Grani antichi, 7 miti alla prova delle conoscenze scientifiche

GRANI ANTICHI

I grani antichi, come il Senatore Cappelli, sono tornati di estrema attualità. In molti li considerano più salutari e c’è chi li indica anche in caso di intolleranze al glutine. Ma è davvero sempre così?

 

L’Italia è universalmente considerata il paese dove l’arte culinaria, la sapienza di utilizzare ciò che la natura concede come frutta, vegetali, formaggi, carni etc., permette di raggiungere dei livelli sensoriali e dei contenuti nutrizionali che, se ripetuti in altre aree geografiche, non produrrebbero gli stessi risultati. Fra i prodotti “fondanti” la nostra tradizione enogastronomica e la Dieta Mediterranea che ne deriva, ci sono i derivati dai cereali, e fra questi il frumento duro e quello tenero rappresentano un dominus della nostra tavola. Purtroppo, un gruppo di consumatori che sono del tutto intolleranti al glutine, i celiaci, o anche solo al momento sensibili a queste proteine ovvero affetti da “Gluten sensitivity”, debbono volenti o nolenti rinunciare ad alcuni di questi piatti. La voglia di inclusione, che è base della Dieta Mediterranea, si scontra in parte con la necessità di evitare tout court il glutine. Oggi la tecnologia alimentare permette di sedersi insieme a tavola senza sentirsi gli uni o gli altri esclusi dalla condivisione del cibo. E cresce la speranza di trovare un grano che non crei intolleranza. Per alcuni i “Grani Antichi” sembrano la soluzione. Ma è davvero così?

 

La celiachia è una forma di intolleranza che “infetta” chi vive con un celiaco

FALSO Questo errore nasce perché se una persona è diagnosticata come celiaca, tutti i suoi familiari sembrano diventare celiaci nel breve. Non è così. La comodità di “una sola cucina” ovvero non dovere essere attenti a contaminare col glutine ciò che mangia il celiaco e la voglia di essere a tavola senza differenze nel piatto induce a preparare piatti senza glutine per tutti. Questo non significa utilizzare dei simulacri che necessariamente introducono inutili additivi o grassi per compensare il glutine mancante, ma fare ricorso a tanti prodotti come patate, ortaggi, verdure, carni, etc. dove il glutine è assente. Condividere i piatti nello stesso momento e nello stesso modo è una delle forme di amore più elevate che ci sia. L’alternativa di preparare piatti convenzionali e senza glutine può dare una contaminazione indesiderata che aggrava la celiachia, patologia irreversibile che rende il tubo intestinale come un canale artificiale incapace di assorbire al meglio micro e macronutrienti. Questa scelta può esacerbare un aspetto psicologico negativo di negazione affettiva. Se vogliamo parlare di “infettività” dobbiamo dire che è l’affetto e l’amore per chi ci è vicino che “infetta”, per cui per amore evita di introdurre glutine anche chi celiaco non è. La celiachia resta una situazione anomala per cui su un difetto genetico trasmissibile, più o meno grave, si deve innestare uno stimolo esterno come il cibo contenente glutine. Paradossalmente, vivendo in un paese dove si usa mais o riso in abbondanza come in Asia o in Sud America, l’eventuale male assorbimento o celiachia non si sarebbe mai evidenziata.

Utilizzo i grani antichi perché sono del tutto diversi da quelli attuali

FALSO/VERO Il frumento è stato reso domestico oltre dodici millenni fa nella zona della “mezzaluna fertile”. Chi ricorda i fiumi Tigri e l’Eufrate ora comprende meglio come questa zona sia stata importante per lo sviluppo della civiltà umana. Il frumento è diventato simbolo di prosperità, assicurava calorie e nutrienti per cui diventa fondamentale tra i primi migranti che arrivano in Europa attraverso il Caucaso, poi verso ovest conquista l’Europa centrale e il Nord Africa. Il grano è un simbolo religioso associato all’Eucarestia, il pane si spezza e si divide per essere alleati e amici, ed è una delle colture più simboliche con uva, olivo e poche altre. Come tutti gli organismi, anche il grano nei millenni si è modificato geneticamente da solo mentre più di recente attraverso la mano dell’uomo con ibridi sempre più forti, produttivi, migliori e utili. Nel grano si è passati da una specie con quattordici cromosomi a specie con ben 42 cromosomi. I primi grani li ritroviamo oggi come farro piccolo, ma da quello si è giunti col tempo a grano tenero, quello duro è un parente molto più giovane geneticamente. Esistono tuttora delle piante come il farro selvatico che cresce solo in alcune aree ma che non ha importanza tecnologica o nutrizionale tale da competere col grano duro. L’uomo negli anni ha selezionato i semi delle piante più utili per avere raccolti sempre migliori, per esempio facendo sì che i semi non fossero più dispersi naturalmente dalla spiga per mietere, trebbiare, etc. Dal farro piccolo si arriva al farro medio con semi più grandi e rivestiti dalla granella che va decorticata prima di macinare e creare uno sfarinato. Questo farro è sulla tavola degli antichi romani per preparare pane, focacce e polente e da farro deriva la parola farina. Dei semi senza granella si parla già in Egitto nel III sec a.C. e da qui il passo alla selezione del grano duro è breve. In conclusione, un grano “antico” e un grano attuale non sono così diversi come sembrerebbe, sarebbe come chiedere se un nipote è poi tanto diverso dai nonni, alcune caratteristiche si modificano per gli incroci, altre per naturali mutazioni altre ancora sono indotte dall’ambiente, ma mai un frutto sarà troppo diverso dall’albero da cui è caduto.

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I grani antichi sono identici per la loro produttività e le loro caratteristiche

FALSO Fino alla prima guerra mondiale il frumento aveva una resa in Italia di circa 10 quintali ad ettaro e si ottenevano 140 kg di semi e molta granella. Una resa in semi bassa che era già nelle capacità dei romani che si accontentavano anche di soli ottanta chili per ettaro di frumento. Per circa duemila anni non si è migliorata la resa, del resto le richieste del mercato erano soddisfatte con una popolazione mondiale “cerealofila” ancora numericamente ridotta. Le piante però erano molto alte e col maltempo si piegavano a terra così che muffe, parassiti e patologie ne riducevano ulteriormente qualità, sicurezza e resa per ettaro. Oggi è molto ricercato il grano Senatore e Marchese del Regno di Italia Cappelli che supportò Nazareno Strampelli nel suo lavoro. Il Cappelli è un frumento alto 1,6 metri, molto rustico e adattabile. La caratteristica fondamentale, però, è che la resa di grano per ettaro aumentò almeno del 20%, cosa assai utile per sostenere la crescita demografica del tempo. Oggi questo grano ha una resa media di 20 quintali per ettaro contro le 2,4 tonnellate di quello comune. Una resa decisamente inferiore che ovviamente condiziona la diffusione del Cappelli. A proposito del nome di questo grano, va detto che meriterebbe l’aggiunta di Strampelli per i suoi studi ma spesso la ricerca è paragonabile al “mediano” di una squadra di calcio che fa il lavoro oscuro, volendo citare “Una vita da mediano” di Ligabue, ma sulle prime pagine è il “bomber” ad avere i titoli anche se sbaglia un rigore. La storia dice che anche al Senatore Cappelli si arrivò per passi attraverso la selezione di grani come l’Ardito nel 1920, il Mentana, il Villa Glori o il Damiano nel 1929: ognuno rappresentava un progresso, ma non ancora la perfezione.

 

Il glutine dei grani antichi è meno impattante per i celiaci

FALSO/VERO La scienza ha dimostrato che la celiachia è una malattia autoimmune o autoinfiammatoria che richiede l’innesco del glutine per esprimersi. Nei grani antichi sembra esserci una minore aggressività per cui l’innesco, perché la celiachia si osservi, sembra meno efficiente. L’uomo dai grani preesistenti al 1900 ha sempre cercato di migliorarne la qualità della semola e avere un grano più “proteico” e quindi più ricco anche di glutine. Questo fattore selettivo, l’aumento dei consumi, la crescita della domanda da parte dei consumatori, ha portato ad avere grani migliori per vari motivi ma anche più potenti come innesco della celiachia. Questo potrebbe non essere il solo motivo per cui i grani più moderni sembrano essere meno indicati per un celiaco.

 

La chimica in campo e il glifosato possono avere un ruolo nella celiachia

VERO Dal secondo dopoguerra i trattamenti in campo con sostanze di sintesi sono cresciuti esponenzialmente in varietà, frequenza, quantità, per rispondere alla richiesta di cibo e tutto ha creato una forte pressione anche sull’uomo. Una parte delle motivazioni della crescita della celiachia potrebbe essere dovuta, per esempio, all’uso del glifosato. Questo diserbante non selettivo, oggi proibito in Italia dal 2016 in fase di preraccolto ma non considerato dall’Efsa come cancerogeno, è stato usato nel passato per evitare le infestanti e oggi se ne è scoperto un ruolo antibiotico. Ciò potrebbe alterare il nostro microbiota con danni anche alla parete intestinale su cui è ospitato. Se questi danni dell’intestino aprono delle “brecce” nella parete intestinale può entrare il glutine senza che sia del tutto digerito e la sua parte detta “gliadine” attiva i meccanismi di difesa immunitaria del nostro organismo scatenando forme di celiachia. I grani antichi perché più rustici, meno trattati con molecole di sintesi, con inneschi meno potenti, si può ipotizzare che impattino di meno sulla frequenza della celiachia. Tutti i grani, senza alcuna differenza, contengono glutine, per cui anche i grani antichi sono da evitare da parte dei celiaci altrimenti aggraverebbero la loro patologia di male assorbimento.

 

Parlare di grani antichi come migliori per la nostra salute è del tutto errato

FALSO La soluzione è nel traslare dal prodotto al processo di produzione il termine “antico”. Grani coltivati nel 1800 o prima non sono esenti da glutine, ma le pratiche utilizzate per coltivarli erano “più pulite” per il minore uso di molecole di sintesi e oggi si chiede una strategia verde, maggiore sostenibilità ambientale, sicurezza degli alimenti e salvaguardia dei suoli e questo impone di utilizzare nuovi strumenti con una maggiore attenzione alla agricoltura di precisione, integrata, idroponica e riportando il cibo laddove deve viene consumato. “Non tutti sono adatti a tutte le narrazioni” per cui varietà di frumento utili per la pasta non sono le migliori per altri usi, ma sviluppando un modello di “produzione antica di frumento” potremmo raggiungere risultati interessanti che permettono di incidere almeno sulla Gluten Sensitivity.

 

La sensibilità al glutine o Gluten Sensitivity sarà dunque risolta dai grani antichi

FALSO Celiachia e Gluten Sensitivity sono spesso sovrapponibili, la prima colpisce l’1% della popolazione e la seconda arriva fino all’8%, ma la sintomatologia non è del tutto identica tanto che nella seconda non vi è l’appiattimento dei villi intestinali ed è una patologia al momento considerata reversibile dopo un certo lasso di tempo in cui non si introduce glutine. Nel caso dei celiaci, purtroppo, la patologia e i danni sono irreversibili e si riverberano su tanti altri organi ed apparati del corpo. Nei diagnosticati di Gluten Sensitivity eliminando o riducendo molto lo stato infiammatorio che il glutine produce è ipotizzabile un miglioramento e la possibilità di ritrovare in tavola pasta, pane etc. Questo non può accadere nel caso dei celiaci dove il danno è progredito. Resta il dubbio se un Gluten Sensitivity non sia un modo per spingere i consumi dei prodotti gluten free mentre potrebbe essere sufficiente un periodo di tempo specifico per ognuno in cui si applica una dieta senza glutine per poi tornare alla normale dieta.

Conclusioni

I grani antichi sono un richiamo molto forte; tradizioni, storia, narrazione e hanno un intrinseco storytelling che li rende accattivanti per i consumatori. La loro produzione in termini di resa è insoddisfacente, per alcuni anche in termini tecnologici come produzione ad esempio di pasta secca, per altri i grani duri non sono la panacea della celiachia e vanno comunque sconsigliati come consumo. Allora perché sono interessanti? Rappresentano una agricoltura meno intensiva, meno impattante sul pianeta e riporta al suo reale valore la possibilità di nutrirsi in sintonia con la natura. La loro produzione al momento è molto limitata come quantità ed è scientificamente impossibile validarli come utili a chi non può introdurre glutine, ma si potrebbe rendere loro un servigio migliore parlando di “grani da agricoltura antica” così facendo riemergere tutto quanto detto all’inizio di queste conclusioni.