“Le mascherine generiche (o filtranti) – comunemente chiamate di comunità , ndr – non sono un dispositivo medico (Dm) né un dispositivo di protezione individuale (Dpi) e, pertanto” non godono dell’abolizione dell’Iva fino al 31 dicembre come invece le mascherine chirurgiche, Ffp2 e Ffp3. Lo precisa l’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli con la circolare 20/2020 precisando a queli dispositivi si applica l’articolo 124 del decreto Cura Italia che prevede quali dispositivi di prevenzione e contrasto al coronavirus sono stati esentati dall’Imposta sul valore aggiunto.
La circolare, poi, specifica che dal 1° gennaio 2021, alle cessioni ed alle importazioni di mascherine chirurgiche, ventilatori e tutti i dispositivi “incentivati” dal Cura Italia si applicherà l’aliquota Iva nella misura del 5%.
Nel frattempo ieri il Tar del Lazio ha respinto il ricorso contro l’ordinanza del Commissario Arcuri che fissa il prezzo massimo di vendita delle mascherine chirurgiche a 0,50 euro. “Bene, ottima notizia!” afferma Massimiliano Dona, presidente dell’Unc, Unione nazionale consumatori. “Visto che le mascherine sono una spesa obbligata per legge che grava sulle tasche delle famiglie, con una spesa media mensile di 35 euro, considerando una mascherina al giorno per ogni componente della famiglia, è bene che il prezzo resti a 0,50 euro, se questo non determinerà problemi di approvvigionamento, come garantito da Arcuri” prosegue Dona.
“L’alternativa, nel caso il Tar cambi opinione in occasione del giudizio di merito, è che la distribuzione sia gratuita, a carico dello Stato, come chiediamo avvenga per gli studenti alla riapertura delle scuole a settembre” conclude Dona.