Dopo il successo della prima videorubrica “Occhi Aperti!”, la dottoressa Chiara Manzi oggi ci accompagna tra gli scaffali dei supermercati per cercare di capire se e come si può evitare di portare l’acrilammide sulle nostre tavole e su quelle dei nostri bambini
Dopo il successo della prima puntata di Occhi Aperti!, oggi la dottoressa Chiara Manzi ci accompagna in un supermercato per capire come e se si può evitare l’acrilammide nei prodotti per adulti e bambini già al primo sguardo, senza bisogno di un laboratorio di analisi al seguito.
Cos’è l’acrilammide
L’acrilammide è un contaminante di processo è che si forma naturalmente negli alimenti amidacei durante la normale cottura ad alta temperatura. La principale reazione chimica che ne è la causa è nota come “reazione di Maillard”, la stessa reazione chimica che conferisce ai cibi l’aspetto abbrustolito e li rende più gustosi.
Questa sostanza è presente in diversi alimenti: dai prodotti fritti a base di patate alle fette biscottate e i biscotti passando per il pane morbido e i cracker.
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Un pericolo per i bambini (e non solo)
Particolare preoccupazione, come è ovvio, viene rivolta alla presenza della sostanza nei cibi per bambini, vista la delicatezza dell’organismo dei più piccoli. Eppure livelli elevati di acrilammide – contaminante di processo “possibile cancerogeno” – sono stati rilevati all’inizio di quest’anno da uno studio condotto dalle Università di Napoli Federico II e Roma San Raffaele su 90 campioni di baby food, indicati per lo svezzamento dei bambini da 4 a 36 mesi, rilevando in particolar modo una concentrazione particolare nei biscotti.
I risultati della ricerca sono stati pubblicati sulla rivista Foods (clicca qui per lo studio completo) e, anche se nessun campione ha superato i livelli di riferimento per la concentrazione di acrilammide previsti dal Regolamento Ue 2017/2158 (40 μg/kg per gli alimenti trasformati a base di cereali; 150 μg /kg per fette biscottate e biscotti entrambi destinati ai lattanti e ai bambini nella prima infanzia), i livelli riscontrati (fino a 105 microgrammi per chilo in un campione di biscotti) invitano, secondo gli autori dello studio, a ritardare l’introduzione di questi prodotti nella dieto per lo svezzamento.
Cancerogeno ma senza limiti di legge
Nonostante l’acrilammide – prodotta per effetto della reazione di Maillard quando cibi contenenti amidi (come biscotti, pane, patate, caffé, etc) vengono cotti ad alte temperature – sia classificata nel gruppo 2A dalla Iarc dell’Oms come “probabile cancerogena per l’uomo” e l’Efsa ne raccomanda l’assenza, non esiste un vero e proprio limite di legge, ma solo delle soglie – periodicamente riviste al ribasso – alle quali le aziende alimentari devono tendere per tenere sotto controllo la sostanza tossica. Così, in pratica, in caso vengano rilevate dei prodotti con concentrazioni superiori al livello di riferimento (come è accaduto per nei test condotti dal Salvagente sulle patatine fritte in busta), non scatta nessun ritiro alimentare ma solo l’obbligo per le aziende di mettere in atto una serie di azioni di contenimento.
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