Comode – e care – le insalate in busta conquistano sempre più affezionati: nell’ultimo decennio, secondo le rilevazioni Nomisma, la presenza degli ortaggi di IV gamma sulle tavole degli italiani è aumentata, di anno in anno, del 5% circa e il balzo più grande (+7,3%) lo ha registrato l’insalata unitipo, quella mono varietale. Come il lattughino che abbiamo voluto portare in laboratorio per valutarne lo stato igienico e microbiologico, la contaminazione da pesticidi e la concentrazione di metalli pesanti come il cadmio e il piombo. La scelta è caduta su 10 prodotti, 9 convenzionali e uno biologico, che ben rappresentano l’offerta di mercato: da Bonduelle a DimmidiSì, da Coop a Esselunga, da Auchan a Carrefour, da Conad a NaturaSì e ancora Lidl ed Eurospin. Tutti i risultati, con voti e marchi, sono pubblicati nel nuovo numero in edicola e in digitale del Salvagente.
Pulite e sicure sui batteri…
Tutti i prodotti rientrano nei limiti di legge e offrono un buon livello di sicurezza: assenti listeria, salmonella ed Escherichia coli, batteri capaci di causare infezioni anche gravi. Una buona notizia visto che parliamo di un prodotto che per legge deve essere “lavato e pronto per il consumo” ed è da consumare crudo e quindi particolarmente pericoloso per eventuali contaminazioni batteriche. Sotto questo aspetto le nuove regole introdotte nel 2015 per rendere più sicuri i prodotti di IV gamma hanno sicuramente condizionato positivamente le aziende di settore.
… ma con troppi pesticidi e metalli pesanti
Molto più “mosso” il quadro tratteggiato dai risultati dell’analisi multiresiduale: solo due lattughini risultano completamente puliti, mentre la presenza di residui di trattamenti fitosanitari arriva a far contare anche quattro molecole diverse nella stessa busta. E la domanda sorge spontanea visto che in gran parte parliamo di fungicidi: su una coltura a vita breve – dalla semina al raccolto passano poche settimane – sono davvero necessari?
A dir la verità c’è chi ha ridotto l’impiego di pesticidi ed è impegnato ad eliminarli, come ci racconta nelle pagine del lungo servizio chi ha conquistato il podio e, visti i risultati del nostro test, ci riesce anche molto bene. Il percorso intrapreso da aziende del convenzionale per ridurre la chimica in campo (che poi finisce nel piatto) deve essere incoraggiato dai consumatori. A preoccupare invece è la presenza ricorrente, test dopo test, di diversi residui fitosanitari. Il fatto che ogni singolo principio attivo rientri nei parametri di legge, non può a nostro giudizio tranquillizzare: il problema è nell’additività degli effetti che, se ancora non è stato quantificato, verrà presto affrontato dalla stessa Efsa.
Il cadmio? Un cancerogeno certo
Da un rischio potenziale, passiamo a uno certo, quello del cadmio, un metallo pesante classificato dalla Iarc nel gruppo 1 tra le sostanze giudicate cancerogene certe per l’uomo: i tenori riscontrati nelle nostre 10 insalate non lasciano del tutto tranquilli. Due campioni hanno fatto registrare concentrazioni vicine al limite di legge e in altri due prodotti la quantità riscontrata è elevata. Non è un problema secondario. In base alle nostre rilevazioni condotte in questi anni, tenori di cadmio così elevati come nelle insalate non li abbiamo mai registrati né nel riso (picco massimo 0,04 mcg/kg) né nel pesce (mediamente intorno allo 0,02 milligrammi per chilo).
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La Ue lo riduce nei concimi
È vero che questo metallo è presente in natura nel terreno ma è anche vero che il suo accumulo nei campi è dovuto all’uso di fertilizzanti fosfatici. Tant’è che nel novembre scorso l’Unione europea, per tutelare la catena alimentare, ha varato una stretta sulla concentrazione di cadmio nei concimi, riducendola drasticamente tra le proteste dell’industria agrochimica.
La possibilità di scegliere comunque resta ampia e, come dimostrano i risultati del nostro confronto, resta alta anche la probabilità di acquistare una busta senza brutte sorprese all’interno.