Mascherine: ogni italiano ne ha usate 766. Tra prevenzione e inquinamento, ecco tutti i dati

MASCHERINE

Mentre crescono i contagi e i governi europei discutono se tornare a renderle obbligatorie all’interno dei locali, i dati della Società Italiana di Medicina ambientale mostrano che da marzo 2020 a giugno 2022 in Italia abbiamo usato 46 miliardi di mascherine. Con inevitabile impatto sull’ambiente

Le varianti del coronavirus (l’ultima è la Omicron 5) stanno complicando l’andamento della pandemia. In Italia hanno spinto le reinfezioni a oltre l’11%. Da qualche settimana i bollettini segnano oltre un centinaio di decessi al giorno. L’immunologo, professor Emanuele Cozzi, si dice preoccupato per l’andamento delle infezioni. “È la quinta ondata, variante molto contagiosa. Si corra con le quarte dosi”, è l’invito dell’esperto che, come noi, condivide la sensazione che l’estate non stia indebolendo più di tanto il Covid19, a differenza di quanto accadde nel 2021.

Anche nel resto del mondo i governi seguono con apprensione lo sviluppo degli eventi. Proprio in queste ore il governo tedesco ha annunciato che probabilmente reintrodurrà l’uso delle mascherine negli spazi al chiuso per prevenire le infezioni da coronavirus durante l’autunno e l’inverno prossimi. Lo ha confermato il ministro tedesco della Giustizia, Marco Buschmann, definendo la misura molto probabile. “L’efficacia delle mascherine per le persone negli spazi chiusi è indiscutibile. Per questo motivo, farà sicuramente parte del nostro piano una qualche forma di uso obbligatorio della mascherina”, ha spiegato Buschmann che, tuttavia, esclude il ritorno alle chiusure delle attività e della circolazione delle persone, definendoli “strumenti inadeguati per il terzo anno di pandemia”.

In Italia, il governo è in fibrillazione. L’unico dato certo è che dal 15 giugno è stato deciso lo stop all’obbligo dell’utilizzo di mascherine per proteggersi dal Covid19 e dalle varianti in circolazione. Il Consiglio dei ministri ha stabilito la proroga al 30 settembre prossimo dell’obbligo dell’uso delle mascherine Ffp2 solo sui mezzi pubblici di trasporto (esclusi gli aerei) e nelle Rsa e nelle strutture sanitarie. Per scrupolo e senso di responsabilità, visti i casi in aumenti di Covid con le nuove varianti, potremmo tuttavia continuare a utilizzare le mascherine chirurgiche o Ffp2, almeno in presenza di assembramenti. A breve, il ministro Roberto Speranza, assieme all’esecutivo, dovrà decidere se a settembre riaprire le scuole con la mascherina o senza.

Ma c’è un dato di fatto che ci riporta indietro nel tempo, al 2020, quando eravamo nel pieno caos e nell’incertezza di come avrebbe agito questo “nemico invisibile”. La professoressa Ilaria Capua, dal giugno del 2016 dirigente di un centro di ricerca presso l’Istituto di Scienze del Cibo e dell’Agricoltura dell’Università della Florida, già due anni fa ci metteva in guardia: “Dobbiamo convivere con questo coinquilino, dobbiamo proteggerci mettendo in atto una serie di misure che aiutino la popolazione a rimanere il più possibile protetta. Vorrei sempre vedere tutti gli italiani con la mascherina, con il naso coperto: i recettori sono sul naso”. Lo dichiarava nella consapevolezza che non saremmo usciti a breve da questo tunnel e lo rivelò a margine di un evento di presentazione del suo libro per bambini dal titolo “Ti conosco mascherina – La Coccinella”. Un libro-gioco illustrato con slider e finestrelle che insegna ai bambini a conoscere il mondo dei virus per imparare ad affrontarli in modo sicuro, ma senza paura, per vivere in serenità la propria infanzia. Un’opera che insegna ai piccoli come adottare il paradigma della prevenzione.

Quanto conosciamo le mascherine?

Ma noi, soprattutto adulti, conosciamo davvero la mascherina? Di quali materiali sono composte? Quanto impattano sull’ambiente? Secondo un calcolo stimato della Società Italiana di Medicina ambientale (Sima), da marzo 2020 a giugno 2022, nel mondo sono state consumate 3.483 miliardi di mascherine. Solo l’Italia ne avrebbe utilizzate almeno 46 miliardi, 766 per abitante, quasi una mascherina al giorno per ciascun italiano. Se una sessantina di mascherine occupa 1 metro quadrato di territorio, significa che in 27 mesi, abbiamo prodotto nel mondo mascherine sufficienti a coprire un’area estesa di 60mila chilometri quadrati, l’estensione di tutta l’Italia Nord-occidentale.

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Sono calcoli sufficienti ad almeno accogliere gli allarmi lanciati da ambientalisti e scienziati, che in tutto questo tempo non sono certo mancati.

Le sostanze nocive e l’impatto ambientale delle mascherine

Nel 2021 il Salvagente ha pubblicato i risultati di alcuni test effettuati che rilevano la presenza, nelle mascherine, di inquinanti tossici.

L’Università di Swansea, nel Galles, ha rilevato la presenza di “livelli significativi di inquinanti in tutte le mascherine testate”, con la presenza di “micro e nano particelle e metalli pesanti rilasciati nell’acqua durante tutti i test”. Questi hanno “un impatto ambientale sostanziale” con danni per la salute pubblica, e anche a basse dosi possono rivelarsi tossici. “L’esposizione ripetuta potrebbe essere pericolosa poiché le sostanze trovate hanno legami noti con la morte cellulare, la genotossicità e la formazione del cancro”, viene spiegato dagli autori dei test. Inoltre questi inquinanti tossici hanno proprietà bioaccumulative minacciando la catena alimentare e quindi l’uomo.

Gli studiosi dell’Università di Milano Bicocca hanno calcolato che una mascherina chirurgica rilascia in mare fino a 173mila microfibre al giorno.

I dispositivi di protezione individuale (Dpi) dunque possono proteggere l’individuo, appunto, ma possono avere un impatto devastante sull’ambiente e sulla salute di tutti. Possono soffocare gli animali che la ingeriscono, non sono biodegradabili, sono composte da un mix di polimeri come propilene e poliestere.

Si stima che appena il 9% di questi Dpi viene davvero riciclato. Tre scienziati cinesi hanno pubblicato i risultati di un loro studio su Science of Total Environment sottolineando che il 79% delle mascherine è finito in discariche più o meno efficienti, o comunque nell’ecosistema che le deve smaltire, inquinando ulteriormente l’ambiente.

Siamo pronti a convivere con i virus, rispettando salute e ambiente?

Sono mesi che gli scienziati ci invitano a prepararci a una convivenza con il virus e le mascherine. Eppure non siamo stati preparati culturalmente preparati alle nuove abitudini, difendendoci anche dalle fake news, e alle conseguenze di queste nuove pratiche: salute e impatto ambientale in primis.

Un sistema più adatto all’economia circolare risolverebbe il problema del riciclo di questi oggetti. Un nuovo paradigma economico pensato per potersi rigenerare da solo garantendo dunque anche la sua ecosostenibilità. L’economia circolare è un modello di produzione e consumo attento alla riduzione degli sprechi delle risorse naturali e consistente in condivisione, riutilizzo, riparazione e riciclo di materiali e prodotti esistenti il più a lungo possibile. Una volta che il prodotto ha terminato la sua funzione, i materiali di cui è composto, laddove possibile, vengono reintrodotti nel ciclo economico e possono essere continuamente riutilizzati all’interno del ciclo produttivo generando ulteriore valore.

I principi dell’economia circolare contrastano con il tradizionale modello economico lineare, fondato su uno schema opposto: estrarre, produrre, utilizzare e gettare. Tale modello, sensibile a mere ragioni di gettito e di prelievo, dipende dalla disponibilità di grandi quantità di materiali ed energia facilmente reperibili e a basso prezzo.

L’altra via da percorrere è quella della riduzione degli sprechi e del riutilizzo dei materiali. Dopo un anno e mezzo di test di laboratorio, un team di ricercatori francesi ha dimostrato, in uno studio sulla rivista scientifica Chemosphere, che le mascherine chirurgiche conservano il loro potere filtrante e la loro traspirabilità anche dopo dieci passaggi in lavatrice. Le loro prestazioni, spiegano gli autori, rimangono addirittura superiori a quelle delle mascherine in tessuto di categoria 1, con una capacità di filtrazione batterica superiore al 98% contro il 90%. Una conferma ad altri studi effettuati che può essere una buona notizia per i consumatori. Potremmo così evitare l’aumento di rifiuti, risparmiando ulteriori danni all’ambiente. Ecco perché non devono essere buttate.

Ma c’è anche un terzo aspetto da non sottovalutare. La pandemia non è finita e non sappiamo quando finirà. Occorre investire ancora in tecnologia e ricerca, almeno in questa fase in cui ci ritroviamo a inseguire le varianti del SARS-CoV-2 che mutano costantemente.

Il professor Sarper Sarp, capo del progetto dei test effettuati dall’università gallese sopra citato, ha dichiarato che “tutti noi dobbiamo continuare a indossare le mascherine perché sono essenziali per porre fine alla pandemia. Ma abbiamo anche urgente bisogno di più ricerca e regolamentazione sulla loro produzione, in modo da ridurre i rischi per l’ambiente e la salute umana”.