Diesel di contrabbando: maxi truffa da 200 milioni e 172 denunciati

DIESEL SPORCO

Rivendevano sottobanco carburante importato a prezzi fuori mercato senza versare l’Iva. Nei giorni caldi del boom dei rincari, la Guardia di finanza di Pescara con l’operazione “Oro nero” questa mattina ha scoperto una maxi truffa ai danni dell’Erario per oltre 45 milioni di euro e ha portato alla denuncia di 172 operatori per i reati tributari di emissione e utilizzo di fatture per operazioni inesistenti, oltre che per riciclaggio, auto riciclaggio e bancarotta fraudolenta.

Lo scenario che trapela dalle indagini, coinvolge tutta la Penisola, ed è, come si legge in una nota delle Fiamme gialle, a dir poco tortuoso quanto sconcertante. Come abbiamo denunciato con i nostri test e le nostre inchieste, la filiera del “diesel sporco” sembra non conoscere più ostacoli

Lo schema truffaldino è piramidale: ai vertici, fornitori nazionali e comunitari di petrolio dai quali società “cartiere” del tutto tarocche e per niente operative, rappresentate da prestanome appositamente reclutati, nullatenenti, e che non hanno mai operato nel settore carburanti, acquistano l’oro nero senza applicazione dell’Iva, per poi rivenderlo alle “pompe bianche” a prezzi stracciati, di nuovo senza versare l’Iva. I guadagni? Infiniti, in barba allo Stato e ai cittadini.

Gli indagati viaggiavano con un’autocisterna strapiena di carburante procacciato a prezzo agevolato e venduto ai distributori stradali su quello che diventa un vero e proprio mercato nero. A quanto? A meno della metà del costo medio del gasolio. Regalato in pratica, tenuto anche conto del fatto che, trasportato a migliaia di km di distanza, non risente di alcun incremento di valore, salvo poi finire nelle vetture dei consumatori finali a prezzi stellari.

L’arguto meccanismo fraudolento, dietro il quale si nascondono le organizzazioni criminali sbaragliate dalle Fiamme gialle pescaresi, si basa sull’utilizzo di fatture false, con cui simulare un allineamento dei prezzi di vendita a quelli di mercato. E la differenza pagata in più? È finta, viene poi, di fatto, restituita in contanti: così si aggira la normativa fiscale, a danno dell’Erario.

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Risultato? “Un bottino immenso – si legge nella nota della Guardia di finanza –  equamente spartito tra i protagonisti di una storia che, però, finisce male, perché sono i finanzieri del capoluogo adriatico a scriverne l’epilogo”.

Con una complessa attività investigativa, basata su dati incrociati tra i risultati delle intercettazioni e quelli delle indagini finanziarie che “consolidano il ricco quadro probatorio a carico delle società indagate, le Fiamme gialle pescaresi scovano una materia imponibile pari a più di 207 milioni di euro, per un’Iva evasa di oltre 45 milioni di euro e, intanto, procedono al sequestro preventivo finalizzato alla confisca anche per equivalente, come disposto dalle Procure della Repubblica di Lanciano e Velletri, di quasi 8 milioni di euro”.

“Il fenomeno fraudolento rilevato ha un fortissimo disvalore economico e sociale”, dice il colonnello Antonio Caputo, Comandante provinciale della Guardia di finanza di Pescara. “La beffa è duplice: si danneggia gravemente il bilancio dello Stato e dell’Unione europea per via della rilevante evasione Iva e si arreca al mercato una forte turbativa, mediante la concorrenza sleale operata dai distributori locali e indipendenti che si approvvigionano consapevolmente dalle organizzazioni criminose, a prezzi inferiori ai valori medi praticati alla ‘pompa'”, continua Caputo che sottolinea come si tratti di “un meccanismo perverso, che va totalmente a discapito sia degli operatori onesti i quali, non riuscendo ad essere competitivi, perdono larghe fette di mercato, sia dei cittadini, i cui risparmi vengono erosi ogni giorno dall’aumento vertiginoso dei prezzi ‘alla pompa’ a causa del caro energia e delle frodi che alterano il regolare funzionamento del settore, ora quanto mai strategico.