Che l’Italia abbia purtroppo un ruolo nella deforestazione dell’Amazzonia e di altri enormi polmoni verdi brasiliani, il Salvagente lo ha raccontato in passato. Una nuova inchiesta di Greenpeace, ora mostra la responsabilità del nostro paese nella nuova ondata di deforestazione in Brasile per la richiesta crescente di carne e soia. In particolare, lo rivelano i sorvoli condotti ad agosto e settembre 2021 da Greenpeace Brasile in collaborazione con il Popolo Indigeno Karipuna e il Consiglio Indigeno Missionario (Cimi).
A rischio il popolo indigeno Karipuna
La deforestazione che interessa il nord dello stato di Rondônia e mette a rischio la sopravvivenza del Popolo Indigeno Karipuna, è legata alla conversione della foresta in pascoli per il bestiame, e apre la strada all’espansione delle piantagioni di soia, e quindi alla produzione ed esportazione di carne e soia in tutto il mondo, Unione europea inclusa. Con oltre 48 mila tonnellate di soia proveniente dalla Rondônia, spiega Greenpeace Italia “nel 2020 l’Italia è stata il terzo principale importatore dell’Ue dopo Paesi Bassi e Spagna, e tra i primi cinque principali importatori di soia dallo stato brasiliano a livello internazionale. Tra gennaio e settembre di quest’anno, l’Italia ha importato dalla Rondônia quasi 23 mila tonnellate di soia, posizionandosi come quinto importatore dell’Ue e tra i primi 10 importatori a livello internazionale”.
Il monitoraggio della deforestazione
Dal 2017 il Popolo Karipuna collabora con Greenpeace Brasile e il Cimi per monitorare la deforestazione in un’area di circa 150 mila ettari che il governo brasiliano ha riconosciuto di proprietà esclusiva dei Karipuna nel 1998. Tra il 2019 e il 2020 la deforestazione all’interno delle loro terre è stata di 589 ettari, ma tra agosto 2020 e luglio 2021 sono stati rilevati 850 ettari di terreno deforestato: un aumento del tasso di deforestazione del 44%. Negli anni Settanta, quando gli occidentali arrivarono nelle terre dei Karipuna, li sterminarono. Sopravvissero al genocidio solo otto persone, tra cui Katiká Karipuna, il padre di Adriano Karipuna, che oggi è uno dei leader del suo Popolo e ha dichiarato: “Noi Karipuna ci occupiamo di monitorare la deforestazione nelle nostre terre per denunciare deforestazione e attività illegali, ma lo stato deve attuare un piano di protezione permanente e fermare l’accaparramento delle terre”.
“Ue vari normativa per stop e prodotti sospetti”
L’aumento delle invasioni nelle aree protette da parte di gruppi criminali è il risultato di una nuova legge, approvata nell’aprile di quest’anno dal parlamento della Rondônia, che riduce di oltre 225 mila ettari due aree protette direttamente collegate alla Terra Indigena dei Karipuna. “Il problema è di portata internazionale: negli ultimi 10 anni, la produzione di soia nello stato del Rondônia è triplicata e in buona parte è destinata all’esportazione. Tanto che l’area è minacciata anche dal mega-progetto “Corridoio Nord”, che prevede la costruzione di strade, ferrovie e porti per aumentare la capacità logistica dei trasporti di soia verso il mercato globale” commenta Martina Borghi, campagna Foreste di Greenpeace Italia. “L’Ue deve varare una normativa rigorosa che impedisca l’ingresso sul mercato comunitario di prodotti e materie prime legati alla violazioni dei diritti di Popoli Indigeni e alla distruzione di foreste ed ecosistemi essenziali”.