Sono passati sei mesi dall’inizio dello scandalo del sesamo contaminato dall’ossido di etilene in tutta Europa, e la storia non sembra essersi ancora chiusa del tutto. Anzi, dalla Francia arriva un allerta che riguarda la presenza del gas fumigante anche in altri cibi che con il sesamo non hanno nulla a che vedere: curcuma, scalogno, e altri.
i ritardi sul sesamo
Nonostante il limite massimo di residui in Europa sia fissato alla soglia del limite di rilevamento (cioè 0,05 mg / kg su semi ed erbe e 0,1 mg / kg su spezie), fino allo scandalo del sesamo importato dall’India, per molti distributori europei non era consuetudine controllarla sulle partite in arrivo. Eppure, come ricorda 60 millions de consommateurs che dedica un articolo alla questione, negli ultimi anni sono state emesse diverse allerte dalle autorità europee. Nel 2015 è stato rilevato ossido di etilene (Eto) fino a 2,5 mg / kg nel pepe nero prodotto in Vietnam. Nel 2018 è stata individuata una polvere di pepe nero molto contaminata (72,4 mg / kg Eto), proveniente dall’India. Nel dicembre 2019, le autorità sanitarie tedesche hanno scoperto 0,9 mg / kg nei semi di cumino anche di origine indiana. Da settembre 2020 e dai primi avvisi di sesamo, i produttori hanno sistematizzato i controlli e ampliato il loro spettro. Scoprendo che le tracce di ossido di etilene si trovano in prodotti ben diversi.
I richiami sugli altri prodotti
Lo scalogno disidratato del marchio Espig è stato ritirato in Francia dal gennaio 2021. Bertrand Cosse, Ceo di Spigol (che pruduce il marchio), conferma che “non c’è sesamo in questi scalogni. Diversi prodotti sono interessati da questo problema dell’ossido di etilene, oltre al sesamo”. Un altro ingrediente in cui è stato trovato l’Eto è lo psillio biondo, consumato principalmente per le sue proprietà lassative. Due prodotti biologici che lo contengono sono già stati ritirati: un integratore alimentare, “Hygiaflore psyllium Super Diet”; e farina per pane, torta e impasti di pasticceria “Ma vie sans gluten” venduta a dicembre e gennaio. Ekibio, proprietario del marchio Ma vie sans gluten, conferma a 60 millions de consommateurs che questo psillio è originario dell’India e indica di aver esteso i controlli a “tutti i materiali originari dell’India (spirulina, semi di lino, amaranto, gomma di guar, pepe, zucchero)”.
Curcuma e amaranto
Due altri ingredienti risultati positivi per Eto sono stati segnalati dalle autorità europee: amaranto biologico e una miscela di spezie zaatar proveniente da Israele. E anche la polvere di curcuma contenuta nell’insalata di tonno vegetale biologica dell’Atelier Bernard Marot. L’azienda Maison Crétet, da parte sua, ha ricordato un preparato a base di miele e curcuma “per la potenziale presenza di ossido di etilene”. Il manager è stato avvisato dal suo fornitore all’inizio di febbraio.
L’industria delle spezie accusa il metodo analitico
Hubert Bocquelet, delegato generale di Fedalim , una federazione professionale che riunisce in particolare i trasformatori di peperoni, spezie e aromatici spiega a 60 millions de consommateurs: “Il laboratorio di riferimento europeo per i residui di pesticidi che ha lavorato sull’ossido di etilene ha identificato diversi prodotti che potrebbero essere contaminati: spezie ed erbe aromatiche, noci, riso, funghi secchi, verdure essiccate, erbe aromatiche, tè”. Ma la stessa Fedalim, insieme all’Associazione Europea delle Spezie, di cui è membro, sostiene che il problema sia più complesso: “Siamo di fronte a un problema di analisi. Il metodo attualmente disponibile prevede la somma di due molecole: ossido di etilene e dicloroetanolo, spiega Hubert Bocquelet. Che può portare a falsi positivi”. Il dicloroetanolo potrebbe non derivare sempre dal trattamento Eto: “Potrebbe essere un residuo di pesticidi non vietati in Europa. Alcuni studi dimostrano anche che può essere trovato naturalmente in alcuni ingredienti, come la paprika”. L’Esa cita la possibile contaminazione incrociata con “ad esempio, l’uso di container di spedizione o pallet di legno che sono stati precedentemente trattati con ossido di etilene”. Considerazioni che aggiungono incertezza a quella che c’è già, e che spingono semmai le autorità sanitarie europee a fare al più presto maggiore chiarezza.
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