La nuova faccia degli oli pronti per frittura nascosta sotto il termine “altoleico”

grassi

“Olio di semi di girasole ad alto contenuto di acido oleico”. Oppure, più semplicemente (ma si fa per dire) “acido altoleico”.  Chi si avventurasse a leggere gli ingredienti degli oli di frittura, scoprirebbe in diversi casi queste diciture. E chi avesse fatto lo stesso sforzo poco più di un anno fa, constaterebbe che si tratta di una novità. Presente soprattutto tra i marchi che hanno sostituito il tanto temuto olio di palma.

Il Salvagente lo ha fatto e ha scoperto che la new entry ha fatto la sua comparsa nel Coop Friggifacile, Friol, Carrefour olio di semi per frittura, Auchan Fritto perfetto. Un elenco, ne siamo certi, non esaustivo, ma già indicativo della tendenza del mercato.

Di cosa si tratta? E che significato ha per chi utilizza questi oli?

Modificato per resistere al calore

Lo abbiamo chiesto ad Alberto Ritieni, autore per il Salvagente del libro (e della rubrica) Miti Alimentari e docente di Chimica degli Alimenti all’Università Federico II di Napoli.

Ritieni ci spiega che si tratta di un modo per rendere più stabile l’olio in frittura. “Teniamo conto che partendo dai semi di girasole otteniamo un olio che ha un punto di fumo intorno ai 130°. Con questa materia prima sarebbe impossibile raggiungere i 200-220° che sono il punto di fumo degli oli da frittura. A meno di usare un mix con alta frazione di palma bifrazionato”.

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Il punto di fumo, va detto, è una caratteristica fondamentale per un grasso destinato alla cottura: è la temperatura alla quale le molecole dei grassi si degradano dando luogo ad altri composti tossici per l’organismo. Dunque, più è elevato e meglio è.

Costruiti a tavolino

Ma come si fa a partire da un olio come quello di girasole e innalzare il suo punto di fumo?

“Bisogna essere bravi in fase di produzione, ma non è impossibile. Durante la fase di distillazione, che fanno tutti gli oli di semi con solventi organici per eliminare gli odori, si prende la frazione di oleico, in sostanza privilegiando la parte di monoinsaturi dell’olio, che creano meno problemi in cottura”.

Sostanzialmente, dunque, si tratta di un prodotto “costruito” a tavolino proprio per la frittura che riesce a essere più stabile perfino dell’olio d’oliva e di quello di arachidi che, raggiungono un punto di fumo di 180°.

Una minaccia per l’extravergine?

Non sarà che la tentazione, vista anche l’economicità della produzione, sia di sostituire anche l’extravergine in usi diversi dalla frittura?

Segnalava pochi giorni fa un ottimo articolo di Teatro Naturale  (il portale più autorevole sull’olio) il caso di un olio di semi, con tanto di “Consigliato da Masterchef” “ad alto oleico (80% dichiarato), arricchito di vitamina E e antiossidanti naturali di rosmarino, alloro e salvia”. Un prodotto venduto a 3,89 euro con il vantaggio di avere tempi di conservazione molto più lunghi dell’extravergine.

“Nulla è impossibile per il marketing – commenta Alberto Ritieni – dopo che per anni ci hanno abituato a vedere un uomo che saltava la staccionata evocando la leggerezza di un olio di semi. O che ci hanno convinto che le vitamine prese nella pastorizzazione dei succhi di frutta e poi aggiunte al prodotto finito fossero un beneficio, quasi maggiore di quello apportato dalla spremuta di frutta fresca…”