Nel campo delle spezie, le truffe sulle etichette sono all’ordine del giorno. Un po’ ovunque. Le ultime conferme arrivano dalla Francia dove al termine di una vasta operazione di controllo (219 visite agli stabilimenti) e 138 analisi di campioni in laboratori specializzati, la Direzione generale Concorrenza, Consumo e Controllo delle frodi (DGCCRF) ha concluso che una confezione su quattro (26,4%) è risultata non conforme. In sostanza spezie contraffatte. Molto meglio del risultato della precedente indagine del 2016, ma di certo questo tasso di anomalie rimane molto alto a giudizio delle autorità transalpine.
Paprika colorata, pepe e zafferano finti
Dopo aver analizzato sei spezie comuni (pepe, paprika e peperoncino, cumino, curcuma, zafferano e origano), i ricercatori hanno notato la presenza di vegetali estranei nella paprika e di un “rinforzo” della colorazione attraverso coloranti il cui uso non è mai stato autorizzato nelle spezie. Analoga sorte è toccata al pepe, dove erano presenti bacche estranee (e meno pregiate).
Eclatanti le scoperte sullo zafferano: gli investigatori hanno notato che si trattava di una miscela di altri prodotti e lo zafferano (il cui prezzo di mercato si aggira intorno ai 30.000 euro al chilo) era del tutto assente da queste bottiglie. E solo il 15% dei campioni era conforme.
Come spiegato dalla DGCCRF nella pubblicazione della sua precedente indagine sulla qualità delle spezie, il settore condimenti e condimenti (di cui le spezie fanno parte) è cresciuto in dieci anni di oltre il 35% in volume e di quasi il 45% in valore.
Spezie contraffatte senza confini
Il Salvagente, nel maggio 2020 aveva messo alla prova 25 vasetti di origano acquistati in supermercati e discount. E il risultato era stato mento tranquillizzante di quello registrato in Francia: solo il 60% del nostro campione conteneva una percentuale di origano, delle specie Onites o Vulgares, del 99%.
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Fragole, timo, convolvolo e lattuga sono solo alcune delle erbe utilizzate per contraffare l’origano. Si tratta di foglie dalla struttura molto simile che si confondono molto facilmente con quelle della spezia e passano inosservate al vaglio anche del consumatore più attento.
Ma allargando lo sguardo ad altri paesi si scopre che siamo in buona compagnia. Almeno per l’origano.
L’ultimo scandalo, prima dei risultati attuali francesi, è stato portato a galla nel 2017 dal test svolto da un’associazione danese, Forbrugerrådet Tænk, che ha portato in laboratorio 10 campioni di origano. L’associazione ha scoperto che 4 campioni contenevano solo il 50% di foglie di origano mentre l’altra metà era costituita da foglie di mirto e ulivo. In un altro campione, addirittura, la quantità di origano puro scendeva al 30%.
Un anno prima, nel 2016, il mensile dei consumatori britannici Which? aveva portato in laboratorio 78 campioni di origano acquistati in diversi negozi dell’Inghilterra e dell’Irlanda e on line, scoprendo che 19 frodavano il consumatore. La ricerca, che ha utilizzato la tecnica dello spettometro di massa, è stata coordinata da Chris Elliott, direttore del Global Institute of Food Security, che tra le altre cose aveva guidato l’inchiesta della Gran Bretagna sulla frode della carne di cavallo “mischiata” a quella di manzo.
Nello stesso anno l’associazione Choice aveva colto in fallo 7 campioni di origano su 12: in quel caso nascoste tra le foglie di origano c’erano quelle di ulivo e di sommacco. Dopo le analisi, l’Australian Competition & Consumer Commission, un organismo simile al nostro Antitrust, ha impegnato in maniera vincolante distributori e venditori a mettere in commercio solo ed esclusivamente origano puro.