come additivo alimentare E120. Nella complessità della lavorazione si tratta di un sale di alluminio dell’acido carminico.

Oltre al liquore alchermes dal tipico colore cremisi, prima dell’avvento dei coloranti azoici veniva impiegata per realizzare i prodotti rossi di pasticceria e molte altre bevande rosse come aperitivi, bitter, vermut e bevande gassate.

Inoltre è tuttora sfruttata per l’estrazione della gommalacca. La Kerria lacca, infatti, viene ricavata dalle abbondanti secrezioni laccifere.

In misura minore il colorante ricavato dall’insetto viene utilizzato anche per realizzare la tintura dei tessuti.

Per produrre un solo chilogrammo di colorante occorrono ben 80-100mila insetti. Una volta ottenuta la polvere, macinando l’esoscheletro degli insetti, questa viene trattata con acqua calda per ricavarne l’acido carminico, la sostanza additiva.

Altrettanto elevati tuttavia sono i costi di produzione. “Il suo alto costo ha spinto nel creare dei coloranti identici da usare per caramelle o prodotti dolciari”, osserva il professor Alberto Ritieni, tanto che, ultimamente, la cocciniglia viene spesso sostituita da coloranti o miscele di coloranti di origine sintetica come appunto l’E122 – E124 – E132. Sigle che ritroviamo nei prodotti alimentari commerciali.

Una specie (la Dactylopius indicus) è ancora più pregiata, e indispensabile, infatti in Australia all’inizio del Novecento fu impiegata con successo, insieme alla Cactoblastis cactorum (Lepidoptera), per combattere le infestazioni di Opuntia che si diffusero su oltre 20 milioni di ettari.

Il problema dei coloranti sintetici

Oltre a sostituire i coloranti naturali con quelli sintetici, negli ultimi anni si sono moltiplicati anche i richiami delle autorità dovuti all’indiscriminato utilizzo di questi ultimi. A cominciare dai confetti rossi alle mandorle con livelli di additivo E124 superiore al limite di legge, nel 2020 ritirati da alcune grandi catene di distribuzione.

È vero però che gli additivi sintetici utilizzati in larga misura, o quelli nocivi, sono noti e identificabili in etichetta. Il professor Ritieni ha affrontato spesso il tema attraverso la rubrica “Miti Alimentari” de il Salvagente. Ad esempio, la tartrazina è causa di problemi allergici a chi già soffre di intolleranza all’aspirina oppure è asmatico perché tende a liberare le istamine, ma produce anche mal di testa o prurito. L’accusa più forte che le viene mossa è la sua alleanza con il comune conservante acido benzoico (E210): se sono presenti nello stesso alimento producono maggiore iperattività nei più piccoli e per questo è proibita in Norvegia e Austria come colorante.

Altri effetti da evitare sono le reazioni allergiche dell’amaranto E123 che si trova fortunatamente solo nel caviale oppure il blu brillante E133 che spesso si abbina alla tartrazina nei piselli o nelle caramelle.

Non sempre l’occhio vuole la sua parte

“La conclusione che possiamo trarre – fa notare l’esperto – viene come spesso suggerita dai detti popolari per cui “chi bello vuole apparire qualche pena deve soffrire”. In altre parole, se riteniamo che l’aspetto estetico, il richiamo per gli occhi, la necessità di confermare che stiamo per mangiare quello che pensiamo, allora dobbiamo mettere talvolta sull’altro piatto della bilancia un pericolo in più e magari un piccolo aumento del rischio. Chiediamoci però, se possiamo decidere di aumentare i rischi per noi stessi, possiamo accettare di farlo a cuor leggero per i più piccoli che si affidano al nostro raziocinio?”.

Allora meglio i coloranti naturali

Non dobbiamo necessariamente demonizzare l’immagine. Laddove è possibile, una strada può essere quella dell’utilizzo di coloranti naturali. Ecco le principali cromature associate agli ingredienti disponibili in natura, anche da realizzare in casa.

·        Come ottenere il rosso

Cominciamo dal rosso, il protagonista di questo approfondimento. Se la cocciniglia scarseggia e costa troppo, è altrettanto vero che possiamo ricavarlo dalla frutta (particolarmente dall‘uva da vino rosso), spesso associato a flavonoidi, come il resveratrolo, che si sono rivelati dei potenti antiossidanti utili contro l’arteriosclerosi. Il colore acceso dei pomodori più maturi è invece dovuto al licopene, sostanza naturale con proprietà antiossidanti. Si può ottenere pertanto dai pomodori, dalle fragole o dai mirtilli rossi, oppure dal cavolo rosso, o mirtilli neri e aceto.

È sufficiente frullare dei pomodori, delle fragole, dei mirtilli rossi o del cavolo rosso. In seguito bisognerà filtrare il composto e farlo restringere a fuoco lento in un pentolino. Potete anche utilizzare il solo mirtillo rosso con aggiunta di un cucchiaio di aceto per modificare il pH del colorante.

·        Come ottenere l’arancione

Si ottiene con vari tipi di carotene (dalla carota), utilizzati per esempio nel formaggio Cheddar. È possibile frullare o sbollentare le carote crude. Vanno bene anche spezie come curcuma o curry.

·        Come ottenere il fucsia o il rosa

La natura ci mette a disposizione le barbabietole oppure il cavolo rosso. Per estrarne il colore naturale si può utilizzare la purea o l’acqua di cottura di barbabietola. Oppure frullare il cavolo rosso, filtrarlo e aggiungere del succo di limone per conferire la tonalità fucsia.

·        Come ottenere il bianco

Colore neutro e caratteristico del lardo animale (traslucida rifrangenza e riflessione di tutti colori), il colorito giallastro che può prendere è dovuto all’alta solubilità di coloranti come i caroteni, presenti nell’alimentazione dell’animale. La farina di cocco, il cioccolato bianco oppure il parmigiano grattugiato sono ottimi elementi per realizzare del colorante naturale bianco. Per realizzare dolci caserecci si possono aggiungere degli albumi per schiarire meglio il colore.

·        Come ottenere il giallo

Nel giallo d’uovo viene dato da colesterolo e fosfolipidi. Come colorante naturale si possono utilizzare zafferano o peperoni. Sarà utile filtrare, dopo aver frullato uno dei due ingredienti scelti, e cuocere a fuoco lento in pentolino.

·        Come ottenere il nero

Nel ribes nigrum, il colore nero è conferito soprattutto dal pigmento antociano. Gli ingredienti utili sono: carbone vegetale, oppure semi di sesamo neri o di papavero. O ancora, pepe nero. Queste due tonalità di colore (nero o grigio) si possono ottenere con del carbone vegetale in polvere. Ma anche macinando dei semi di sesamo neri, del pepe nero o dei semi di papavero.

·        Come ottenere il verde

Spesso deriva dalla clorofilla, che può colorare, in modo fraudolento, anche l’olio extravergine. Si può ottenere da ingredienti come spinaci o bietole. Ma anche tè matcha, o kiwi, o sciroppo di menta. Sarà sufficiente sbollentare le foglie di spinaci o bietole, dopodiché utilizzare l’acqua di cottura o le foglie stesse frullate. Il tutto deve essere sempre filtrato e cotto in pentolino a fuoco lento.

·        Come ottenere il blu

Le sfumature di colori disponibili in natura sono un catalogo immenso. Dai mirtilli, ma anche dal cavolo rosso, più bicarbonato, possiamo ottenere il blu. Basterà frullare i mirtilli freschi, filtrarli e far restringere il composto a fuoco lento in un pentolino. Oppure il cavolo rosso da filtrare e correggere con un cucchiaino di bicarbonato per conferire la tonalità blu.