Galline, chi l’ha detto che allevarle a terra è meglio?

BENESSERE ANIMALE

L’associazione per la difesa degli animali L214 ha denunciato, in un video, le condizioni di un allevamento di galline a terra da cui derivano le uova in vendita con il “codice 2”: questo sistema è candidato a sostituire quello in gabbia considerato irrispettoso del benessere animale. Tuttavia, come ha documentato l’associazione, non è detto che sia migliore.

Il video girato nelle fattorie della Côtes-d’Armor e della Vandea, una delle quali ha 30.000 polli, mostra le galline ammucchiate sugli scaffali, senza accesso all’esterno o senza luce naturale. Compaiono anche galline spennate, morenti o morte, le cui interiora vengono beccate dai loro congeneri. L’associazione chiede quindi ai supermercati di non vendere più queste uova classificate “codice 2”. (continua dopo il video)

Secondo L214, l’agricoltura a terra combina “tutte le caratteristiche dell’agricoltura intensiva”: “edifici chiusi lunghi diverse decine di metri, riempiti con strutture metalliche di più piani, senza paglia o lettiera, stress e malattie che causano” beccate “tra le galline e cannibalismo, uccelli malati o feriti lasciati senza cure, cadaveri lasciati tra le galline “.

Una produzione raddoppiata in cinque anni

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In un comunicato, l’associazione spiega che questo metodo di allevamento “ha raddoppiato la sua produzione in cinque anni a seguito dell’abbandono delle uova di gallina in gabbia da parte dei supermercati”, ma che le relative condizioni di allevamento restano “pressoché sconosciute al grande pubblico”.

Secondo l’industria delle uova (CNPO), l’allevamento in gabbia (uova “codice 3”) è diminuito dal 2017 a favore di sistemi “alternativi” che rappresentano oltre il 50% della produzione, compreso l’allevamento a terra (12%). L214 sottolinea che molti giocatori hanno preferito rivolgersi all’allevamento indoor piuttosto che all’aperto.

“Non sarebbe possibile”

L’associazione denuncia anche la confusione generata dai termini “ground farming” tra i consumatori, evidenziando un forte scollamento “tra l’immaginario pastorale del packaging e la realtà”. Questi imballaggi sono spesso accompagnati da claim che evocano e enfatizzano il “benessere” delle galline o anche “buone pratiche di allevamento” “su un letto di paglia” generano “un’illusione alternativa” come ha denunciato l’associazione