“Efficacia drogante”. La seconda sentenza firmata dalla Corte di Cassazione sulla cannabis light, dopo quella che lo scorso 30 maggio di fatto vietava il commercio di derivati di canapa, gira attorno a un’espressione che appare quanto meno poco scientifica. la nuova sentenza, la numero 46236, stabilisce che chi vende derivati dalla coltivazione della cannabis sativa L, commette reato a meno che non si riesca a dimostrare che tali sostanze siano prive di efficacia drogante.
Una normativa parziale
Come riporta Damiano Aliprandi su Il Dubbio, la sentenza arriva dopo il ricorso di alcuni ragazzi proprietari dei cannabis shop ai quali la magistratura ha sequestrato i prodotti erba light per aver istigato all’uso di sostanze stupefacenti, come i prodotti derivati dalle infiorescenze di canapa sativa L, “in violazione di quanto stabilito dalla legge n. 242 del 2016, e per aver svolto attività di proselitismo per l’uso delle predette sostanze, detenendole allo scopo di cederle ad altri, mediante l’offerta in vendita presso i loro esercizi commerciali”. Insomma, i negozianti trattati come spacciatori nonostante i loro prodotti rientrino entro lo 0,6% di Thc (il principio stupefacente, per semplificare) ammesso dalla legge per i produttori di cannabis. Eppure, secondo la Cassazione, il sequestro è motivato dal fatto che i valori di tolleranza di THC fino a 0,6% indicati nella legge n. 242 del 2016 si riferiscono solo al principio attivo presente sulle piante in coltivazione, non al prodotto oggetto di commercio. E poi c’è il riferimento all’Efficacia drogante che il venditore dovrebbe valutare prima di mettere in commercio un prodotto a base di cannabis? Ma quali sono i parametri? Questo i giudici non lo dicono.
Della Vedova: pronto emendamento
Intanto, il segretario di +Europa, Benedetto Della Vedova, uno dei firmatari della proposta di legge trasversale per la legalizzazione della cannabis, poi affossata in parlamento, ritorno sull’argomento: “Vogliamo ridare certezze, dicendo che tutto quello che riguarda la cannabis sativa, che non è la indica da cui si ricavano hashish o marijuana, è legale ovviamente nell’esercizio imprenditoriale rispettoso di tutte le altre normative”. Della Vedova ha parlato della presentazione di un “emendamento in Senato che ci auguriamo possa essere discusso nella prima occasione utile per modificare la normativa laddove, introducendo limiti o ancora, dopo alcune sentenze che si sono riferite all’effetto drogante, ha determinato un’incertezza che sta penalizzando fortemente centinaia di imprenditori”.