Il bisfenolo nei cartoni della pizza? Viene dalla carta riciclata

pizza

“Il problema è chiaro: l’utilizzo del macero per la realizzazione dei cartoni della pizza. Basta la presenza, ad esempio, di qualche scontrino in carta termica per contaminare la materia prima e dunque anche i contenitori, con bisfenolo, di cui invece non c’è traccia quando si utilizza la pura cellulosa come da normativa italiana”. La dottoressa Monica Scorzino, vice direttore generale di Assografici, l’associazione industriale delle industrie grafiche, cartotecniche e trasformatrici, commenta l’inchiesta appena uscita in edicola sul nuovo numero del Salvagente.

La scoperta della migrazione del pericoloso interferente endocrino ha davvero fatto rumore, spingendo anche il ministero della Salute a intervenire con una nota che definisce illegale la presenza dei contenitori nel nostro territorio (tranne correggersi dopo qualche ora) e promettendo controlli.

Illegali, va detto, se fossero prodotti in Italia, ma non in Germania e in Spagna (i paesi da cui provengono i due cartoni che abbiamo trovato pesantemente contaminati da bisfenolo A). Complice una mancanza assoluta di regole comuni europee nel settore, infatti “se un pizzaiolo decide di acquistare cartoni prodotti in altri paesi può farlo e rischia di trovarsi imballaggi fatti anche con carta da macero “, ci spiega la dottoressa Scorzino. La ragione è abbastanza evidente, non si possono porre ostacoli al mercato interno comunitario. E chi acquista oltre confine (pagando in media un contenitore 1,2 centesimi contro i 2 di quelli italiani) potrebbe farsi sedurre dai prezzi, senza immaginare cosa sta servendo ai clienti. Una precisazione che, in seconda battuta adotta anche il ministero della Salute, correggendo la prima nota e precisando che “in virtù della ‘clausola di mutuo riconoscimento‘, le disposizioni italiane non si applicano alle carte e cartoni legalmente prodotti e/o commercializzati in altri Stati dell’Unione europea”.

Ma possibile che siano legali se superano da 3 a 6 volte i limiti fissati per la cessione di imballaggi in plastica? “Il problema è che quella norma non interessa i contenitori in cartone” ammette la direttrice.

Il fenomeno, come abbiamo raccontato ieri, non è di certo nuovo. Già 13 anni fa era balzato agli onori della cronaca la contaminazione da ftalati e altre sostanze in cartoni, all’epoca, italiani. Dunque, nonostante una normativa tra le più rigorose in Europa, l’uso di carta riciclata va avanti da anni, anche se le aziende più serie la evitano coscienti dei rischi e per rispetto della normativa italiana.

Non conosci il Salvagente? Scarica GRATIS il numero con l'inchiesta sull'olio extravergine cliccando sul pulsante qui in basso e scopri cosa significa avere accesso a un’informazione davvero libera e indipendente

Sì! Voglio scaricare gratis il numero di giugno 2023

“Certo la nostra associazione non può fare controlli, ma cerca di fare formazione e informazione per educare al rispetto delle leggi e spiegare come realizzare scatole per la pizza in maniera sicura”, spiega Monica Scorzino.

Non c’è dubbio che i controlli spettino ad altri, almeno su prodotti realizzati in Italia. Ed è altrettanto chiaro che non siano sufficienti, visto il ripetersi di questi allarmi.

COS’È IL BISFENOLO E PERCHE’ FA PAURA

BpA è l’acronimo del Bisfenolo A. Un composto di sintesi utilizzato nella produzione di alcune plastiche, diventato protagonista delle cronache dai primi anni duemila, quando se ne è scoperta la capacità di interferente endocrino, in grado cioè di alterare lo sviluppo e l’equilibrio del sistema ormonale incidendo con la fertilità. In parole povere capace di produrre anomalie riproduttive, cancro al seno e alla prostata, diabete e malattie cardiache.
Nel 2011 l’Europa decide di bandirlo dai biberon.
Dalle tettarelle ai contenitori per alimenti (piatti e bicchieri di plastica, recipienti per microonde)  fino ai rivestimenti protettivi per lattine e alla carta termica degli scontrini, il passo è stato breve. E le ricerche internazionali hanno continuato a mostrare contenuti spesso allarmanti di questa sostanza negli oggetti di consumo quotidiano.