Bisfenolo B, l’Anses propone di vietarlo: è un interferente endocrino

BISFENOLO B

Utilizzato in alcuni paesi al di fuori dell’Unione Europea come alternativa al bisfenolo A, una sostanza il cui carattere di disturbo endocrino è ormai ampiamente riconosciuto, il bisfenolo B ha proprietà endocrine simili a questa sostanza, se non leggermente più pronunciate. E’ per questo motivo che l’Anses ha proposto di identificare il bisfenolo B come una sostanza estremamente preoccupante nel Regolamento Europeo REACH, alla stregua del bisfenolo A. Questa classificazione mira ad evitare usi industriali di questa sostanza.

L’Anses ha stabilito, infatti, che il Bisfenolo B ha un’azione estrogenica in particolare aumentando la produzione di estrogeni – ormoni femminili – e attivando i recettori degli estrogeni; allo stesso tempo, l’esposizione a questa sostanza è associata ad una riduzione della produzione quotidiana di sperma, diminuzione del peso relativo degli organi riproduttivi maschili.

Il sospetto che il Bisfenolo B non fosse sicuro c’era già da qualche tempo ma le conclusioni dell’Anses sono una conferma e non è escluso che questa sostanza si avvii a diventare il nuovo Bisfenolo A con tutti i rischi e i limiti del caso.

Bpa vietato nei cosmetici

Come altri interferenti endocrini, il BPA è stato oggetto di misure restrittive da parte del legislatore europeo. Dal 2009 è inserito nell’elenco delle sostanze vietate nei prodotti cosmetici (Regolamento (CE) 1223/2009); dal 2011 il suo uso è vietato per la fabbricazione di biberon di policarbonato per lattanti (Regolamento (UE) 321/2011). Più in generale, la classificazione del Bpa come tossico per la riproduzione e interferente endocrino lo pone fra le “sostanze particolarmente preoccupanti” secondo i criteri del Regolamento europeo sulle sostanze chimiche REACH; tali sostanze sono destinate a limitazioni d’uso e, ovunque possibile, alla sostituzione con sostanze meno nocive.

I rischi del Bpa

Il BPA è considerato un interferente endocrino, vale a dire una sostanza in grado di danneggiare la salute alterando l’equilibrio endocrino, soprattutto nella fase dello sviluppo all’interno dell’utero e nella prima infanzia. Gli studi sperimentali, ed anche un numero crescente di studi epidemiologici (vale a dire sull’incidenza di determinate malattie nella popolazione umana), indicano che il BPA ha effetti estrogenici, quindi in grado di “mimare” l’azione degli estrogeni (ormoni “femminili”) che hanno una vasta influenza sulla funzione riproduttiva, ma anche su altre funzioni dell’organismo.

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Il BPA, pertanto, può alterare lo sviluppo dei sistemi riproduttivo, nervoso ed immunitario. Nell’adulto la tossicità del BPA sembra modesta tuttavia, il feto e il neonato, a causa delle loro ridotte dimensioni e minori capacità di metabolizzare, potrebbero risultare molto più vulnerabili.

L’aumento del rischio di obesità e di tumore mammario sono effetti particolarmente preoccupanti identificati recentemente dalla ricerca sperimentale.

I risultati degli studi sul BPA sono talora contraddittori: tuttavia, l’agenzia europea per le sostanze chimiche (European Chemicals Agency, ECHA)  ha considerato che le evidenze sono complessivamente sufficienti per considerare il BPA in grado di danneggiare la funzione riproduttiva (2014) e agire come un interferente endocrino (2017).

A causa dei numerosi usi della sostanza, in campo alimentare e non, la popolazione è esposta al Bisfenolo A. In particolare il BPA può passare in piccole quantità dai recipienti che lo contengono ai cibi e alle bevande, soprattutto se i materiali non sono perfettamente integri e sono utilizzati ad alte temperature.

In Italia il progetto PREVIENI sul biomonitoraggio degli interferenti endocrini, coordinato dall’Istituto Superiore di Sanità (ISS), ha dimostrato l’esposizione diffusa nella popolazione.

In Europa la valutazione più completa dell’esposizione alimentare e ambientale al BPA è stata pubblicata nel 2015 dall’autorità europea per la sicurezza alimentare (European Food Safety Autority, EFSA). In tale valutazione EFSA ha ridotto la “dose giornaliera tollerabile” per il BPA da 50 a 4 microgrammi per chilo di peso corporeo al giorno; nonostante ciò, EFSA ha concluso che – dopo il divieto del BPA nei biberon – i livelli di esposizione in Europa erano al di sotto di una soglia di rischio, anche per le fasce di popolazione potenzialmente più vulnerabili come i bambini. Tuttavia, considerando che la sostanza continua ad essere oggetto di nuove indagini, EFSA è pronta a rivedere ed aggiornare la sua valutazione.