La crisi del latte artificiale Abbot e le pressioni per “annacquare” i controlli

LATTE ARTIFICIALE

Il focolaio di infezioni da cronobacter nel latte artificiale ha fatto due morti negli Usa, e i richiami della Abott hanno messo in seria crisi i genitori che non trovano più la formula sui banchi. E ora escono i documenti che indicano come i big avessero ottenuto regole meno rigorose per garantire la sicurezza di questi prodotti

È passata una settimana da quando il CDC, il Center for disease control, l’organismo di controllo sulla sanità pubblica Usa, ha dichiarato risolto il focolaio di infezioni da Cronobacter che ha provocato in 5 bambini, di cui 2 purtroppo morti, infezioni batteriche  dopo essere stati nutriti con il latte artificiale di Abbott Nutrition. La società sul suo sito web afferma infine che “non ci sono prove per collegare le nostre formule” alla recente ondata di malattie infantili”. Ma l’opinione di molti è che le responsabilità siano chiare. E perfino le autorità sanitarie europee hanno cercato di mettere in guardia i genitori.

Eppure il problema è lontano dall’essere risolto. Tutt’altro.

Innazitutto il richiamo mondiale della formula ha causato lo svuotamento degli scaffali dei negozi e problemi per quei genitori che ne debbono fare uso. Negli Stati Uniti, addirittura, sono state lanciate petizioni da parte di mamme e papà che non riescono a trovare sul mercato latte artificiale.

Dall’altra il caso sta diventando sempre più caldo, con accuse e testimonianze che indicherebbero come le multinazionali del latte in polvere avrebbero fatto un efficiente pressing per “annacquare” una regolamentazione dei controlli che perfino negli Stati Uniti d’America sembrava urgente alla Fda, la Food and drug administration che si occupa della sicurezza di farmaci e alimenti.

Il giallo del latte in polvere

È di pochi giorni fa l’uscita della lunga inchiesta di Lee Fang per the Intercept, con accuse e rivelazioni che stanno mettendo in serio imbarazzo non solo la Abott, ma il gotha delle industrie dei prodotti per la prima infanzia.

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Il titolo del reportage non lascia spazio a dubbi: “L’industria delle formule per bambini ha fatto pressioni con successo per indebolire gli standard dei test di sicurezza dei batteri”, recita l’articolo, che parte dall’incidente occorso alla Abbott Nutrition a Sturgis, Michigan dove si produce gran parte del latte a marchi famosi come Similac, Alimentum ed EleCare destinato agli Usa. Un documento informato di recente divulgato afferma che i dirigenti dello stabilimento di Sturgis hanno falsificato rapporti, sostiene the Intercept, hanno rilasciato formule per lattanti non testate e nascosto informazioni cruciali sulla sicurezza agli ispettori federali.

Il pressing delle lobby del 2014

Già otto anni prima, le multinazionali si erano opposte a una proposta della FDA per aumentare le regolari ispezioni di sicurezza degli impianti utilizzati per la produzione di latte artificiale.

“I maggiori produttori di alimenti per lattanti si sono rapidamente fatti avanti per ritardare le proposte di sicurezza. L’International Formula Council (IFC), ora nota come Infant Nutrition Council of America, è il gruppo di pressione che rappresenta Abbott Nutrition (di proprietà di Abbott Laboratories), Gerber (di proprietà di Nestlé), Perrigo Co. e Reckitt Benckiser Group, le società che controllano l’89% del mercato delle formule per bambini negli Stati Uniti ha scritto ai funzionari della FDA per richiedere più tempo” scrive Lee.

E la FDA era poi arrivata a una nuova proposta finale provvisoria che teneva conto di alcune delle preoccupazioni del settore, riducendo la frequenza dei test di stabilità per i nuovi alimenti per lattanti da ogni tre mesi a ogni quattro mesi e consentendo ai produttori di sottrarsi ai requisiti di test se “il nuovo latte artificiale probabilmente non differirà dalla stabilità di formule con composizione, lavorazione e confezionamento simili per le quali esistono dati di stabilità estesi”.

“Test inutili e costosi”

Nello stesso anno, il gruppo di lobby aveva poi presentato una petizione alla FDA per rivedere la periodicità di test e ispezioni. In una lettera alle autorità di regolamentazione, Mardi Mountford, un funzionario dell’IFC scriveva che i costi di conformità avrebbero raggiunto poco più di 20 milioni di dollari all’anno. “L’IFC ritiene che i requisiti aggiuntivi per i test di fine vita (…) siano inutili e onerosi e non forniscano alcun beneficio aggiuntivo per la salute pubblica”, ha scritto Mountford. “In base alla frequenza della produzione e delle scorte di magazzino”, osservava, “praticamente tutto il latte artificiale viene consumato all’inizio della sua durata di conservazione (i consumatori in genere acquistano e utilizzano il latte artificiale tra 3 e 9 mesi dopo la produzione e non accumulano alimenti per lattanti a casa)”.

Abott all’attacco

Dopo la pubblicazione dell’inchiesta dell’Intercept, un portavoce di Abbott ha fornito una dichiarazione in cui contestava le accuse rilasciate dagli informatori al giornale, spiegando che erano state rilasciate da un “ex dipendente licenziato a causa di gravi violazioni delle politiche di sicurezza alimentare di Abbott. Dopo il licenziamento, tramite il proprio avvocato, ha presentato accuse in evoluzione, nuove e crescenti a più autorità. Abbott sta rivedendo questo nuovo documento e indagherà a fondo su qualsiasi nuovo sviluppo”, ha detto il portavoce di Abbott.

Gli sforzi dell’International Formula Council, ha affermato poi il portavoce di Abott, “non sono in linea con le pratiche attuali o passate di Abbott per quanto riguarda i test per Cronobacter sp. Abbott ha condotto test sui prodotti finiti per Cronobacter sp. nei nostri impianti molto prima che la regola delle buone pratiche di fabbricazione (GMP) delle formule per l’infanzia che richiedeva questo test fosse finalizzata. Inoltre, Abbott ha sempre testato per Cronobacter sp. più del doppio della dimensione del campione (in volume) richiesta dalla FDA in 21 CFR Part 106″.