La mandragora è una pianta con proprietà analgesiche e antidolorifiche ma molto pericolosa se ingerita
La mandragora o mandragola è una pianta appartenente alla famiglia delle solanacee, la stessa di pomodori, melanzane e patate. E’ molto diffusa nel Mediterraneo ed in Italia si trova in due varietà: mandragora officinarum con fioritura primaverile bianco-verdognola e la mandragora autumnalis, con fiori autunnali azzurro-violetti. Quest’ultima è detta volgarmente mandragola femmina e nella cultura popolare ha poteri magici e virtù soprannaturali legati alla sua radice antropomorfa, che ha la forma che ricorda quella di un uomo e che può raggiungere un metro e mezzo di profondità.
È una pianta perenne con fiori di un colore intenso, foglie oblunghe e bacche gialle rotonde.
Le foglie della pianta, invece, assomigliano a quelle di altre verdure a foglia verde, come la bietola, la borragine o gli spinaci.
Tutte le parti della pianta di mandragora sono velenose, così come le due varietà che si differenziano solo per il periodo di fioritura. A rendere la mandragora molto pericolosa sono alcuni alcaloidi tossici che contiene come: la scopolamina, l’atropina e la ioscina; agenti anticolinergici in grado di ostacolare o impedire l’attività di alcuni recettori localizzati nel sistema nervoso centrale e periferico, causando soprattutto effetti psico-neurologici.
Le proprietà curative che la resero molto apprezzata nell’antichità
La mandragora ha diverse proprietà: ha un potere narcotico e sedativo, favorisce il sonno e aiuta anche a calmare dolori e spasmi. Inoltre può aiutare a risolvere problematiche legate alla sfera sessuale combattendo l’impotenza.
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Proprio per questo, la radice di mandragora era utilizzata sotto forma di infuso, tintura madre e olio per stimolare il desiderio sessuale e migliorare le prestazioni.
Queste proprietà, però, considerata l’alta tossicità della pianta, oggi, non vengono sfruttate. Anzi, la mandragora rappresenta una pianta piuttosto temuta, poiché altamente tossica e facilmente confondibile con altre piante commestibili.
Si sono verificati diversi casi di avvelenamento in seguito all’ingestione delle sue foglie scambiate per quelle di specie vegetali commestibili, come la borragine o gli spinaci.
L’assunzione di foglie o radice di mandragora, così come di preparati che la contengono, causa fenomeni di intossicazione gravi con sintomi che includono disturbi a carico dell’apparato gastrointestinale, di quello cardiovascolare e del sistema nervoso centrale.
Il consumo di qualsiasi parte della pianta causa vomito e diarrea, palpitazioni e tachicardia, eccitazione sessuale incontrollabile, alterazione nella percezione della realtà, allucinazioni sia uditive che visive, convulsioni, amnesia e può arrivare anche a indurre il coma e la morte.
Le principali sostanze attive contenute all’interno della mandragola e responsabili della sua tossicità sono gli alcaloidi tropanici.
Questa miscela di alcaloidi è presente nella radice così come nelle foglie e sono in grado di produrre anche con piccole quantità, effetti tossici a carico di diversi distretti e organi (sistema nervoso centrale, apparato gastrointestinale, sistema cardiovascolare).
La sintomatologia dell’avvelenamento da mandragora
Le manifestazioni che compaiono in caso di consumo di mandragora sono rilevanti e si caratterizzano per:
- Secchezza delle fauci;
- Visione offuscata e midriasi;
- Aumento della temperatura corporea;
- Difficoltà di minzione;
- Sonnolenza;
- Costipazione;
- Tachicardia;
- Vertigini;
- Mal di testa;
- Delirio e allucinazioni;
- Episodi maniacali;
- Confusione mentale;
- Difficoltà respiratorie.
Nei casi più gravi, l’ingestione di mandragora può portare al coma e perfino alla morte.
Le stesse sostanze attive della mandragora sono presenti anche in altre piante appartenenti alla famiglia delle solanacee, come, ad esempio, la pianta di “belladonna”.
Consumare foglie, fiori, frutti e radice di mandragora è un rischio per tutti ma lo è soprattutto per bambini, persone anziane, persone con patologie, occorre quindi prestare molta attenzione durante le passeggiate e nella raccolta di erbe spontanee perchè, come detto, è possibile scambiare la mandragora per altre specie commestibili e raccoglierla per errore.
Qual è il trattamento da eseguire in caso di avvelenamento
In caso di sospetta ingestione di mandragora o se si dovessero manifestare sintomi elencati dopo l’ingestione di vegetali è necessario contattare immediatamente i soccorsi sanitari.
Se prontamente trattato, infatti, l’avvelenamento da mandragora può essere risolto senza gravi conseguenze.
La risoluzione e le eventuali ripercussioni dipendono anche dalla quantità di mandragora ingerita e dalla sensibilità del singolo individuo nei confronti delle sostanze che contiene.
Per curare l’avvelenamento da alcaloidi tropanici, i medici ricorrono alla fisostigmina un principio attivo che funge da antidoto ai veleni anticolinergici. Entrando in azione, questa sostanza è in grado di incrementare i livelli di acetilcolina a livello delle terminazioni nervose, favorendo così il ripristino delle condizioni normali dell’organismo.
Oltre alla somministrazione dell’antidoto, i pazienti con intossicazione da mandragora vengono trattati con terapie di supporto, come, ad esempio, lo svuotamento del contenuto dello stomaco mediante lavanda gastrica e l’abbassamento della temperatura corporea.
Usi terapeutici
Data la sua tossicità, l’impiego della mandragora in medicina e in erboristeria non è consentito. Tuttavia, gli alcaloidi in essa contenuti vengono sfruttati, con opportuni dosaggi, in ambito farmaceutico per la produzione di medicinali adatti al trattamento di diversi disturbi.
Gli alcaloidi tropanici utilizzati per la formulazione di alcuni medicinali, però non vengono estratti dalla pianta, ma prodotti per via sintetica.
Le sostanze utilizzate per molti farmaci importanti sono:
La scopolamina che trova largo impiego nei farmaci e nei cerotti transdermici utilizzati per il trattamento di nausea e vomito.
La iosciamina, che viene utilizzata per fornire un sollievo sintomatico degli spasmi causati da vari disturbi dell’addome, come ulcere o la sindrome dell’intestino irritabile, coliche, pancreatite o diverticoliti; nonché per alleviare alcuni problemi cardiaci, per controllare alcuni dei sintomi del morbo di Parkinson e per attenuare i sintomi respiratori anormali in pazienti con malattie polmonari.
L’utilizzo dell’atropina, invece, in medicina è molto vario. Viene usata come spasmolitico in patologie come l’asma, la tosse canina, le coliche, i disturbi dell’epilessia, il morbo di Parkinson. In campo oftalmico, come dilatatore della pupilla durante le visite oculistiche. Come spasmolitico in forma preventiva durante gli interventi chirurgici ed anche come antidoto per alcune tipologie di avvelenamenti.
Teniamoci lontani dalle erbe selvatiche per evitare pericoli
Risale solo a poche settimane fa l’intossicazione da mandragora avvenuta in diverse zone nella provincia di Napoli, dove le decine di persone coinvolte avrebbero acquistato la verdura sfusa che era stata scambiata per spinaci.
Le foglie di mandragola sono simili all’apparenza a quelle di spinaci e borragine, ecco perché gli esperti consigliano in caso di dubbio di evitare di raccogliere erbette selvatiche nei campi.
Non è così semplice, infatti, riconoscere le foglie di una specie rispetto ad un’altra. Andando a ricercare le differenze, gli esperti botanici consigliano di guardare il gambo della pianta. Quello della borragine ha piccole spine, il gambo della mandragora, invece, è tipicamente liscio.
Altro elemento distintivo è l’odore: quello della mandragora è sgradevole, mentre il profumo della borragine assomiglia a quello del cetriolo.
Entrambe però hanno i fiori blu pallido ma, mentre quelli della mandragora partono direttamente da terra, quelli della borragine crescono sul fusto.
In Italia la mandragora cresce nei campi incolti lungo le zone collinari e gli aridi sentieri di montagna esposti al sole. Solitamente ha piccole dimensioni e una radice robusta che sotto il livello del terreno si biforca assumendo la forma caratteristica del corpo umano.
La parte aerea della pianta è alta non più di 10 cm ed è formata da grandi foglie ovali con un apice appuntito disposte a formare una larga rosetta che si sviluppa a livello del terreno.
La foglia è ruvida ed è percorsa da una spessa nervatura centrale bianco-verdastra. Il margine è ondulato e tutta la foglia compreso il breve picciolo sono ricoperti da una fitta ma corta peluria.
Piccole distinzioni, però, che potrebbero confondere un occhio non esperto. Proprio per questo il consiglio è sempre quello di evitare di mangiare ciò che non si conosce.
Abbiamo detto che gli effetti della mandragora possono essere fatali anche se consumata in piccole quantità.
Un discorso a parte ovviamente va fatto per le verdure che si acquistano e che dovrebbero essere controllate lungo tutta la filiera per garantire gli standard di sicurezza.
Eppure anche in questo caso, sono scattati gli allarmi.
La sicurezza alimentare è una priorità che va salvaguardata e passa anche da un’informazione corretta.
Nel 2016 è stata pubblicata una guida al riconoscimento e alla prevenzione, curata dal Centro Antiveleni di Milano in collaborazione con il Ministero della Salute, riguardante le intossicazioni alimentari derivanti da tossine naturali. Il documento descrive le tossine di origine vegetale contenute nelle piante e nei funghi e quelle di origine animale che possono essere contenute in pesci e molluschi evidenziando i possibili pericoli che il mondo “naturale” possiede.
Le intossicazioni dovute all’ingestione di alimenti vegetali contenenti tossine sono molto pericolose perciò è necessaria la giusta conoscenza.
Riconoscere quali possono essere in natura gli alimenti dannosi per la salute è fondamentale. A questo scopo la guida fornisce indicazioni utili al riconoscimento delle tossine naturali e alla prevenzione, fornendo ai cittadini gli strumenti per conoscere e quindi evitare i pericoli per la salute determinati dal consumo incauto di prodotti naturali, sfatando la credenza che ciò che è naturale non fa male.
L’intossicazione che si verifica per l’ingestione di vegetali come alimento è il più delle volte, dovuta allo scambio di specie tossiche con quelle commestibili.
Le manifestazioni cliniche causate dall’esposizione a una specie velenosa dipendono dal tipo di tossina contenuto e dalla sua concentrazione, che può variare in modo significativo in rapporto al tipo di habitat, alla coltivazione, al momento della raccolta e alla parte del vegetale coinvolto.
Le varie specie vegetali contengono diverse sostanze in grado di svolgere un’attività biologica nell’uomo, con effetti benefici (azione terapeutica) o dannosi (azione tossica), dovuti alla caratteristica e alla quantità dei principi attivi presenti.
Inoltre, l’attività farmacologica della pianta può variare a secondo del grado di assorbimento attraverso il tratto gastroenterico ed essere modificata dal trattamento fisico effettuato dopo la raccolta come la cottura, l’essiccazione o la macerazione.
Molte delle informazioni sulle proprietà sia curative, sia tossicologiche delle piante sono aneddotiche e legate a un uso tradizionale; è per questo motivo che le notizie diffuse da riviste, libri o siti internet possono essere discordanti e non corrispondere ai reali effetti clinici conseguenti al loro consumo nell’uomo.
Le tossine contenute nelle piante velenose possono svolgere la loro azione lesiva in svariati modi: solo nella zona di contatto (specie ad azione locale), oppure, dopo assorbimento dalla via di esposizione, colpire uno o più organi specifici (specie ad azione sistemica) causando delle intossicazioni anche molto gravi e potenzialmente mortali.
Come nel caso della mandragora che può manifestare i suoi effetti sugli organi vitali, come il cuore, il sistema nervoso e il fegato, con effetti clinici molto gravi.
Come tutelare il cittadino
Attualmente non esistono norme legislative che regolano la vendita e la messa a dimora delle piante ornamentali in Italia; per questo motivo sia il privato cittadino o un ente pubblico, è poco tutelato rispetto ai potenziali rischi di un’esposizione accidentale a delle specie velenose.
In attesa che anche nel nostro Paese sia introdotta una normativa ad hoc, è importante che ogni specie presente in ambiente domestico o pubblico sia rapidamente e facilmente identificabile con il suo nome botanico e che, nel caso in cui si tratti di luoghi sicuramente frequentati da bambini o animali da compagnia (abitazioni, giardini pubblici, scuole, ecc.), siano disponibili, preventivamente, le informazioni sulla loro tossicità.
È, inoltre, buona norma insegnare ai bambini a non strappare e a mettere in bocca fiori, foglie o frutti delle piante che trovano nei parchi e nei giardini: oltre ad educarli a rispettare l’ambiente si tutelerà anche la loro salute.
Per un uso consapevole si deve sconsigliare sempre la raccolta di piante medicinali spontanee per uso salutistico o di automedicazione, come di specie vegetali da consumare per l’alimentazione, proprio per l’elevato rischio di uno scambio accidentale con specie velenose.