Altro che pura carne! I troppi “aiutini” negli hamburger

HAMBURGER

Nel nostro test abbiamo trovato hamburger che a malapena superano il 50% di carne, in qualche caso di qualità scadente. E il resto? Dal bamboo alle fibre del pisello sono tutte usate per ridare consistenza e un po’ di sapore a un prodotto che altrimenti non ne avrebbe come ci spiega Dario Vista

Poca carne e neppure di grande qualità. In alcuni degli 11 hamburger che abbiamo analizzato per il test di copertina di questo mese del Salvagente, la fotografia che restituiscono le nostre prove è decisamente deludente. Accanto a “polpette” con una buona qualità e quantità di materia prima, infatti, ce ne sono diverse in cui la carne arriva a malapena a metà del peso del burger e per di più è piena di connettivo, la parte dei nervi e in generale la meno pregiata.

Altro che solo cane. Le aggiuntine negli hamburger

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Ma c’è un legame tra la poca carne che abbiamo trovato a volte negli hamburger surgelati e l’aggiunta di ingredienti? “Sì, perché bisogna dare un volume commerciale e spesso aumentare la massa proteica di questi prodotti”. A spiegarlo è il nostro nutrizionista e tecnologo alimentare Dario Vista. Quando si acquista una “polpetta” ci si aspetterebbe un alimento mono-ingrediente, come quello che possiamo scegliere in una macelleria. E invece spesso occorre armarsi di buona pazienza e leggere che oltre alla carne – non di rado poca, appena la metà del peso complessivo – la lista degli ingredienti è decisamente lunga, fino a 6-7 aggiunte.
A cosa servono tutti questi “aiutini”? “In primis a mantenere la forma della polpetta – aggiunge Vista – e poi a rafforzare il contenuto di proteine”. Cominciamo dalla tonicità: “Farine di frumento e di soia, pangrattato, fibre vegetali (prevalentemente di bamboo) e fiocchi di patate consentono alla preparazione di legare bene e conservare la compattezza tipica della polpetta. Questo è tanto più necessario quanto più manca la materia prima”. Nello specifico poi si usa pangrattato per l’effetto igroscopico “per la sua capacità di trattenere acqua e legare bene l’impasto finale”. Stessa funzione assolve l’aggiunta di fibra vegetale: trattiene acqua e favorisce compattezza e peso.
La farina di soia e altro tipo di ingredienti, come le proteine ristrutturate di pisello o le proteine dei frumento (essenzialmente glutine) sono invece altre “scorciatoie” che i produttori imboccano per aumentare l’apporto proteico. “Questo si capisce nei burger vegani – commenta l’esperto – per sostituire le proteine animali con quelle vegetali. Ma in un prodotto a base di carne l’esigenza è diversa: si vuole aumentare l’apporto proteico, magari perché la materia prima è poca oppure la qualità non è eccelsa, il collagene è troppo e quindi bisogna riequilibrare il tutto”.

Dare sapore a una carne stressata

Tra gli ingredienti non mancano “estratti di lievito, pepe, aromi naturali, paprica, spezie” tutte aggiunte per dare sapidità al prodotto finale. “Stiamo parlando di prodotti molto stressati per cui – aggiunge il nutrizionista – spesso si può aver bisogno di ricostruire un po’ di identità e di sapore”.

Scorrendo la lista degli ingredienti notiamo anche la presenza di latte, a volte in polvere: a quale compito deve assolvere? “In questo caso a dare morbidezza: è un po’ come quando prepariamo le polpette a casa e aggiungiamo un po’ di latte. L’importante, in questi casi, è che venga ben segnalato come allergene in etichetta”.

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Quanti grassi? Non chiedetelo all’oste

Nelle nostre analisi abbiamo riscontrato in alcuni prodotti dei significativi scostamenti tra i grassi dichiarati in tabella nutrizionale e quelli rilevati. È bene chiarire che l’Unione europea consente ai produttori alimentari un margine di errore ampio – più o meno 20% – quando devono indicare in tabella nutrizionale i valori di proteine, zuccheri, fibre, sale e grassi. Il tutto è scritto nelle Linee guida alla compilazione della Tabella nutrizionale del dicembre 2012 recepite in Italia, attraverso una circolare del ministero della Salute, quattro anni dopo proprio, quando, nel dicembre 2016 è diventata obbligatoria la tabella nutrizionale sulle confezioni.

L’intento non è nascosto: “L’obiettivo è di fornire una linea guida sia alle Autorità che effettuano il controllo ufficiale sia agli operatori del settore alimentare (le aziende alimentari, ndr) sulla tolleranza applicabile alla dichiarazione dei nutrienti in etichetta, nell’ottica di assicurare una corretta informazione ai consumatori”.
Come si può considerare tale un’informazione che può variare del 20%? Vista è molto critico: “L’ampio margine di errore concesso nella compilazione dei valori nutrizionali garantisce al consumatori tutt’altro che una corretta informazione”. Oltre al margine di tolleranza, la legge non prevede nemmeno una tempistica sulla “revisione” della tabella nutrizionale. “Tutto è lasciato all’autoregolamentazione aziendale – conclude amaro il nostro esperto – per cui quando si cambia fornitore si dovrebbe fare un controllo dei valori nutrizionali, ma di obblighi di legge nemmeno l’ombra”.

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