È solo uno studio preliminare, un’ipotesi basata sull’osservazione di un caso clinico che ha bisogno di ricerche ulteriori per essere verificata, ma tanto è bastato per stendere un’altra ombra inquietante sull’aspartame, uno dei dolcificanti artificiali più utilizzati. Quello comparso su psychopharmacology.com e realizzato da Jacob Schultz e Kristin Furnish del dipartimento di psichiatria dell’Università statunitense di Louisville, è un’altra di quelle accuse che pesano e molto sull’aspartame.
In sostanza, dicono gli autori, può esserci una relazione tra il consumo di aspartame e la Td, la discinesia tardiva una grave e spesso irreversibile patologia iatrogena (cioè causata da un farmaco) caratterizzata da movimenti involontari, il più delle volte coinvolgenti la zona orofacciale. Una conclusione a cui sono arrivati osservando il caso di una paziente, una venticinquenne bipolare a cui oltre ai farmaci per la sua patologia era stato consigliato di assumere il dolcificante per temere sotto controllo il peso.
Una nuova scoperta di un effeto collaterale, in apparenza meno frequente di quelli rilevati diversi anni fa dall’Istituto Ramazzini che aveva dimostrato un aumento significativo di tumori dei pelvi renali, dei nervi cranici, di leucemie e linfomi non Hodgkin nei topi e nei ratti alimentati ad aspartame. Si badi bene, anche con dosi ammesse come quantità giornaliera. E l’incidenza aumentava quando il trattamento degli animali iniziava nella vita prenatale, come aveva spiegato il direttore scientifico della Fondazione Morando Soffriti al Salvagente.
E una nuova tegola sull’autorizzazione di un dolcificante che uno studio inglese della scorsa estate aveva criticato aspramente, parlando di una clamorosa sottovalutazione del rischio ad opera dell’Efsa (l’Autorità alimentare europea).