Neurotossico per l’uomo e inefficace come insetticida: da qualsiasi lato lo si voglia prendere, il chlorpyrifos – e la sua “variante” methyl – mostra criticità. “Vogliamo porci una domanda? Perché sono quasi dieci anni che si fanno trattamenti con il chlorpyrifos e la cimice asiatica è aumentata? La cimice asiatica è tecnicamente difficile da combattere con insetticidi, compreso il chlorpyrifos. I motivi sono legati alla elevata mobilità della cimice, alla sua polifagia e al fatto che svolge parte del ciclo in aree non coltivate. L’uso ripetuto di insetticidi poco efficaci nei suoi confronti ha creato le condizioni favorevoli per prosperare, visto che uccide tutti gli altri insetti potenziali antagonisti”. Giovanni Dinelli, ordinario di Agronomia generale all’Università di Bologna, nel nuovo numero del Salvagente dedicato al test su arance e pere a caccia di chlorpyrifos e non solo, ci invita a guardare l’altra faccia del famigerato insetticida: pericoloso, senza dubbio, ma anche poco o per nulla utile nel contrasto alla cimice asiatica .
“Purtroppo – aggiunge – per metterlo al bando ci sono voluti 30 anni: troppi visto che parliamo di una sostanza neurotossica per i bambini e interferente endocrino che per definizione non ha una soglia di sicurezza. Analogamente troppo tempo è stato perso ritenendo che questo fitofarmaco potesse essere risolutivo contro la cimice asiatica”.
Le evidenze scientifiche non mancano. Nel 2015, sono state condotte dalla Università di Bologna prove di campo in Emilia-Romagna, dove dal 2012 si è cominciato a diffondere l’insetto ormai diventato endemico. In una prima prova sono stati “spruzzati” insetticidi a basi di deltametrina e di thiacloprid: i tassi di mortalità della cimice sono stati rispettivamente del 66% e del 47%. In una seconda prova invece sono stati impiegati insetticidi a base di chlorpyrifos-methyl e di puro chlorpyrifos: la mortalità registrata è stata rispettivamente del 33% e del 55%. Decisamente valori bassi di efficacia per definire il chlorpyrifos-methyl “l’unico rimedio contro la cimice asiatica”, come ha dichiarato nelle settimane scorse la ministra Teresa Bellanova.
“La cimice è un insetto ‘corazzato’ – commenta Dinelli – e mobile, sfugge e non assorbe i trattamenti. Il risultato è che in Emilia la cimice è aumentata invece che diminuire”. Di fronte a un’emergenza innegabile, quali potrebbero essere le misure da mettere in campo per contrastare questo patogeno che sta mettendo in ginocchio la produzione italiana di pere? “Ad oggi – risponde il nostro interlocutore – è vero che non esiste una sostanza capace di controllare questo insetto e la lotta deve basarsi su una integrazione di diverse tecniche. Tuttavia più tardiamo ad adottare nuove misure, più il problema crescerà. Bisognerebbe studiare approcci alternativi come le cosiddette ‘colture trappola’ – tra queste la soia – oppure investigare meglio i feromoni di aggregazione per applicare la cosiddetta ‘attrai e uccidi’ oltre ovviamente a cercare di introdurre ‘nemici’ naturali come ad esempio i parassitoidi. C’è poi – conclude Dinelli – un tema più generale che è quello di re-introdurre diversità nelle nostre campagne, cominciando dalla salvaguardia degli insetti antagonisti della cimice”.