“Facciamo un ultimo appello ai decisori politici per trovare soluzioni urgenti al problema della mancanza di manodopera nei campi. Non abbiamo più tempo, rischiamo che già dalle prossime settimane non arrivi il prodotto sugli scaffali”. Le parole di Giorgio Mercuri, presidente di Alleanza cooperative agroalimentari rendono l’idea di come l’emergenza coronavirus si stia trasformando in un problema drammatico per la filiera agroalimentare italiana. Sono circa 400mila i braccianti provenienti da altri paesi Ue che mancano all’appello, a causa del blocco delle frontiere. E man mano che si va avanti la difficoltà a chiudere la filiera dai campi allo scaffale dei supermercati diventerà evidente ai consumatori con meno prodotti e prezzi alle stelle. A meno che non si trovi una soluzione. E su questo punto, i portatori di interesse sono divisi. Mercuri spiega: “Noi avevamo indicato nella maggiore flessibilità del sistema dei voucher una possibile soluzione, abbiamo chiesto ripetutamente che forze lavoro di comparti attualmente fermi, dalla ristorazione al turismo, possano svolgere lavori stagionali di raccolta, abbiamo fatto ripetuti appelli affinché sia offerta la possibilità di lavorare anche ai percettori di reddito di cittadinanza, senza che venga tolto il sussidio. Nessuna di queste proposte ha ahimè trovato il consenso della politica”.
Coldiretti: semplificare i voucher
Secondo il presidente della Coldiretti Ettore Prandini, in questo momento di emergenza nazionale, è importante “aprire il più possibile il mercato alle opportunità di lavoro per gli italiani che rischiano il duro impatto occupazionale della crisi economica da coronavirus. Per questo a livello nazionale è ora necessaria subito una radicale semplificazione del voucher agricolo che possa consentire da parte di cassaintegrati, studenti e pensionati italiani lo svolgimento dei lavori nelle campagne in un momento in cui scuole, università attività economiche ed aziende sono chiuse e molti lavoratori in cassa integrazione potrebbero trovare una occasione di integrazione del reddito proprio nelle attività di raccolta nelle campagne”.
Cgil: soluzione non passi per precarizzazione. Regolarizzare i braccianti
Di tutt’altro parere è Giovanni Mininni, segretario generale della Flai Cgil nazionale, primo firmatario insieme a Fabio Ciconte, Direttore di Terra Onlus, di una lettera aperta alle istituzioni per tutelare i migranti che lavorano nei campi e vivono nelle baraccopoli abbandonati a se stessi durante l’emergenza covid-19: “Assume, di nuovo, carattere di urgenza una regolarizzazione per far emergere chi è costretto a vivere e lavorare in condizioni di irregolarità, come misura di giustizia e di salvaguardia dell’interesse nazionale. E la misura non può essere un ampliamento dell’utilizzo dei voucher, che avrebbe come risultato un’inaccettabile deregolamentazione del mercato del lavoro”. Cgil, insieme alla Cisl e alla Uil, ha scritto una lettera al presidente del Consiglio, affinché non segua la strada dei voucher: “Una tale modalità ci sembra inopportuna perché mortifica i diritti dei lavoratori e risulterebbe inoltre essere in contraddizione con ciò che si sta verificando a valle della filiera dove, in molte aziende alimentari, abbiamo raggiunto importanti accordi in applicazione del Protocollo sulla sicurezza del 14 marzo u.s. a tutela dei lavoratori e diverse imprese hanno introdotto misure di gratificazione economica per i lavoratori che restano in produzione”.
Cia: Ci aiuti chi percepisce il rdc o è in cassa integrazione
C’è poi la posizione di chi vede di buon occhio l’utilizzo di chi percepisce il reddito di cittadinanza, nelle campagne. Dino Scanavino, presidente di Cia, ha dichiarato all’Agi, “Cominciamo a regolarizzare quelli che già stanno da noi, velocizzando e semplificando le procedure senza che ci siano troppi intralci burocratici e prorogando il permesso di soggiorno”, e “Cominciamo a utilizzare anche gli italiani che sono economicamente in difficoltà, penso a chi è disoccupato o in cassaintegrazione”, o anche “chi beneficia del reddito di cittadinanza. E’ vero, il lavoro agricolo richiede spesso competenza e conoscenza specifica, ma, tanto per fare un esempio, la raccolta di merci destinate al mercato dell’industria non richiede una particolare specializzazione”.
Bellanova: Abbiamo bisogni degli immigrati e di accordi
La politica, al momento, si è interessata poco del problema, eccezion fatta per il ministro per le Politiche agricole, Teresa Bellanova, e pochi altri. “Basta con le banalizzazioni degli anni scorsi, gli immigrati non sono nemici”, ha dichiarato il ministro a Radio Capital “siamo noi ad aver bisogno di loro”, “Il Nord sta soffrendo c’è difficoltà a far arrivare i lavoratori e le lavoratrici dai Paesi dell’Est, Nonostante il ‘corridoio verde’ per le merci, le persone non vogliono spostarsi: dobbiamo garantire loro che potranno lavorare in condizioni di assoluta sicurezza.
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Il corridoio verde con la Romania
E i primi risultati, in tal senso, potrebbero arrivare presto. Sono oltre centomila gli stagionali agricoli che arrivano ogni anno dalla Romania, e dunque la disponibilità espressa dall’ambasciatore romeno in Italia George Bologan all’impiego dei suoi connazionali per la raccolta e i lavori nelle aziende agricole italiane, sembra un buon inizio. C’è da capire però come fare ad assicurare uno spostamento e un’operatività in totale sicurezza nel nostro paese, per evitare che per risolvere il problema della produzione agricola si accentui quello della diffusione del coronavirus.
Le misure già adottate
Intanto, il Ministro delle Politiche Agricole è intervenuto per prorogare i permessi di soggiorno per lavoro stagionale in scadenza al fine di evitare agli stranieri di dover rientrare nel proprio Paese proprio con l’inizio della stagione di raccolta nelle campagne. La proroga secondo la circolare del Ministero degli Interni dura fino al 15 giugno e riguarda i permessi di soggiorno in scadenza dal 31 gennaio al 15 aprile. Inoltre nel decreto Cura Italia è stata inserita la specificazione secondo cui le attività prestate dai parenti e affini fino al sesto grado non costituiscono rapporto di lavoro né subordinato né autonomo, a condizione che la prestazione sia resa a titolo gratuito. Normalmente questa regola vale fino al quarto grado di parentela.
I numeri dell’emergenza
Secondo Coldiretti, i lavoratori regolari che arrivano ogni anno dall’estero, forniscono il 27% del totale delle giornate di lavoro necessarie al settore. La comunità di lavoratori agricoli più presente in Italia è proprio quella rumena con 107591 occupati, davanti a marocchini con 35013 e indiani con 34043, che precedono albanesi (32264), senegalesi (14165), polacchi (13134), tunisini (13106) e bulgari (11261).