Buco dell’ozono: cosa lo provoca e che conseguenze ha

BUCO DELL'OZONO

Il buco dell’ozono è la riduzione dello spessore dello strato di questo gas nell’atmosfera terrestre, la fascia che ci protegge dai raggi solari più nocivi. È causato dal rilascio di alcune sostanze inquinanti da parte dell’uomo e dalle attività produttive. Una lente di ingrandimento, sullo stato di salute della terra.

L’ozono è una molecola composta da tre atomi di ossigeno. Si trova naturalmente nella stratosfera sotto forma di gas e protegge la vita sulla terra dalle radiazioni ultraviolette del sole.

Come fenomeno atmosferico abbiamo cominciato a sentirne parlare intorno agli anni ’70 quando è stato scoperto che le sue concentrazioni stavano diminuendo progressivamente a causa di alcune sostanze chimiche, i Cfc, i gas clorofluorocarburi usati principalmente come refrigeranti o emessi dai prodotti contenuti nelle bombolette spray.

Possiamo immaginare l’ozono come uno schermo attorno al nostro pianeta, un filtro che avvolge la terra e che intercetta le radiazioni solari che possono essere dannose alla vita sulla terra; e proprio grazie a questa molecola che si è sviluppata la vita terrestre, se le radiazioni ultraviolette riuscissero ad oltrepassare la stratosfera, sarebbero letali per le cellule che formano gli animali e le piante.

L’ozono si forma principalmente attorno alle latitudini tropicali, perché qui le radiazioni solari sono più forti, e da qui trasportato ai poli dove si accumula.

Il buco dell’ozono di cui si parla spesso, non è una rottura sulla crosta terrestre, ma consiste nella riduzione dello spessore dello strato di ozono nell’atmosfera; un assottigliamento che permette ai raggi ultravioletti di penetrare in minima parte oltre questa fascia. In poche parole, l’ozono perde la sua capacità di schermo di protezione nei confronti dei raggi ultravioletti solari.

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Cosa ha danneggiato lo strato di ozono?

L’ozono naturalmente si forma e si distrugge in maniera ciclica a partire dall’ossigeno grazie ad un’azione continua dei raggi ultravioletti. L’energia solare rompe la molecola di ossigeno in due atomi che a loro volta si legano ad altre molecole ancora non dissociate, formando una molecola di ozono.

Questo equilibrio naturale, però, è stato alterato dai gas serra e dagli inquinanti che riducono la concentrazione di ozono assottigliandone lo strato e generando questo fenomeno atmosferico denominato “buco dell’ozono” che altro non è che una riduzione ciclica dello spessore dell’ozonosfera, quello strato dell’atmosfera terrestre che protegge il nostro pianeta dai raggi solari nocivi.

Tra le conseguenze dell’effetto serra, l’assottigliamento dello strato di ozono è stato causato dal rilascio nell’atmosfera dei gas clorofluorocarburi (Cfc).

Gas che per anni si sono dispersi nell’atmosfera per l’utilizzo delle bombolette spray e dei gas utilizzati negli impianti refrigeranti. Non solo, anche un aumento spropositato di sostanze inquinanti utilizzate dall’uomo e gli scarichi di molte attività produttive, hanno contribuito a questo fenomeno.

Nell’ultimo mezzo secolo, lo strato si è progressivamente assottigliato e attualmente il “buco” si trova sopra il Polo Sud. Si stima che si espanda del 5% ogni 10 anni. Questo accade perché le zone polari sono meno esposte all’irraggiamento solare, per cui si verificano minori reazioni tra le molecole d’ozono ed i raggi ultravioletti. Inoltre, le basse temperature facilitano la degradazione dell’ozono.

Le conseguenze del buco nell’ozono

Lo strato di ozono assorbe quasi tutte radiazioni ultraviolette dannose per l’uomo e per l’ambiente. Se lo strato si riduce, aumentano le quantità di radiazioni che raggiungono la superficie terrestre. Queste radiazioni in quantità minime non sono dannose, ma in dosi più alte, possono alterare gli equilibri della biosfera.

L’ozono è una molecola altamente reattiva composta da tre atomi di ossigeno legati tra loro, si trova sia nella stratosfera che nella troposfera ed a seconda della sua presenza nell’atmosfera, influenza la vita sulla terra in modo positivo o negativo. La sua presenza nella stratosfera è fondamentale per il nostro benessere, perché ci fa da scudo contro i raggi ultravioletti provenienti dal sole. Mentre l’ozono troposferico, quello presente in prossimità della superficie terrestre, è un inquinante in grado di causare effetti dannosi alla salute umana, sulla vegetazione e sugli ecosistemi.

Il buco dell’ozono può avere effetti deleteri su tutta la vita di microrganismi, animali, piante; in particolare, le radiazioni non filtrate dallo strato di ozono possono incidere sulla vita delle cellule umane, creando dei melanomi sull’epidermide e tumori della pelle, spezzare la catena del codice genetico o modificare le molecole del Dna e Rna degli organismi viventi. Inoltre i raggi solari più nocivi impediscono la fotosintesi clorofilliana, causando una minore crescita delle piante e una minore produzione del fitoplancton oceanico.

I rimedi da adottare

Cosa possiamo fare a questo punto per cercare di rimediare o quanto meno, per evitare che la situazione peggiori?

L’impegno che tutti noi dovremmo prendere e cercare di ridurre quanto più possibile le emissioni di CO2 nell’atmosfera ed utilizzare, se non possono essere evitati, nuovi gas propellenti al posto dei clorofluorocarburi, quindi leggere attentamente come sono composti i deodoranti o i prodotti della casa che compriamo, preferendo quelli senza Cfc; fare una manutenzione costante al frigorifero, ai condizionatori od ai congelatori.

Piccole accortezze nella vita di tutti i giorni che possono aiutare il pianeta: limitare l’uso delle automobili, magari spostarsi con i mezzi pubblici o in bicicletta; ridurre i consumi energetici, limitando l’uso degli elettrodomestici; non sprecare acqua, chiudere il rubinetto ad esempio, mentre si spazzolano i denti; evitare un consumo eccessivo di acqua calda che mette in funzione continua la caldaia.

Piccoli suggerimenti, di cui sentiamo parlare spesso, e che potrebbero fare la differenza. Analogamente, anche il mondo politico deve correre ai ripari. Tra la fine degli anni ’80 ed i primi degli anni ‘90 sono stati molti i trattati firmati, in particolare da Stati Uniti e Paesi europei, per la messa al bando dei gas nocivi, ora quasi del tutto sostituiti dagli idrofluorocarburi (Hfc) e idroclorofluorocarburi (Hcfc), ritenuti meno dannosi per lo strato di ozono.

Nel 1987 fu firmato un accordo internazionale, l’accordo di Montreal, un patto per la riduzione della produzione e dell’uso di tutte quelle sostanze dannose, come i gas Cfc, che minacciavano lo strato di ozono. Un impegno che è solo una piccola goccia.

Lo sforzo degli Stati, deve essere quello di investire in politiche idonee alla riduzione di Co2, all’utilizzo di energie alternative e rinnovabili, al raggiungimento della neutralità carbonica, ovvero alle cosiddette emissioni zero. L’obiettivo che si prefigge la “neutralità carbonica” è ridurre fino a neutralizzarle, le emissioni. Fare in modo che si impatti il meno possibile sull’ambiente. Per riuscire a contenere il riscaldamento globale entro la soglia di 1,5°, limite ritenuto necessario dal Gruppo intergovernativo di esperti sul cambiamento climatico (Ipcc),  bisogna raggiungere il traguardo delle emissioni zero entro la metà del ventunesimo secolo.

A dicembre 2019, la Commissione europea ha presentato il Green Deal europeo, il piano per rendere l’Europa climaticamente neutrale entro il 2050. Un obiettivo che potrà essere raggiunto solo attraverso la neutralità carbonica.

Le emissioni zero (o neutralità carbonica) consistono nel raggiungimento di un equilibrio tra le emissioni e l’assorbimento di carbonio. Quando si rimuove anidride carbonica dall’atmosfera si parla di immobilizzazione del carbonio.

Per raggiungere tale obiettivo, l’emissione dei gas ad effetto serra (Ghg) dovrà essere controbilanciata dall’assorbimento delle emissioni di carbonio. In natura, sono le foreste, il suolo e gli oceani, ad assorbire il carbonio, ma da soli non sono più sufficienti. Per questo motivo è fondamentale ridurre le emissioni di carbonio per poter raggiungere la neutralità climatica.

Per compensare e ridurre le emissioni di carbonio bisogna investire, come detto, nelle energie rinnovabili, nell’efficienza energetica o in altre tecnologie pulite. Secondo il piano stabilito dal Green Deal, l’Ue aspira a diventare il primo continente a ridurre del 60% l’emissione di CO2, entro il 2030.

La situazione attuale del buco nell’ozono

L’andamento dell’ozonosfera è stato monitorato per oltre quarant’anni dall’Organizzazione Meteorologica Mondiale – Wmo – utilizzando strumenti satellitari e sonde chiamate “ozone balloons” in grado di trasmettere dati alla terra, sullo stato dell’ozono stratosferico. Le “ozone balloons” hanno rilevato a fine 2020, che lo strato di ozono sopra l’Antartide si è progressivamente inspessito.

Questo ha portato la Nasa a fare alcune stime, secondo quest’ultime, il buco dell’ozono si ridurrà entro il 2070 circa, fino a raggiungere le dimensioni che aveva nel 1980. Un processo lento perché, sebbene la concentrazione delle sostanze chimiche vietate dal Protocollo di Montreal sia in calo, queste si trovano ancora nell’atmosfera e continuano a reagire con l’ozono.

Una situazione che rende chiaro quanto dannose siano state queste sostanze, che nonostante gli anni trascorsi, permangono ancora nell’atmosfera.

Secondo la Nasa, ci vorranno decenni per tornare ad una concentrazione di ozono simile a quella esistente nell’epoca preindustriale.