Nonostante Lollobrigida e Coldiretti italiani favorevoli alla carne coltivata

CARNE COLTIVATA

Sembra servita davvero a poco la crociata di Coldiretti e del ministro Lollobrigida contro la carne coltivata. Secondo uno studio dell’Università di Ferrara ed SWG, gli italiani guardano a questo nuovo prodotto con interesse e curiosità, a condizione che non vada a sostituire la carne tradizionale.

 

Lo studio ha individuato quattro categorie di italiani che per diverse ragioni potranno avere un ruolo nella sperimentazione e/o diffusione su vasta scala della carne coltivata.
Più precisamente: 5 chef affermati, 741 futuri chef (studenti/studentesse al quinto anno dell’istituto alberghiero), 1.000 consumatori e 1.000 possessori di animali domestici.
Tutti e 5 gli chef intervistati sono sostanzialmente favorevoli ad introdurre la carne coltivata nei loro menu. Per 2 di loro la carne coltivata rappresenta “un’innovazione alimentare speciale da proporre in menù dedicati”; uno la considera “non strettamente necessaria, ma una possibile soluzione ai problemi della produzione intensiva di carne”; per un quarto “non è strettamente necessaria, ma una possibile alleato di un’agricoltura di qualità”; il quinto la intende “come cibo modificato per una vita migliore e un mondo migliore, sia nell’ottica della salute che del risparmio di risorse”.
Andando ai futuri chef, il 71% circa degli intervistati è tendenzialmente favorevole o convintamente favorevole alla carne coltivata, in generale; il 69% circa tenderebbe ad assaggiarla o la assaggerebbe convintamente; il 63% tenderebbe ad utilizzarla o la utilizzerebbe nei propri menù futuri. Tuttavia, va specificato che l’86% di questi non la utilizzerebbe al posto della carne tradizionale, bensì in aggiunta, all’interno degli stessi menù o di menù dedicati.

Consumatori favorevoli

E per quanto riguarda i consumatori? Il 70% circa degli intervistati è tendenzialmente favorevole alla carne coltivata, in generale; il 64% tenderebbe ad assaggiarla; il 62% tenderebbe ad acquistarla in modo più o meno ricorrente o regolare. Tra di loro sembrano essere soprattutto i mangiatori di carne “con rimorsi” (uomini) a manifestare interesse per la carne coltivata, per i suoi possibili benefici sulla salute e sull’ambiente. L’idea che la carne coltivata sia promossa da chef riconosciuti tende ad aumentare la disponibilità a pagare per questa tipologia di carne.

Infine, lo studio indaga su cosa ne pensano i possessori di cani, sempre più attenti alle diete dei loro amici a quattro zampe, concepiti sempre più come veri e propri membri della famiglia. La maggioranza degli intervistati (53%) farebbe assaggiare la carne coltivata al proprio cane, mentre solo il 22% dichiara una totale chiusura in tal senso. La percentuale di accettazione potenziale aumenta al 58% se posta in termini di disponibilità a comprarla in modo più o meno regolare. Il 43% degli intervistati sarebbe disposto a pagarla almeno quanto, o addirittura di più, dei prodotti a base di carne tradizionale, in particolare per i possibili benefici di questa scelta sull’ambiente.

Il fronte governo-allevatori

Va ricordato che l’Italia è stato il primo (e unico) paese europeo a vietare qualcosa che non esiste ancora: ossia la produzione e la commecializzazione della carne coltivata (definita scorrettamente “sintetica” anche dal ministro all’agricoltura, alle foreste e alla sovranità alimentare Francesco Lollobrigida). Tranne fare marcia indietro in sede europea ritirando la notifica di un provvedimento che sarebbe stato inapplicabile una volta che si fosse espresso l’esecutivo di Bruxelles e con ogni probabilità avrebbe portato a una procedura di infrazione

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Cos’è la carne coltivata

Il processo di produzione con il quale si ottiene questa carne, al momento non ancora in commercio in Europa, è un classico processo di fermentazione dove a partire da cellule staminali muscolari di pollo o di suino messe in un bioreattore e alimentate con i classici nutrienti (proteine, lipidi, vitamine etc.), si ottengono quantità di cellule muscolari ad libitum. A fare i calcoli del risparmio ambientale che comporterebbe era stato un anno fa il compianto professor Alberto Ritieni, collaboratore storico del Salvagente.

Spiegava Ritieni: “In due mesi si raggiungono anche 50.000 tonnellate di prodotto, considerando che un suino da carne può pesare anche 150 kg, dalla coltivazione della carne si ottiene carne pari a circa 300.000 suini al netto di scarti e parti non edibili”.

E aggiungeva: “La carne coltivata non usa processi di sintesi né tantomeno alambicchi, provette o paioli fumanti stile la Strega Amelia di Disney. Non c’è nessuna manipolazione del Dna, o uso di tecniche misteriose, semplicemente permettiamo a cellule totipotenti come lo sono le staminali di diventare cellule muscolari del tutto identiche tra loro”.Aggiungiamo che utilizzando per la loro crescita dei nutrienti, ad esempio, ricavati dai sottoprodotti delle altre filiere ci sarebbe un basso costo e un’ulteriore riduzione dell’impatto ambientale.