
Muffe, pesticidi, insetti e… plastica: ecco cosa ha scoperto un’indagine francese che ha passato al setaccio 40 campioni di spezie ed erbe di Provenza. I risultati sorprendono anche nei prodotti certificati bio o Label Rouge.
Aromatizzano i piatti, colorano le preparazioni e aiutano a ridurre il consumo di sale: le spezie e le erbe aromatiche sono ormai ingredienti immancabili nelle cucine degli italiani (e non solo). Ma quanto sono davvero sicure e di buona qualità? A rispondere è una nuova inchiesta condotta da 60 Millions de consommateurs, che ha analizzato 40 referenze tra curry, pepe nero macinato, cannella ed erbe di Provenza, acquistate in supermercati, negozi bio e discount francesi.
Il bilancio? Tra residui di pesticidi, presenza di muffe, corpi estranei e manipolazioni industriali, molte etichette nascondono più di quanto dichiarano.
Pesticidi: anche il bio è contaminato
Tra i dati più allarmanti ci sono quelli sulla presenza di pesticidi: le analisi rivelano che solo tre vasetti di erbe di Provenza su quaranta risultano privi di contaminazioni. Tutti gli altri contengono tra uno e sette residui, compresi fitosanitari vietati nell’Unione europea, come linuron e dimetomorf.
Neppure le etichette con certificazione Label Rouge o bio si salvano del tutto. Il prodotto Provence Tradition France (Label Rouge) ha mostrato sette pesticidi diversi. Stessa sorte per alcuni curry, con punte di tre residui nel caso del marchio Albert Ménès, o addirittura l’uso di molecole vietate in Europa nei marchi Rustica e Auchan.
Anche il pepe nero macinato non se la cava meglio: due terzi dei campioni presentano tra uno e cinque pesticidi, tra cui imidaclopride e thiametoxam, entrambi vietati.
Aromi deboli e profumi spenti
Non meno deludente è il quadro sulla qualità aromatica. Le analisi hanno misurato la presenza di oli essenziali, fondamentali per l’intensità del profumo e del gusto: solo tre prodotti su quaranta hanno raggiunto livelli giudicati “molto buoni”. E diversi campioni bio, come Léa Nature, si fermano a livelli minimi, sintomo di piante raccolte immature o mal essiccate.
Anche la piperina, responsabile della piccantezza del pepe, scarseggia: Épicéa, ad esempio, resta sotto la soglia raccomandata (3,5%).
Cannella all’amido e curry gonfiati
La tentazione di allungare le spezie con sostanze poco costose per aumentare i margini è forte. È il caso della cannella Samia, la più economica del test, che contiene oltre il 34% di amido, quattro volte la media del campione.
Alcuni curry, invece, contengono fino al 19% di amido, spesso dichiarato in etichetta come amido di patata, ma comunque indice di una composizione molto diluita rispetto al prodotto atteso.
Insetti, peli e plastica: le “sorprese” nei vasetti
Ma il dato forse più sconfortante riguarda la presenza di corpi estranei: peli, frammenti di insetti, piume, plastica e persino metalli. Nessuna erba di Provenza è risultata esente. Le versioni bio La Vie Claire e Cook hanno registrato fino a 170 frammenti di insetti in 50 grammi di prodotto.
Anche i prodotti certificati Label Rouge non sono immuni, così come la cannella Samia e Bédros, che contengono fino a 70 peli e 570 frammenti di insetti per 50 g, oltre a frammenti plastici in quantità preoccupanti (150-320 pezzi/50 g).
Conclusioni: meglio leggere (bene) le etichette
L’indagine solleva gravi interrogativi sulla qualità igienico-sanitaria e organolettica di molti prodotti venduti come naturali o selezionati. Se da un lato le certificazioni (come il bio o il Label Rouge) offrono qualche garanzia in più sulla provenienza e sulla filiera, non bastano da sole a escludere contaminazioni o adulterazioni.
Serve una maggiore trasparenza, rigore nei controlli, e una maggiore consapevolezza del consumatore, che non dovrebbe fermarsi solo al prezzo o alla pubblicità. E magari, dove possibile, preferire produttori locali e artigianali, più controllabili e tracciabili.
Spezie contraffatte senza confini
Il Salvagente, nel maggio 2020 aveva messo alla prova 25 vasetti di origano acquistati in supermercati e discount. E il risultato era stato mento tranquillizzante di quello registrato in Francia: solo il 60% del nostro campione conteneva una percentuale di origano, delle specie Onites o Vulgares, del 99%.
Fragole, timo, convolvolo e lattuga erano solo alcune delle erbe utilizzate per contraffare l’origano. Si tratta di foglie dalla struttura molto simile che si confondono molto facilmente con quelle della spezia e passano inosservate al vaglio anche del consumatore più attento.