Protesi difettose, condannato l’ente certificatore: non si accorse che il silicone era scadente

protesi mammarie

La Corte d’Appello della Provenza ha riconosciuto il ruolo dell’ente certificatore tedesco TÃœV Rheinland nello scandalo delle protesi mammarie PIP: secondo la Corte, infatti, l’ente non è riuscito a controllare adeguatamente il silicone prodotto dalla società francese Poly Implant Prothese. In conseguenza del suo errore, i chirurghi hanno impiantato protesi con un gel scadente causando a migliaia di donne in tutto il mondo problemi di salute.

La sentenza afferma che TÃœV avrebbe dovuto notare “l’evidente discrepanza tra la quantità di gel acquistata dall’unico fornitore autorizzato e il numero di protesi mammarie prodotte”.

La Corte ha ordinato al TÃœV di pagare € 3.000 ($ 3.640) a ciascun ricorrente. Attualmente sono più di 13.000 le donne a ricevere un risarcimento. Tuttavia, la corte d’appello ha respinto i casi promossi da poco più di 6.200 donne, adducendo una mancanza di prove.

Il caso

Il caso delle protesi difettose scoppia in Francia nel 2011. A far precipitare nel panico centinaia di migliaia di donne in tutto il mondo – la Pip è la terza azienda  – la decisione transalpina di richiamare 30mila donne portatrici di protesi Pip per rimuovere, in via cautelativa, gli impianti. Una decisione presa dopo la verifica di un tasso di rottura doppio rispetto alla media, e soprattutto dopo aver registrato la morte di una donna per una rara forma di cancro, il nono caso del genere.

Le protesi sotto accusa, si scopre, sono realizzate con silicone di scarsa qualità (acquistato dalla ditta produttrice a costi 10 volte inferiori a quelli di mercato) con additivi chimici, baysilone, silopren e rhodorsil, resine utilizzati per produzioni di carburanti, gomma, computer e anche alimenti, ma mai sperimentati, né tanto meno approvati per uso clinico. In caso di rottura, si teme, queste sostanze potrebbero provocare infiammazioni e tumori.

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Tutto il mondo corre ai ripari. Dal Brasile (dove 25mila donne hanno subito gli impianti) alla Bolivia, dalla Gran Bretagna all’Equador scattano divieti e controlli su chi le aveva già impiantate. Jean-Claude Mas, il 72enne fondatore della Pip viene ricercato in Costa Rica dall’Interpol. In conseguenza di questo scandalo, l’azienda è fallita.