Spirulina, l’Efsa lancia l’allarme cianobatteri ma le nostre analisi tranquillizzano

SPIRULINA

Se pensate che quella dei superfood e della spirulina in particolare sia una moda solo italiana vi sbagliate di grosso. Secondo un recente sondaggio del Bfr tedesco, l’istituto federale per la valutazione del rischio, il 48% della popolazione pensa che i superfood abbiano proprietà benefiche e debbano far parte di una dieta sana. Solo un risicato 8% ritiene che possano esserci dei rischi derivanti dal loro consumo. Andando a spulciare il sondaggio (che potete leggere in lingua inglese a questo link) sette tedeschi su dieci hanno sentito parlare dei superfood e, di questi, il 37% pensa che siano sani, e il 17% che contengano vitamine. Sollecitati ad indicare almeno un superfood a loro noto, gli intervistati citano, nell’ordine, i semi di chia, le bacche di goji, la quinoa, i semi di lino, il ribes nero e l’avena, cioè piante che contengono principi attivi quali vitamine, antiossidanti e acidi grassi omega tre che si possono trovare anche in piante non importate. Ma poi, alla resa dei conti, i tedeschi dichiarano di non farne uso costante: solo il 30%, infatti, ne assume almeno uno alla settimana.

Nel bilancio tra rischi e benefici, i tedeschi propendono per i secondi: quasi uno su due ne attribuisce molte ai superfood, un altro quarto abbastanza e solo circa il 20% poche. Al contrario, se si chiede di valutare i rischi, si vede che meno di uno su tre considera questi alimenti a rischio alto o medio, mentre più del 50% ritiene che non ci siano pericoli, o che siano bassissimi. In realtà sappiamo che non sempre naturale fa rima con salutare. Alcuni superfood, pensiamo al pompelmo, possono interagire negativamente con alcuni farmaci e andrebbero assunti sempre con cautela e non prima di aver consultato un medico (se si soffre di una patologia cronica, ad esempio). La spirulina, inoltre, è stata oggetto di un’allerta da parte dell’Anses perché la sua natura – è un’alga – la rende più vulnerabile all’esposizione di metalli pesanti. Anche l’Efsa, nella “Revisione e analisi della presenza, esposizione e tossicità delle tossine dei cianobatteri negli alimenti” pubblicata nel 2016 e nel recente rapporto Clefsa (Climate change and Emerging risks for Food Safety), mette in guardia i consumatori da queste microalghe, sottolineando che “in ambienti naturali, potrebbero essere contaminate da cianotossine perché vivono nello stesso ambiente marino dei cianobatteri che le producono. I cambiamenti climatici potrebbero contribuire ad aumentare la probabilità di fioriture di cianobatteri tossici”.

Si tratta, tuttavia, di un allarme che non ha trovato conferma  nel nostro test di copertina del mensile che trovate in edicola (e che si può acquistare anche qui). Le nostre analisi su 17 prodotti a base di spirulina (tra integratori, pasta, pane e barrette) hanno restituito l’immagine di un mercato pulito: alcune delle analisi cui abbiamo sottoposto il nostro campione, infatti, si sono soffermate proprio alla ricerca dei cianobatteri. Ciò è possibile perché la coltivazione viene fatta in bacini chiusi, cioè senza l’ingresso di acqua non controllata che potrebbe apportare dei contaminanti.