“La parola d’ordine deve essere una: variare l’alimentazione. A cominciare dallo svezzamento. Così facendo si hanno più benefici nutrizionali ma anche una minore esposizione ai contaminanti”. Ruggiero Francavilla è professore ordinario di Pediatria all’Università di Bari e ha sempre rivolto il suo interesse accademico a valutare l’impatto sulla salute del bambino dagli sgraditi ospiti che possono finire nei loro piatti. A cominciare da pesticidi, micotossine e metalli pesanti. Le tre famiglie di contaminanti di cui ne abbiamo voluto, nel numero in edicola di Salvagente, verificare la presenza in 8 creme multicereali usate per lo svezzamento.
I risultati sono stati variegati: assenza di pesticidi (glifosato incluso), poche micotossine ma sicuramente metalli pesanti da tenere – ancora – più sotto controllo. Fatale nel giudizio finale la presenza di piombo nei campioni di Mellin e Hipp (qui per le reazioni delle due aziende): ammesso che l’incertezza analitica non ci consente di stabilire se superano il limite di legge (rivisto a ribasso nell’agosto scorso dalla Ue), di sicuro la presenza di questa sostanza non può essere tollerata a qualsiasi concentrazione, visto che, come testimonia Efsa “gli attuali livelli di esposizione alimentare al piombo possano incidere sullo sviluppo neurologico dei feti, dei lattanti e dei bambini”.
Nel numero in edicola abbiamo approfondito l’argomento con vari esperti, tra i quali il professor Francavilla. “La soluzione – ci spiega – non sta nell’eliminare un alimento, bensì nel ridurne il consumo, attraverso una dieta bilanciata. Prendiamo il riso: è un accumulatore naturale di arsenico, nella forma inorganica specialmente. Non va bandito dalle tavole, occorre invece inserirlo in una dieta composita, per limitare l’esposizione a quel metallo pesante ma allo stesso tempo senza perdere l’apporto nutrizionale del riso stesso”.
Professor Francavilla come si raggiunge questo tipo di equilibro?
È cruciale assicurare che le misure per limitare gli elementi tossici negli alimenti non abbiano conseguenze indesiderate, come limitare l’accesso ad alimenti che hanno significativi benefici nutrizionali rendendoli non disponibili o inaccessibili per molte famiglie.
Cosa l’ha colpito di più dei nostri risultati?
Di sicuro i valori del piombo che resta una sostanza molto temuta, capace di comportarsi come una neurotossina che può compromettere lo sviluppo neurologico di un bambino. Ci sono molti studi che correlano l’esposizione al piombo con una riduzione del quoziente intellettivo e che lo associano a problemi del comportamento. Lo sviluppo del cervello comincia nell’utero materno e si completa nei primi tre anni di vita ed è per questo che i limiti alla concentrazione nei cibi dell’infanzia sono così restrittivi. La prova sta nella recente drastica riduzione dei limiti di legge per piombo e cadmio. I vostri dati indicano che le attuali regolamentazioni positivamente recepite dall’industria, hanno portato a progressi significativi nella riduzione dell’esposizione dei bambini dei metalli pesanti negli alimenti.
C’è l’annosa questione, però: a tre anni e un giorno per la normativa alimentare un bambino diventa adulto…
Sono stato sempre a favore di una legislazione che introducesse un limite “ponte” che accompagnasse i bambini verso l’alimentazione adulta e resto convinto della necessità di introdurre dopo il baby-food un child-food che in fatto di micotossine e metalli pesanti tuteli di più le fasce di popolazione dopo i tre anni.
Non trova strano che su pesticidi e micotossine si riesce – o almeno ci si avvicina – al residuo zero, mentre sui metalli pesanti, e non solo in Europa, la contaminazione resta a livelli di allerta?
Sui pesticidi, al di là del fatto che la normativa per l’infanzia li vieta nei cibi, è molto semplice: se non si utilizzano in campo e non si ritrovano nelle creme multicereali. Il discorso sulle micotossine è un po’ più complicato ma per certi versi analogo: la scelta dei campi, e la gestione dei processi di raccolta e stoccaggio consentono di limitarle ampiamente. Sui metalli pesanti il quadro cambia: l’inquinamento dei terreni è endemico, senza considerare poi la naturale propensione del riso ad assorbire sostanze come l’arsenico.
E come se ne esce?
Partiamo dal dire che la normativa nazionale e comunitaria a tutela dei cibi per la prima infanzia sono all’avanguardia e che i controlli nel nostro paese funzionano. Voglio ricordare che negli Usa non esistono ancora limiti di legge per il baby food e solo dall’inizio di ottobre, la Fda, l’autorità di sicurezza alimentare federale, ha lanciato una massiccia campagna – Closer to zero – affinché l’industria alimentare intraprenda una serie di azioni per azzerare la presenza dei metalli pesanti. Naturalmente bisogna poi intervenire a monte.
Sui terreni?
Certo, che sono molto inquinati. È difficile non trovare metalli pesanti, anche in tracce, nei terreni: parliamo di sostanze che persistono e si accumulano negli anni. Sono quindi molto difficili da eliminare. Bisogna ridurre l’uso dei fertilizzanti chimici e aumentare i monitoraggi in campo. Inoltre, per arrivare ai livelli di legge è necessaria una rigorosa scelta delle materie prime di indiscussa qualità e pulizia e delle aree di produzione che a oggi la filiera dei prodotti italiani può garantire. Il lavoro deve essere ampio e coinvolgere le istituzioni, la ricerca e le aziende: purtroppo i metalli pesanti sono ubiquitari e per troppi anni lo smaltimento non è stato regolamentato.
Torniamo all’oggetto del nostro test: sono così utili le creme multicereali?
Durante lo svezzamento, dal sesto mese al primo anno di vita, sono utili perché oltre a essere bilanciate nei micro e macro nutrienti aiutano il bambino a sviluppare la masticazione e la deglutizione.
Però come abbiamo visto possono essere fonte di esposizione a pericolosi contaminanti…
La soluzione non è eliminare ma variare l’alimentazione. Il riso ne è la prova: naturalmente tende ad assorbire sostanze come l’arsenico inorganico. Non va bandito va solo limitato nella dieta del bambino. Poi è chiaro che dalla filiera produttiva ci si aspetta maggiore attenzione nelle pratiche agronomiche e nella selezione della tipologia, perché non tutti i risi accumulano alla stessa maniera. Anche in casa però possiamo ridurre l’esposizione da arsenico: cuociamo il riso in acqua abbondante oppure lasciamolo prima della cottura in ammollo affinché si disperda il temuto metallo pesante.
La presenza del riso in mix con altri cereali è un modo per l’industria per “nascondere” il problema dell’arsenico?
Non sarei così negativo: la miscela è una soluzione per diluire la presenza del contaminante e questo deve essere visto positivamente. Dopodiché noi in pediatria consideriamo con molto interesse i mix, perché se da un lato riduci l’impatto con un potenziale rischio, dall’altro – mescolando più farine – arricchisci il prodotto. Anche perché parliamoci chiaramente: il riso dal punto di vista nutrizionale non è così ricco e la presenza di altri cereali contribuisce a rendere più bilanciate queste creme.